Messaggio alla città nella Messa della Festa di San Mercuriale 2024

28/10/2024
Carissimi forlivesi,

quest’anno, per me, la festa di san Mercuriale ha un sapore particolare, perché il mio pensiero non può che andare al pellegrinaggio del giugno scorso compiuto proprio nella terra natale di San Mercuriale, l’Armenia. È stata un’esperienza forte, sia per il passato che per il presente.
Noi pellegrini della diocesi di Forlì-Bertinoro abbiamo percorso insieme le strade della terra dove è sorta la più antica comunità cristiana, abbiamo incontrato alcuni rappresentanti degli armeni, dalle persone più semplici alle autorità religiose, esprimendo loro la nostra gratitudine per il dono della fede che abbiamo ricevuto per l’opera illuminata e preziosa di un loro autorevole antenato. I sentimenti di gratitudine si alternavano ai sensi di colpa, per aver vergognosamente risposto con una sostanziale impassibilità alle minacce e alle annessioni di territorio armeno degli anni e mesi scorsi. Tutto è avvenuto fra l’indifferenza generale, compresa la nostra. I discendenti di San Mercuriale sono stati lasciati soli e addirittura molti di essi hanno dovuto lasciare la loro terra per emigrare, con la conseguenza che ora tre milioni appena sono gli abitanti nel territorio dell’Armenia e ben dieci milioni sono gli armeni che vivono lontano dalla patria. Sono indifesi e abbandonati. Durante questa festa, almeno oggi, non li vogliamo dimenticare.

Come pellegrini, abbiamo promesso una iniziativa di solidarietà verso le famiglie più povere del nord Armenia, dopo aver incontrato alcuni volontari della comunità cristiana impegnati in progetti di solidarietà, animati da un anziano ma indomito camilliano, padre Mario Cuccarollo, che da anni condivide le sorti del popolo armeno. Celebriamo un armeno vissuto circa 1700 anni fa, senza dimenticare gli armeni di oggi, nella preghiera e nell’impegno solidale.
Colgo l’occasione per mettere in evidenza una bella realtà: lo sguardo e l’agire concreto dei forlivesi non si ferma ai confini nazionali. Anche come comunità cristiana condividiamo le scelte di sostenere tante popolazioni che lottano per la libertà, la giustizia, la pace, la stessa vita in tanti luoghi del mondo, esprimendo uno spirito di fraternità universale che fa onore ai forlivesi. Ricordo alcuni dei luoghi verso i quali, con continuità e concretezza, si esprime il valore della solidarietà dei forlivesi: Libano, Madagascar, Wajir in Kenya, e le martoriate Ucraina e Terra Santa.

Nel messaggio alla città e al territorio forlivese, rinnoviamo la nostra solidarietà nella preghiera e nella carità operoso verso tutte le popolazioni in guerra.
Con questo messaggio vorrei esprimere la gioia e incoraggiare le tante iniziative dei forlivesi che – per pura gratuità motivata dall’amore verso le popolazioni povere o impoverite, vittime di violenze e di guerre – vengono promosse da singoli cittadini, da organizzazioni di volontariato, da uffici e servizi diocesani, e dalle stesse Istituzioni comunali, frutto, per la gran parte di una rete di solidarietà. Un’anima che esprime un amore veramente cattolico, universale.
Tutto nasce dalla constatazione che ci sono tantissimi nel mondo che stanno peggio di noi e c’è il desiderio, concreto, di aiutarli a casa loro, non a parole e non perché non li vogliamo qui da noi, ma semplicemente perché siamo umani, e loro sono uomini e donne come noi.
Rivolgendo ora lo sguardo sulla nostra realtà, mi sento di mettere in evidenza alcune emergenze che ci interessano da vicino.

