La terza domenica di Pasqua potremmo definirla la Domenica del Cammino. Del Cammino della Speranza.
I due discepoli di Emmaus li sentiamo più vicini che mai.
Così vicini da immedesimarci senza troppa fatica nei loro pensieri e nelle loro delusioni. Sono sfiduciati, rassegnati, scoraggiati. Sono talmente abbattuti che nemmeno i racconti delle donne o le conferme di Pietro e Giovanni li incuriosisce o almeno li fa desistere dal voler ritornare a casa. E non si accorgono che la persona incontrata era Gesù! Erano tristi e incapaci di vedere.
La strada da Gerusalemme a Emmaus racconta sogni in cui avevano tanto investito e che invece hanno fatto naufragio, bandiere ammainate alle prime delusioni.
Oggi, tutti siamo bloccati, in tutti i sensi. Vediamo aprirsi qualche spiraglio, ma non ci fidiamo. Prevalgono le preoccupazioni, il realismo della situazione, la ragione che smentisce ogni illusione, ogni ottimismo.
I due discepoli di Emmaus abbandonano la città di Dio e tornano al loro villaggio; lasciano le grandi promesse della storia e rientrano nella normalità del quotidiano.
In questi giorni, tutti ci avvertono e ci ripetono che un mondo, quello fino ad ora conosciuto, finisce. E non sappiamo che cosa ci riserverà il futuro, se sarà migliore o peggiore, nessuno lo sa, veramente.
Ed ecco, sulla strada del ritorno, nel buio della notte, Gesù si avvicinò e camminava con loro. I due discepoli se ne stanno andando via e lui li raggiunge. Con Dio succede questa cosa controcorrente: non accetta che ci arrendiamo, Dio non permette che abbandoniamo il campo. Con Dio c'è sempre un dopo di speranza, non di semplice umano, ottimismo ma di speranza.
Non rispondono infatti i due discepoli: “Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele, invece...”; non accettano l’idea di un Messia sconfitto, il Messia doveva trionfare sempre sui nemici.
Non hanno capito davvero nulla e Gesù riprende a spiegare. Spiega loro le Scritture.
Cari fratelli e sorelle, vorrei soffermarmi un momento su questo particolare decisivo e collegarlo con Annalena Tonelli.
La fede di Annalena, per tanti anni, è stata alimentata solo dalla lettura spirituale delle Sacre Scritture. Leggere e meditare le Sacre Scritture. Era questo il suo modo di ascoltare il Signore, di seguirlo, di incontrarlo. Ogni giorno. Quando era a Borama, in particolare, raramente aveva la possibilità di partecipare alla santa messa. Ma aveva comunque la possibilità di stare con Lui, innanzitutto con l’ascolto della Parola.
E come i due discepoli di Emmaus, Annalena comprendeva che Lui, il Cristo doveva patire. Che la croce non era un incidente di percorso, ma la pienezza dell’amore. E che anche per lei, Annalena, la croce doveva diventare la pienezza dell’amore.
I due camminatori ascoltano e scoprono una verità immensa: c'è la mano di Dio posata là dove sembra impossibile, proprio là dove sembrava assurdo, sulla croce.
E Gesù era presente nella sua vita, donata come diceva lei, fino in fondo.
E il primo miracolo si compie già lungo la strada per Emmaus, espresso in quelle parole stupite dei due discepoli: non ci bruciava forse il cuore mentre ci spiegava le Scritture? Anche ad Annalena bruciava il cuore quando leggeva le Sacre Scritture.
Cari fratelli e sorelle, in questi mesi di digiuno, molti di voi hanno avuto modo di ripercorrere la strada dei due discepoli di Emmaus, di Annalena, e di tanti Uditori della Parola, di riaccendere il loro cuore alla speranza, nell’ascolto quotidiano della Parola del Signore.
La Parola accende i cuori, contagia di calore e di passione chi ascolta.
Dal cuore acceso dei due pellegrini escono parole che sono rimaste tra le più belle che sappiamo: Resta con noi, Signore, rimani con noi, perché si fa sera. Resta con noi quando la sera scende nel cuore, resta con noi alla fine della giornata, alla fine della vita. Resta con noi, e con quanti amiamo, nel tempo e nell'eternità.
Nel buio di questi giorni, resta con noi Signore. Non sappiamo dirti altro. Resta con noi Signore, riaccendi i nostri cuori alla speranza.
