Benedetta Bianchi Porro nacque a Dovadola l’8 agosto 1936 da Guido e da Elsa Giammarchi. Nel novembre dello stesso anno venne colpita da poliomielite e progressivamente si manifestarono i sintomi della malattia che lei stessa, studente in medicina, diagnosticò nel 1956 e che la portò alla morte. Si trattava di neurofibromatosi, una malattia al sistema nervoso che provocò progressivamente la paralisi totale.
Mentre si susseguivano numerosi e dolorosi gli interventi chirurgici, Benedetta approfondì, grazie anche al rapporto con alcuni amici, la sua esperienza di fede scoprendo la “grazia” della sua condizione, come raccontò lei stessa dopo i pellegrinaggi a Lourdes nel 1962 e 1963: “La Madonna - scrisse - mi ha ripagato di quello che non possiedo più. Ho capito che mi è stato ridato quello che mi era stato tolto, perché possiedo la ricchezza di spirito. Io mi sono accorta più che mai della ricchezza del mio stato e non desidero altro che conservarlo. E’ stato questo per me il miracolo di Lourdes quest’anno”.
Benedetta morì, a 27 anni, il 23 gennaio 1964 a Sirmione, sussurrando “grazie e dal 22 marzo 1969 è sepolta alla Badia di Dovadola.
Il 25 gennaio 1976 fu aperto il processo di beatificazione e il 23 dicembre 1993 papa Giovanni Paolo II ha emesso il decreto per il riconoscimento dell’eroicità delle virtù dichiarandola Venerabile.
Dopo la morte il suo messaggio di speranza è giunto in tutto il mondo grazie ai libri tradotti oggi in oltre venti lingue, compresi il giapponese, l’arabo e l’ebraico, e grazie all’opera degli Amici di Benedetta, dell’Associazione per Benedetta Bianchi Porro e della Fondazione intitolata alla Venerabile.
In occasione del convegno ecclesiale di Verona del 2006 la Chiesa italiana ha indicato Benedetta tra i testimoni di speranza assieme ad altri due forlivesi, Annalena Tonelli e don Francesco Ricci.
La sua Beatificazione è avvenuta il 14 settembre 2019 nella Cattedrale di Forlì.
PER INFO su orari Abbazia, prenotazioni Messe e visita “Stanza Benedetta”, libri:
- Parrocchia Abbazia S. Andrea (La Badia): via Benedetta Bianchi Porro, 6 - 47013 Dovadola FC
- Parroco: don Giovanni Amati, cell. 335 251530, e-mail: don_a_gio@yahoo.it
- Segreteria pellegrinaggi: Tel. 0543 934676 (ore serali) parrocchia.dovadola@gmail.com
Altre notizie: https://beatabenedetta.org/
PREGHIERA per ottenere graziemediante l’intercessione
della Beata Benedetta Bianchi Porro
Padre misericordioso,
tu hai unito la beata Benedetta
al mistero della croce gloriosa del tuo Figlio
e hai fatto della sua vita
un canto di lode a te
e un segno di speranza
per coloro che soffrono.
Donaci, sostenuti dalla stessa fede,
di sperimentare nelle prove della vita
la gioia di amarti sopra ogni cosa.
Per intercessione della beata Benedetta
esaudisci la preghiera
che con fiducia rivolgo a Te
e concedimi la grazia che Ti chiedo.
Gloria al Padre (3 volte)
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Ringraziamento del Vescovo S.E. Mons. Livio Corazza
al termine della Messa di beatificazione di Benedetta Bianchi Porro
in Cattedrale 14 settembre 2019
Eminenza Reverendissima,
Eccellentissimi Confratelli Vescovi,
Cari Presbiteri e Diaconi,
Cari fratelli e sorelle,
il rito della beatificazione già ha previsto il ringraziamento formale della Diocesi dopo la proclamazione della nuova beata. Consentitemi però, al termine di questa solenne celebrazione, di esprimere in modo più articolato la gratitudine che sale al Signore dalla Chiesa di Forlì-Bertinoro e dal mio cuore di Vescovo. Il riconoscimento della eterna beatitudine offre a tutti noi BENEDETTA come modello di cammino riuscito: una vita di cui il Padre si compiace, una figlia di Dio che ha risposto alla vocazione alla santità, a cui tutti siamo chiamati, come ci ha ricordato papa Francesco. I santi e i beati sono luci per il nostro cammino di fede.
Vorrei condividere con voi solo tre particolari che la biografia di BENEDETTA mi ha suggerito e che si offrono alla nostra imitazione.
Il primo tratto, LA GIOIA NEL DOLORE DI BENEDETTA.
