Omelia a Dovadola nell'85° compleanno di Beata Benedetta 2021

08/08/2021

Carissime sorelle, carissimi fratelli, c’è una domanda, su tutte, che accompagna questa riflessione sulla giornata di oggi e sulla Parola che abbiamo appena ascoltato: perché è importante Benedetta per Dovadola e per tutti noi?

Oggi siamo qui e ci sono amici che vengono anche da fuori paese; salutiamo in particolare coloro che sono partiti questa mattina presto e sono venuti a piedi da Forlì per questo appuntamento. Dicevo oggi al centro c’è il paese di Dovadola perché oggi ricordiamo la nascita della nostra carissima e amata Benedetta: 8 agosto 1936.

Benedetta è morta a Sirmione ed è nata qui e dove è nata, ha voluto essere sepolta, prima nel cimitero e poi, con una iniziativa straordinaria, è stata sepolta in chiesa. Quando ancora non era stata ufficialmente riconosciuta né venerabile né serva di Dio né tanto meno Beata. Ma nessuno si è opposto, mi dicono anche per volontà del sindaco di allora.

Cari dovadolesi, siete abituati a vedere Benedetta qui. È una vostra compaesana. E quasi vi meravigliate che sia diventata Beata.

Diceva Gesù: nessuno è profeta in patria.

Lo abbiamo sentito anche nel vangelo di oggi, i paesani di Gesù hanno parlato di lui con frasi a metà tra lo sconcerto e lo scetticismo: ma non è Lui il figlio di Giuseppe? È uno di noi, che cosa ha di eccezionale?

Lo stesso potremmo pensare e dire di Benedetta: che ha di eccezionale? È una di noi, conosciamo la sua famiglia.

E poi, conosciamo e sappiamo che ci sono altri infermi e malati gravi nelle nostre case, anche giovani, fra i nostri parenti o amici.

Quindi, che cosa ha di eccezionale Benedetta?

Al tempo di Gesù, lo ripeto, i suoi contemporanei mormoravano contro di lui. Ne parlavano male, si domandavano chi si credesse di essere. È uno di noi! Anche se avvertivano che era diverso da loro.

Così anche Benedetta, è una di noi, è una di voi, ma è diversa da noi.

In che cosa si distingue Benedetta da noi, tanto da aver suggerito a papa Francesco di indicarla e di proporla come esempio al mondo intero?

Lo voglio dire subito, senza tanti giri di parole, in modo diretto.

Benedetta era una ragazza gravemente malata che è morta contenta! Dove ha trovato questa forza?

Nelle ultime ore ha cantato il Magnificat, l’inno di lode che Maria aveva cantato in casa di Elisabetta.

L’anima mia magnifica il Signore, grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente…

Sappiamo come è finita per Gesù: è morto sulla croce.

E sappiamo come è finita per Benedetta: è morta a 27 anni, immobile a letto, cieca, sorda. Aveva perso la sua sensibilità. Comunicava solo con un filo di voce. E ascoltava attraverso il linguaggio dei segni tracciati sulla sua mano.

Eppure si diceva fortunata, perché aveva incontrato il Signore.

Per un po’ ha chiesto una guarigione miracolosa, ma poi ha scoperto di aver ricevuto un dono ancora più grande. Faccio fatica a dire queste parole e ad esprimere questi pensieri, perché sono consapevole che sono parole misteriose e quasi incomprensibili.

Cerchiamo di fare di tutto per stare bene.

Lo vediamo anche in questi lunghi mesi di pandemia.

Quanta cura e quanto amore mettiamo per proteggere la nostra e la salute dei nostri cari.

Vi invito a ringraziare il Signore per le scoperte scientifiche che guariscono l’uomo dalle malattie. Ricerche e scoperte che sono frutto dell’opera congiunta del creatore e dell’opera umana. Come il pane che presentiamo all’altare: frutto della terra e del lavoro dell’uomo.

Dico questo perché Benedetta aveva pensato di dedicare la sua vita a guarire gli ammalati. Lei, attraverso i suoi studi, ha scoperto la malattia che i medici ancora non le avevano diagnosticato.

Ringraziamo il Signore per le medicine, i vaccini, i medici e gli infermieri che ce le somministrano.

Ma anche le medicine non bastano!

Beata Benedetta da Dovadola, nella sua sofferenza, non ha semplicemente trovato una medicina, ma ha incontrato il Signore, che l’ha amata e sollevata.

Nel vangelo si racconta come le folle mormorassero contro Gesù. Eppure lui aveva saziato tutte quelle persone con la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Aveva guarito alcuni loro malati. Ma ancora mormoravano.

Succede ancora oggi. La salute è una cosa buona, ma non basta per incontrare la felicità.

Il mondo è pieno di sani, infelici. Il mondo è pieno di ricchi, che hanno tutto, ma non sono in pace, né con sè stessi né con gli altri.

Di solito vanno in guerra i sani e i sazi…

Allora che cosa ci insegna il vangelo di oggi, applicato anche da Beata Benedetta? Ci insegna che, per vivere, noi tutti abbiamo bisogno del cibo che ci dà energia. Ma abbiamo bisogno, ancora di più, del cibo spirituale che ci dona felicità e gioia di vivere.

Non di solo pane vive l’uomo. E Gesù “E’ il pane vivo disceso dal cielo, chi mangia questo pane vivrà in eterno”.

Diceva Benedetta:

“La santa comunione è il nostro raggio di sole”.

Perché è importante Benedetta per voi Dovadolesi, ritornando così alla domanda iniziale?

Perché ci insegna ad apprezzare le persone che vivono accanto a noi. Hanno dei tesori di umanità che spesso ignoriamo.

Benedetta ci insegna che la felicità è possibile, in qualsiasi condizione di vita, se Gesù diventa il nostro compagno di vita. Se la sua Parola diventa il nostro cibo spirituale. Benedetta si faceva leggere ogni giorno un brano della Parola del Signore.

Benedetta ci insegna il valore dell’amicizia. Lei non si è chiusa e non si è arrabbiata con Dio e con il mondo, ma ha coltivato amicizie fino in fondo.

Perché Benedetta ci insegna quanto è importante e decisivo l’amore di Dio e per Dio.

Dovadola ha bisogno di relazioni di amicizia e di amore.

Termino qui e vi do appuntamento a questa sera, per assistere alla rappresentazione teatrale su Benedetta.

Non è teatro, è vita. Vita di Benedetta e vita nostra. Possiamo anche ignorarla, ma butteremo via una opportunità per fare un altro passo sulla via della felicità.

Ci accompagni sempre il Signore, su questa via.

Beata Benedetta, prega per noi.