“In quel tempo, Gesù designò altri 72 discepoli e li mandò due a due.”
Cari fratelli e sorelle, il Signore anche oggi designa, destina ancora qualcuno a un incarico. Potremmo dire che chiama. Chi chiama, per quale compito, e di che cosa hanno bisogno i prescelti?
Innanzitutto, i 72 discepoli del Vangelo non sono protagonisti di un episodio del passato, ma sono lo specchio della nostra persona e della nostra realtà.
Chi chiama, il Signore? Non chiama i 12 apostoli, che aveva già chiamato, ne chiama altri 72, potremmo dire quasi tutta la comunità cristiana. Il Signore ha bisogno di tutti!
E per che cosa il Signore chiama questi 72? Per andare in missione, per essere il segno della sua presenza. Gesù non è più uno solo, ma sono in 72.
E di che cosa hanno bisogno i 72, di quale formazione? Certamente essere stati alla scuola di Gesù li ha ben formati. Ma hanno bisogno di camminare insieme, a due a due. La vita cristiana è sempre vita comune. Non è opera di un isolato.
Lo abbiamo visto in questi giorni, in queste settimane, durante questa quarantena che sta per finire. Abbiamo fatto di tutto per non sentirci isolati e per non far mancare la voce della comunità, perché nessuno si sentisse solo.
Bene, devo ringraziare anche i vostri preti, che non hanno fatto passare un giorno senza far sentire che la comunità era viva. Forse più che mai.
Nessuno è stato trascurato. Se qualcuno voleva, trovava occasioni, parole, preghiere, segni e gesti che nutrivano la fede e la speranza.
“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: “Regna il tuo Dio”.”
Era bello vedere ogni tanto il faccione di don Stefano che mandava un messaggio, faceva pensare, nutriva l’anima.
Non dirò che adesso è ora di ricominciare. Ma che adesso è ora continuare il pellegrinaggio di speranza. Ma certa la fase 2 è diversa dalla fase 1.
E, per ricominciare, il Signore designa altri 72 forlimpopolesi perché a due a due vadano avanti e preparino il terreno per l’incontro con Lui.
Lo aveva fatto anche 16 secoli fa, quando mandò due grandi vescovi, Mercuriale e Ruffillo, per combattere insieme il drago.
Il vescovo Rufillo, con San Mercuriale vescovo di Forlì, si recò alla tana di un drago, che minacciava la vita e la pace dei loro fedeli e insieme lo vinsero.
Che coincidenze storiche! Insieme, alleati, i due Vescovi unirono le forze di Forlì e Forlimpopoli per sconfiggere le forze del male, rappresentate dal drago.
Il male c’è sempre in mezzo a noi, bisogna sempre combatterlo, e non riusciremo a sconfiggerlo su questa terra, ma a vincerlo sì!
Ce lo chiediamo anche quest’anno e ce lo chiediamo sempre: quali sono i mali di oggi da cui difendere il popolo cristiano?
Ma, soprattutto, come vinciamo le sfide di oggi?
Da allora il drago è cambiato. E porta altre sembianze. No, non è il virus, il male. Certo è una malattia devastante, ma le malattie peggiori sono l’indifferenza, l’egoismo, l’ingordigia.
Il male si sconfigge se stiamo uniti, anche come comunità cristiana. Il diavolo è colui che divide. E in questi tempi ci sono stati anche coloro che cercavano di mettere divisione nella Chiesa, gettandovi il sospetto e la diffidenza.
Unità e responsabilità. Anche ora che si riprende. Ecco, allora, le tappe del pellegrinaggio di speranza che stiamo compiendo in questi giorni.
Sono finiti i tempi dei campanili, cari fratelli e sorelle, è il tempo dei campanelli. Il Signore suona ai vostri campanelli per uscire ed andare in piazza, per costruire una nuova polis, un nuovo umanesimo, fatto di responsabilità e solidarietà.
Molti hanno riscoperto il suo aggregante delle campane che chiamano a raccolta per fare comunità cristiana. Abbiamo toccato con mano, in questi mesi, quanto sarebbe povera una vita senza la comunità. Isolati e soli a combattere il destino della vita. Come è difficile! Non impossibile, certo, ma difficile. Lo sentiamo dentro che la comunione, il camminare insieme, fa parte della nostra natura umana. “Non vergognatevi della testimonianza da rendere al Signore nostro”, diceva san Paolo. In un altro passo, San Pietro dice: “Siate pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt. 3, 15).
Infatti, dove sta la differenza fra un cristiano e un non cristiano? Non si distinguono per il vestito, per i cibi che mangiano, ma per la speranza in una novità di vita che annunciano e testimoniano. Un nuovo mondo è possibile.
Anche dentro una pandemia. Il rischio è grande, cari fratelli e sorelle, il rischio di tornare indietro, certamente, e per questo dobbiamo essere sommamente prudenti e responsabili.
Ma il rischio più grande, come accaduto in altre occasioni dopo una guerra o una pestilenza, è che prevalgano gli istinti peggiori, che le conseguenti ristrettezze economiche sfocino in sperequazioni, ingiustizie, tensioni, egoismi. È già capitato.
Per questo il Signore manda altri 72 discepoli, perché vadano avanti nelle città e nei paesi, per seminare la pace, la speranza, la fiducia, la responsabilità, la solidarietà, la carità, il bene comune. L’amore di Dio e del prossimo…. Non ne ha altri. I 72 erano quasi tutti gli uomini a disposizione. Nessuno escluso.
La festa di San Ruffillo che, insieme con San Mercuriale, ha creato i precedenti per una collaborazione fra le Chiese, ci aiuti ad unire le forze migliori, per custodire la vita, il futuro dei giovani. Perché coloro che amano la pace si mettano insieme.
“Quando entrate in una casa dite: pace a questa casa“: quest’anno, lo sapete, abbiamo dovuto ritardare le benedizioni delle famiglie, e i sacerdoti non sono ancora potuti entrare nelle vostre case a dire: Pace a questa casa. Ma il Signore manda altri 72 discepoli, perché non possiamo vivere senza la pace del Signore. Il Signore ha bisogno di voi, di noi, per ripartire, per rifondare su nuove basi la costruzione della comunità. Buona ripartenza a tutti nel nome di Ruffillo.