È stata una giovane donna che ha amato il Signore.
Di fronte alla sofferenza, e a una malattia che non dava scampo, non si è disperata e non si è inacidita. Non ha chiuso gli occhi, e non si è nemmeno illusa. Ma si è affidata al Signore, con fiducia e riconoscenza. Era una serva della gioia, come fa ben capire in uno scritto all’amica Maria Grazia: “... Io penso che cosa meravigliosa è la vita (anche nei suoi aspetti più terribili), e la mia anima è piena di gratitudine e amore verso Dio, per questo”.
Il secondo tratto, CONFORTAVA GLI ALTRI.
La gran parte delle persone stava peggio di lei. E lei non si è ripiegata su se stessa. Non ha chiesto per sé, al Signore, la guarigione del corpo. Ha sviluppato una corrispondenza, centellinando le parole, che erano frutto di un grande sforzo umano, per sollevare gli altri. Era una ministra della consolazione. Scrive alla sua vecchia Maestra, anch’ella malata: “Non temiamo, Signorina. Siamo cadute nelle Sue mani. Ma sono mani dolcissime, che guidano verso una strada d’amore e di pace. E noi, se saremo docili nelle Sue mani, non saremo mai, nemmeno per un soffio, abbandonate. Il Signore ha cura dell’erba dei campi, e degli uccelli dell’aria, eppure loro non seminano e non mietono, e non depongono nei granai. Ecco, perché io attendo serena”.
Il terzo tratto, AMAVA LA CHIESA.
Sottolineo ancora una volta l’eccezionalità dell’evento. Subito dopo questa celebrazione, inizieranno i pellegrinaggi alla sua tomba. Eppure, prima ancora di essere proclamata serva di Dio o Beata, lei era già venerata dai fedeli, che erano giunti fino a deporre la sua salma in una tomba in chiesa. E questo pellegrinaggio era già iniziato 50 anni fa. Il suo essere in chiesa sottolinea proprio il suo amore per la chiesa. Molti preti e molti consacrati si rivolgevano a lei, che amava e serviva la chiesa, con la preghiera, i consigli, la docilità del suo insegnamento. Scrive nei suoi pensieri: “La Chiesa è Dio fra gli uomini” ma anche: “Caro Ettore, nessuno di noi è più solo, tutti insieme nella Chiesa.”
Fratelli e sorelle carissimi, tutta la Chiesa, a partire da quella di Forlì-Bertinoro, nelle sue molteplici articolazioni, accogliere la testimonianza di BENEDETTA e beneficiare del suo esempio. Non onoriamo Benedetta se non diventiamo anche noi servi della gioia, della consolazione e della chiesa.
Ella incoraggia gli ammalati a trovare un senso profondo nella loro esistenza, che diventi vera testimonianza anche nella sofferenza, e sostenga coloro che li assistono o fanno loro visita, suggerendo parole di conforto credibile, non parole vuote di circostanza che fanno più male che bene. Converta la società tutta, troppo spesso tentata di vedere nella malattia un ostacolo ad una vita vissuta in pienezza di umanità. Benedetta ci ha insegnato che invece è possibile superare ogni ostacolo e barriera.
Accogliamo l’invito di Papa Francesco ad accorgerci dei santi della porta accanto. La vita di Benedetta apra il nostro cuore e i nostri occhi, perché sappiamo accorgerci di alcuni malati e malate che sono sulla vita della santità.
Grazie Eminenza, e ringrazi Papa Francesco, dica che lo attendiamo a pregare sulla tomba di Benedetta.
Grazie ancora a tutti, in particolare al coro composto da tanti giovani e a tutti coloro che in queste settimane hanno lavorato per accogliere e celebrare dignitosamente questo evento.
Fratelli e sorelle carissimi, sappia davvero la Chiesa di Forlì-Bertinoro gioire e rallegrarsi per questa luminosa testimonianza della nostra cara e beata Benedetta, impegnandosi a conoscere, comprendere e diffondere il suo esempio, facendosi da ella ispirare. Beata Benedetta va sì invocata, ma va soprattutto conosciuta e imitata. Porterò domani a Dovadola e sabato prossimo a Sirmione il reliquiario di Benedetta, vorrei anche se iniziasse nello nostre comunità un pellegrinaggio spirituale a Benedetta.
Permettetemi di concludere con le parole con le quali Benedetta rispose alla mamma Elsa, quando le disse che tutti ormai la ritenevano una santa: “Se lo dite e non ci credete, siete solo degli ipocriti. Se lo credete, allora poche chiacchiere, e imitatemi!”.
Poche chiacchiere fratelli e sorelle, imitiamola!
+ Livio, vescovo