E Lui resta con loro, si ferma. E la croce e la fiamma accesa dalla Parola trovano conferma nello spezzare il pane. I due discepoli lo riconoscono per il suo gesto inconfondibile: spezzare il pane e darlo. Lui, che non ha mai spezzato nessuno, spezza se stesso. Lui, che non chiede nulla, offre tutto di sé.
Quanto hanno gustato quel momento, i due discepoli di Emmaus, e lo stesso Annalena, quando il vescovo Giorgio la raggiungeva qualche volta e celebrava con lei l’Eucaristia. E il pane spezzato sull’altare diventava la sua vita donata ai fratelli e sorelle, poveri di Forlì, di Wajir o di Borama.
Dopo aver spezzato il pane ed essere finalmente stato riconosciuto, Gesù scompare alla loro vista. Il Vangelo dice letteralmente: divenne invisibile. Non se n'è andato altrove, è diventato invisibile, ma è lì con loro. Scomparso alla vista, ma non assente. In cammino con tutti quelli che sono in cammino, Parola che spiega e interpreta la vita, Pane per la fame di vita.
D’ora in poi Gesù si fa presente, nei due discepoli che annunciano la sua risurrezione ai fratelli, che raggiungono di corsa la notte stessa, avvolti da tenebre che diventano all’improvviso luminose.
E Gesù si fa presente in Annalena, e in tutti i testimoni dell’amore che si dona in ogni tempo e in ogni luogo.
Gesù si fa presente anche oggi in coloro che seminano amore e speranza.
Siamo qui, nella sede del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo, per ricordarci che il Signore è presente e vuole farsi presente qui e dovunque c’è bisogno di solidarietà concreta, di giustizia che riconosce i diritti, di fedeltà alla sorte di chi è malato, in carcere, solo…
Prima i discepoli lo vedevano ma non lo riconoscevano. Ora lo riconoscono e non lo vedono più. E non desiderano vederlo.
Cosa cerchiamo qui? Perché siamo qui? Aprile è il mese di Annalena. Siamo venuti qui non in quaresima, ma adesso che è il tempo di Pasqua. Il comitato è chiuso, la Pasqua lo farà riaprire il prima possibile. Lo vuole Annalena, lo vogliono i poveri. Come possono i poveri vivere senza il nostro aiuto?
Non solo con l’aiuto concreto, ma tenendo accesa la fiaccola della speranza.
I poveri devono e possono contare su di noi. Non possiamo ripartire senza di loro. Non dimentichiamoli. Anche in questi momenti di prova per noi. Loro hanno bisogno di noi, ma anche noi abbiamo bisogno di loro. Perché, se li dimentichiamo, la nostra non sarà una nuova alba, ma un tramonto.
Concludo con due parole di Annalena.
"HO MOLTA FIDUCIA. Un’assoluta certezza che Dio mi guida e che ogni croce è in preparazione di una gioia infinitamente più grande. Tremo di gioia, stupita e piena di confusione, tutto un inno di gratitudine al pensiero di quello che Dio mi sta preparando. Pronta, allo stesso tempo, prontissima ad avere tutto solo dopo la morte. Solo un soffio sono gli anni dell’uomo, la sua vita come un’ombra che passa, che importa? TUTTO È GRAZIA!"
"Quello che conta capire è la schiavitù dell’umanità intera sotto TUTTI i cieli del mondo: calamità naturali, malattie, guerre, divisioni insanabili, odî, violenze, consumismo, sete sfrenata di potere, egoismo folle, cieco, ottuso, incapacità di perdono; quello che conta capire è la follia, la non verità, lo scandalo delle nostre lamentele, dei nostri umori, delle nostre infelicità, delle nostre frustrazioni… CIÒ CHE CONTA È AMARE... "
In comunione con Gesù, Annalena aveva un coraggio ed una speranza che non la faceva arrendere davanti a niente. Riprendiamo anche noi il cammino della speranza. Dopo la via crucis, la via lucis, la via spei.
Messaggio di mons. Giorgio Bertin vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio
Cari amici forlivesi so che in questo momento state facendo un cammino di speranza e vorrei aggiungere anche la mia voce, qui da Gibuti, dalla Somalia. Ci siamo attivati come Caritas Somalia per assistere l’ospedale di Borama dove Annalena lavorava che e dove oggi si sta combattendo il coronavirus che ha colpito anche il Corno d’Africa. Solo a Gibuti sono registrati 1000 contagiati. La pandemia si aggiunge ad altri drammi che ci hanno colpito ultimamente: le alluvioni a fine novembre, poi l’invasione delle cavallette e un’altra alluvione il 20 marzo scorso. In tutto questo non bisogna perdere la speranza. Perché è la speranza che si tiene in vita, che ci fa combattere e ci fa credere. Annalena, che si è trovata in tante situazioni molto difficili, è una luce, uno sprone per continuare e per non arrendersi.