L’emergenza educativa
Rappresentando solo il 15%, il mondo giovanile è diventato quasi insignificante. Troppo spesso, concentrati come siamo noi adulti sui nostri problemi, ci dimentichiamo di guardare più lontano. Da più parti si invoca la necessità di avere una visione che ci aiuti a scegliere oggi tenendo di più conto delle future generazioni.  Non ci sono a Forlì fenomeni eclatanti di bande giovanili, come leggiamo avviene in altre città. Tuttavia, alcuni episodi ci raccontano che sono in aumento violenze, bullismo, atti di teppismo e di consumo di droghe. Occorre intervenire prima che crescano e si estendano anche da noi. Come rispondere? Le Forze di Polizia fanno bene il loro mestiere, ma non è un problema solo di ordine pubblico, serve una decisa azione da parte di tutte le agenzie educative. Sono, ad esempio, da incentivare e diffondere le iniziative di sostegno scolastico nel dopo scuola e di animazione e aggregazioni giovanili. Abbiamo la fortuna, solo qualche esempio, di avere proposte educative promosse dagli oratori parrocchiali, dall’Azione Cattolica, dallo scautismo, da Comunione e Liberazione, dalla stessa Caritas diocesana, da cooperative sociali e da tante altre organizzazioni diocesane, ma sarebbe necessario un confronto fra tutti, per coordinarci e promuovere luoghi educativi e di integrazione: uniamo e sosteniamo con forza ciò che si fa per i nostri ragazzi e giovani!

L’integrazione fra popoli diversi
Un esempio concreto è l’integrazione dei giovani forlivesi non ancora cittadini italiani. Frequentando in particolare le scuole paritarie cattoliche, vedo con i miei occhi le tante nazionalità presenti. Per informazione le prime 10 nazionalità che risiedono a Forlì sono persone provenienti da: Romania (2793), Cina (2186), Albania (1728), Marocco (1363), Ucraina (854), Burkina Faso (596), Nigeria (556), Bangladesh (531), Tunisia (474) e Senegal (449). E diverse sono anche le religioni. E la Scuola è la maggiore protagonista dell’integrazione. Riconosco la sapienza pedagogica e la passione umana degli insegnanti che favoriscono la convivenza e lo scambio culturale dei bambini. Nessuno si sente inferiore agli altri, ma tutti sono impegnati a conoscersi e ad apprezzarsi. Mi preme sottolineare la grande opera delle scuole cattoliche, che danno accoglienza a tutti. E un dato, apparentemente straordinario, è che ci sono alcune centinaia di ragazzi/e di altre religioni o confessioni cristiane che hanno aderito all’Insegnamento della Religione cattolica: hanno compreso bene che l’IRC non è un’ora di catechismo, ma un’opportunità di approfondimento culturale. Quello che fanno gli insegnanti a scuola, dovremmo farlo tutti nella società: trasformare le diversità in opportunità di conoscenza, di comunione e di comunità.
Le tante nazionalità della nostra città e provincia possono diventare una ricchezza o trasformarsi in una pericolosa miscela esplosiva: dipende da noi. È sempre più urgente accogliere i ragazzi provenienti da altre nazioni riconoscendoli come cittadini italiani, per costruire con loro una Forlì coesa e unita. Vivono già da cittadini, riconosciamolo. Non è un regalo, è una responsabilità.
L’atto fondativo della Chiesa cristiana nasce come evento di integrazione. Nella Gerusalemme dell’anno 30 dopo Cristo, sulla piazza accanto al Cenacolo, i primi cristiani appena ricevuto il dono sintesi e sorgente di tutti i doni, lo Spirito Santo, venivano ascoltati da una quindicina di nazioni diverse. “Li sentiva parlare nella loro lingua!”. Nel codice genetico della Chiesa c’è la diversità come ricchezza e la comunione come frutto dell’accoglienza e non della confusione o del rifiuto. La Chiesa o costruisce ponti o non è Chiesa. Non si può essere cristiani se non ci si riconosce e accoglie come figli di un unico Padre e perciò fratelli e sorelle in umanità.

Il centro storico
La presenza degli immigrati mette in evidenza anche il centro storico di Forlì. Molti abitano il centro storico. Un tempo, mi dicono, era abitato da circa 40 mila cittadini, ora ci sono circa 13 mila persone, molte di esse sono famiglie di immigrati.
Tanti sono gli edifici chiusi, tra cui chiese e strutture ecclesiali. In ogni caso, emerge il problema casa per gli immigrati e per gli studenti, reso maggiormente evidente da un patrimonio edilizio vetusto e, spesso, in cattivo stato conservativo, a cui hanno accesso le categorie sociali economicamente più fragili come, appunto, migranti e studenti. E il riuso degli edifici antichi. Mentre ci rallegriamo per il recupero del convento della Ripa, ci chiediamo che cosa sarà di tanti altri edifici ancora in buono stato. Mancano luoghi di ritrovo per i ragazzi, non c’è più l’oratorio San Luigi. Che fare?