Vi sono vicino: insieme speriamo, crediamo e agiamo con amore.
Messaggio che mons. Joseph Alessandro vescovo di Garissa in Kenia
Carissimo confratello mons. Livio Corazza,
tanti cordiali saluti per questo tempo di Pasqua, e grazie per la tua email.
Sì, stiamo trascorrendo un periodo unico nella nostra vita dominato dal coronavirus, un virus che non guarda alle facce. Ci fa rendere conto che tutti siamo uguali, tutti siamo persone umane, fragili, tutti: ricchi e poveri, politici potenti e cittadini ordinari, forti e deboli, sacerdoti e laici, ‘santi’ o meno.
Mi trovo forzatamente a Malta dove ero andato per un periodo di riposo e dove sono rimasto bloccato quando sono stati chiusi i voli internazionali per lo scoppio delal pandemia.
In tutto il Kenia, come in Italia ed anche a Malta, tutte le chiese, i seminari, le scuole, i collegi e le universita’ sono chiuse. C’è anche il coprifuoco dalle 19 fino alle 5. Anche Nairobi e d’intorni sono bloccati; nessuno può uscire o entrare se non per le necessità di trasporto dei cibi e medicinali. Questo rende la vita della nostra gente lontana da Nairobi più dura perchè i prezzi stanno andando alle stelle.
Ho portato con me a Malta il libro che raccoglie le lettere di Annalena. Leggendolo piano piano, alcune pagine al giorno, mi ha riempito non soltanto di zelo missionario ma anche di una profonda spiritualità come vissuta giorno dopo giorno da Annalena sopprattuto a Wajir ed a Mandera.
Io non ho avuto la fortuna di conoscerla di persona, è stata una grande donna di fede, speranza e carità: vedeva tutto e tutti come grazia da Dio, come dono di amore. Tutta la sua vita è stata un dono di amore verso gli altri, ed in modo particolare verso gli emarginati, i malati, le persone con abilità diverse, i poveri, le persone abbandonate dalla società. Anche io vorrei vedere tutte le circostanze nella vita, anche questo periodo di lontananza dalla mia gente, come grazia di Dio, come una opportunità per pensare e pregare di più per tutte le persone nella vasta diocesi di Garissa. Questa idea mi consola e mi dà la certezza che questa è la volonta’ di Dio per me in questo momento.
Sono convinto che la diocesi di Garissa è benedetta dalla testimonianza che Annalena ha dato e vissuto per diciasette anni; anni che hanno contribuito ed aiutato Annalane a a diventare “santa” perchè ha creduto fin in fondo all’amore verso Dio e verso i più poveri e bisognosi di Wajir.
Di questo dono di benedizione di Annalena alla diocesi di Garissa vorrei ringraziare sopratutto Dio, e poi anche i suoi genitori, famigliari, amici e soprattutto tutti i membri del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo ed anche altri gruppi che stanno sostenendo progetti a Wajir e che ho conosciuto quando ti hanno accompagnato durante la tua visita a Wajir l’anno scorso.
Vi chiedo di continuare a pregare per il mondo intero e per la diocesi di Garissa che ha accolto Annalena; pregate per i nostri cristiani affinchè rimangano saldi nella fede, e per i nostri cari poveri fratelli e sorelle somali verso i quali Annalena aveva un amore pazzo. Ed infine una piccola preghiera per me per poter continuare a vivere e testimoniare con fedeltà la mia chiamata a servire la Chiesa fatta di persone reali nel vasto territorio di 143.000 chilometri quadrati della diocesi di Garissa.
Preghiamo che una volta finita questa pandemia saremo più forti nei nostri valori cristiani di quanto eravamo prima. Questa e’ la nostra ferma speranza in un futuro migliore. Gesu’ Cristo, con la sua risurrezione ha vinto il peccato e la morte, e vincerà anche questo virus.
I miei cordiali auguri per questo santo tempo di Pasqua a tutti voi.
Che il Signore ci dia la sua pace.
Le testimonianze di Annalena lette dal nipote, Andrea Saletti, al termine della messa
Il vangelo ci chiama a condividere la condizione dei più poveri, la condizione dei minimi, dei piccoli, degli abbandonati, dei dimenticati, di coloro i quali nessuno veramente ama, i veri poveri del mondo, i veri poveri... tante volte ve l'ho detto, ma sento l'urgenza di ripeterlo, urgenza grande dentro di me: noi parliamo di povertà, di fame, di miseria, e verissimo, c'e povertà, c'e fame, c'è miseria, ma la vera fame, la vera povertà, la vera miseria è proprio l'abbandono; è proprio la condizione di non essere amati, di non avere nessuno che si occupi di noi, nessuno che ci voglia bene, nessuno che abbia attenzione per noi, nessuno che ci consideri delle persone come gli altri, con la stessa dignità, persone che hanno diritto allo stesso rispetto di tutti gli altri, hanno diritto allo stesso interesse di tutti gli altri, hanno diritto alle stesse possibilità di sviluppare la propria intelligenza, tutti quei doni che Il Signore ha dato ad ognuno di noi in maggiore o minore misura, in qualità di vario tipo, e pure ha dato a tutti, e tutti abbiamo questo diritto.
[...le intanto il tempo passa...e gli ammalati di cui è pieno questo paese? Sono triste, dei poveri chi si occupa? Dove è questa passione per i poveri? C'è molto desiderio di fare, molta poesia del servizio ai più poveri e ai più abbandonati, ma poi in pratica dove è la dedizione piena? Quante energie vengono sciupate, senza accorgersene, nella difesa personale invece che nella difesa degli altri che soffrono. Il fatto è che la creatura umana è Infinitamente debole. Un giorno il mistero sarà svelato. La sofferenza va al di là di ogni possibilità umana di lenirla, di andarle incontro. Parlo del mondo degli 'umanitari'...oh siamo tutti nella stessa barca che fa acqua da tutte le parti.
Dobbiamo aiutarci a vivere, a non lasciarci andare, a non sprecare la nostra vita — è così breve la vita - e una sola ci è data da vivere: per conoscere Dio, per amarlo, per lasciarci amare. No! Non è Illusione! Non c'è gioia al di fuori di Dio, non c'è pienezza, non esiste certezza. In Lui solo c'è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (Gal 5,22)... Dobbiamo aiutarci vicendevolmente, dobbiamo esortarci a vicenda proprio ogni giorno, incoraggiarci gli uni con gli altri... da soli è molto più difficile, forse impossibile, a meno che Dio non intervenga potentemente con la sua grazia.
E’ un lavoro a contatto con l’uomo che può dare senso a una vita, è un lavoro a servizio dell’uomo che può dare gioia, felicità, pace, appagamento. Bisogna arrivare ad amare. Al di fuori dell’amore concreto per delle creature concrete non c’è neppure ricerca di Dio, sete autentica di assoluto. Io almeno non ci credo, perché Dio ama gli uomini e allora, come possiamo noi piccarci di ricercatori di assoluto quando non amiamo gli uomini? Miserabile illusione contro la quale io mi rifiuto e mi ribello con tutta me stessa.
L’eucarestia ci dice che la nostra religione è inutile senza il sacramento della misericordia, che è nella misericordia che il cielo incontra la terra.
Se non amo, Dio muore sulla terra…perché siamo noi il segno visibile della sua presenza e lo rendiamo vivo in questo inferno di mondo dove pare che Lui non ci sia, e lo rendiamo vivo ogni volta che ci fermiamo presso un uomo ferito. Alla fine io sono veramente capace solo di lavare i piedi, in tutti i sensi, ai derelitti, a quelli che nessuno ama, a quelli che misteriosamente non hanno nulla di attraente, in nessun senso agli occhi di nessuno…E’ nell’inginocchiarmi, perché stringendomi il collo loro possano rialzarsi e riprendere il cammino o addirittura camminare dove mai avevano camminato che io trovo pace, carica fortissima, certezza che tutto è grazia.
I piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agli occhi del inondo, ma tanto agli occhi di Dio, i suoi prediletti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e per loro e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia d'acqua nell'oceano. Gesù Cristo non ha mal parlato di risultati. Lui ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre.. I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lasciati all'immaginazione di ciascuno di noi. Non aspettiamo di essere istruiti nel tempo del servizio. Inventiamo... e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni giorno della n