Il valore della vita
Ogni minuto nei mezzi di comunicazione tradizionali o nei nuovi social vengono proposte scene di omicidi, stragi, in cui la vita umana è disprezzata, soffocata, in tutte le sue fasi. Se siamo contro la guerra, contro le stragi da incidenti stradali, da morti sul lavoro, se non siamo impassibili di fronte ai tanti morti sulle diverse vie degli immigrati, non possiamo dimenticare le tante morti dei bambini non ancora venuti alla luce del sole. La vita è da proteggere, custodire, amare sempre, in ogni momento. Non si può considerare un infanticidio punibile ed esecrabile se il feto ha più di tre mesi e invece considerare un diritto la sua soppressione se ha meno di tre mesi.
Alcuni anni fa, la Regione fece propria un’iniziativa partita da Forlì con l’obiettivo di dare vera libertà di scelta alle donne, in piena applicazione della L. 194/78: “Occorre far sì che le donne che chiedono l’IVG possano conoscere tutti i loro diritti e tutte le possibili alternative all’aborto e, rispettandone la scelta, vengano efficacemente accompagnate per poterne usufruire”. Ci pare una proposta da sostenere e diffondere!

Le conseguenze delle alluvioni

La tropicalizzazione del territorio presenta il conto. Le piogge abbondanti provocano alluvioni ricorrenti. Sono urgenti opere che mettano in sicurezza il territorio. Le ferite del 16 maggio di un anno fa non sono state chiuse. Anzi, si riaprono ogni volta che piove, in un crescendo di insicurezza e paura, come abbiamo visto in questi giorni.
Molti, troppi, vogliono lasciare la loro casa, per la quale devono ancora finire di pagare il mutuo. È un dramma enorme di alcune migliaia di famiglie.
Il futuro, oltre che il presente, è molto incerto. Non si possono abitare case e vie o paesi se ogni volta è una minaccia. Occorrono scelte coraggiose di messa in sicurezza del territorio e, più a monte, un radicale e vero cambiamento negli stili di vita. Molte volte su questo tema la Chiesa, nelle sue diverse articolazioni, ha fatto proposte e promosso iniziative concrete, dal piantare alberi al promuovere comunità energetiche. Anche in questo caso è necessaria una visione e poi l’adozione di scelte conseguenti. Per quanto riguarda la visione, rinnovo l’invito ad approfondire l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, apprezzata da tutti. Lo studio del territorio mi pare sia stato già sufficientemente fatto. Ora serve coraggio per agire di conseguenza e anche tanta unità di intenti. Auspico una maggiore volontà da parte di tutti di trovare un accordo il più ampio possibile.
Il mondo dei ragazzi, l’integrazione dei nuovi arrivati, la difesa della vita, la messa in sicurezza del territorio sono problemi che devono interessare tutti e che sicuramente prevedono azioni concrete sulle quali tutti possono concordare.

Faccio appello ad una maggiore unità da parte di tutti (almeno dopo le elezioni). Certe volte i conflitti sono solo per partito preso e le conseguenze sono a danno di tutti. I conflitti non fanno bene a nessuno.

Fra due mesi si aprirà l’Anno santo dell’Incarnazione, indetto da papa Francesco che ci incoraggia e ci sprona ad essere “Pellegrini di speranza”!
Ci sono tanti cammini sul nostro territorio, forse manca da ricordare proprio il pellegrinaggio di san Mercuriale. San Mercuriale, pastore armeno, venuto a predicare il vangelo della pace in Romagna, insieme a san Ruffillo, ha combattuto e sconfitto il male di allora, rappresentato dal drago, ci aiuti a cercare e trovare alleati per vincere le minacce del nostro tempo. Ci riusciremo solo se cammineremo insieme fra di noi.

Forlì, 26 ottobre 2024
+ Livio Corazza
Vescovo di Forlì-Bertinoro