Un anno fa avevamo celebrato la messa del crisma non il Giovedì Santo ma a fine maggio e già allora speravamo che le cose migliorassero. Faccio mie le parole di Papa Francesco dello scorso Angelus: “Per la seconda volta la viviamo nel contesto della pandemia. L’anno scorso eravamo più scioccati, quest’anno siamo più provati.”
Possiamo legittimamente dire che siamo meglio dell’anno scorso, ma attualmente l’emergenza non è finita.
Ci attendono ancora tempi difficili. Riporto altre parole del Papa: “In questa situazione storica e sociale, Dio cosa fa? Prende la croce. Gesù prende la croce, cioè si fa carico del male che tale realtà comporta, male fisico, psicologico e soprattutto male spirituale, il diavolo approfitta delle crisi per seminare sfiducia, disperazione e zizzania”.
Prende la croce e ci invia il suo Spirito. Lo spirito del Signore Dio è su di noi, fratelli e sorelle, ci ha consacrato con l’unzione per portare il lieto annunzio ai miseri.
È un anno in cui tutti siamo miseri. Chi più chi meno, siamo tutti miseri, sempre, ma ce ne rendiamo conto soprattutto in questo tempo.
Riconoscerci nella condizione di miseri e di poveri è importante. E siamo anche noi in questa condizione, cari fratelli presbiteri, diaconi, religiosi e religiose. Condividiamo la sorte di tutti. Non dobbiamo temere o meravigliarci delle nostre paure, dei nostri momenti di depressione, di smarrimento e di buio. Siamo figli del nostro tempo.
Ma lo spirito del Signore Dio è su di me, è su di noi.
Siamo feriti che consolano altri feriti. Alcuni di noi hanno sofferto la perdita di persone care.
Abbiamo raccolto le lacrime sconsolate di chi non ha potuto stare vicino e dire addio ai propri cari nelle loro ultime ore.
Abbiamo condiviso l’impotenza dei medici e degli infermieri di fronte ai tanti che chiedevano aiuto mentre loro non riuscivano a far fronte a tutte le richieste. Abbiamo cercato di supplire alla solitudine degli anziani. Condividiamo le preoccupazioni causate dalla crisi economica. Siamo preoccupati per le famiglie che vedono i figli a casa senza poter andare a scuola o continuare a praticare uno sport, o stare con gli amici.
Quante ansie e preoccupazioni sono scese su di noi! Abbiamo cercato di rispondere. In nome nostro e in nome di Dio. A chi gli chiedeva cosa stesse pensando mentre camminava in piazza san Pietro il 27 marzo dell’anno scorso, papa Francesco ha confidato: “Pensavo alla solitudine di tanta gente”. Era intercessore tra Dio e il suo popolo. Ma non lo è stato solo lui, lo siamo stati anche noi in questi mesi, in questo anno. Anche noi fratelli nel sacerdozio siamo intercessori con e per il popolo. Non abbiamo solo raccolto fatiche e sofferenze, ma le abbiamo presentate al Signore.
La nostra preghiera è ancora più intensa è più vera, perché ne siamo anche noi coinvolti. Lo spirito del Signore Dio ci ha mandato a consolare il suo popolo. Stando in mezzo al suo popolo invochiamo il Signore che infonda speranza vera. Per tutti.
Proprio a noi è richiesto di espandere il profumo di Cristo, come ci ricorderà la preghiera finale: il buon profumo di Cristo. La settimana santa è iniziata con Maria di Betania che profuma i piedi di Gesù, continua con la benedizione degli oli profumati e finirà con Maria di Magdala che si avvia al sepolcro per profumare il corpo di Gesù. Quel buon profumo è rimasto nelle mani delle donne, ma è diventato il nostro servizio all’umanità: espandere il buon profumo di Cristo.
Cari fratelli e sorelle, tutti siamo chiamati a diffondere il buon profumo di Cristo. Tutti i fedeli sono chiamati a diffondere lo stesso Spirito di Cristo ricevuto fin dal battesimo. Gli ordinati e i consacrati certamente con una intensità più profonda e coinvolgente, ma tutti i cristiani, in particolare in questo tempo, sono chiamati a testimoniare, a sostenere, curare e custodire la vita dei fratelli e delle sorelle più fragili.
Fra qualche istante, dopo l’omelia, consacrerò gli oli santi. Permettete qualche considerazione.
Il primo è l’olio degli infermi. Quante volte è stato invocato, e quante poche volte abbiamo potuto portarlo in questo anno. Qualche possibilità in più ci è ora consentita. È un gesto di fede ed è un gesto di profonda umanità. Chiedo alle autorità sanitarie di lasciarci portare i conforti della fede e della consolazione. Ringrazio ancora una volta il personale laico che in questi mesi, su nostro incarico, si è reso generosamente disponibile a portare in particolare una preghiera e l’eucaristia, trasmettendo la prossimità umana e cristiana della nostra fede.
Ma l’olio che forse resterà poco usato nelle nostre chiese sarà quello dei catecumeni. Non ci saranno nemmeno quest’anno catecumeni adulti che riceveranno il battesimo. Saranno pochi anche i bambini che saranno battezzati. Nell’Anno della famiglia indetto da papa Francesco in occasione del 5° anniversario dell’Amoris Laetitia, chiedo a tutti di pregare per la fecondità delle famiglie. E delle famiglie cristiane in particolare. Il calo demografico è diventato un dramma anche per il futuro. Faccio appello a tutte le autorità perché diano attuazione alle misure promesse e spesso rinviate e a potenziare i sostegni che sono stati previsti.
Si parla di piano di sviluppo per il futuro (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per una nuova generazione, ma per il futuro di chi? È una eredità che precedeva la pandemia, e l’inverno demografico, che dura da anni, rischia di non vedere più nessuna primavera. Non è una società per i bambini. Come sacerdoti, figli e membri di un popolo sacerdotale, ci spetta assumere la responsabilità per il futuro e proiettarlo come fratelli.
E, infine, l’olio del crisma. Anche quest’anno, non ci saranno ordinazioni né sacerdotali né diaconali. L’olio del crisma, che ungerà la fronte dei cresimandi, mi auguro che incoraggi tanti ragazzi e ragazze a seguire gli ideali di amore e di fraternità di Gesù, san Francesco, santa Chiara, beata Benedetta, Annalena, don Pippo …
Prima della conclusione una parola sulla sinodalità.
Nel vangelo che abbiamo ascoltato, dopo aver letto in sinagoga il brano di Isaia, Gesù riavvolge il libro e attualizza la lettura con le parole che sappiamo:
“Oggi, si è compiuta questa parola che avete ascoltato”.
Era Lui colui che portava il lieto annunzio ai poveri. In un’altra occasione disse: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e vi ristorerò. Imparate da me che sono mite e umile di cuore”.
Ma come Lui, anche noi, cari fratelli e sorelle, diciamo quel “oggi si è adempiuta questa parola”. Questo è l’augurio che vi faccio e che ci facciamo.
Pochi o tanti, sani o malati, ricchi o poveri, saremo davvero discepoli di Gesù se adempieremo, se vivremo in fraternità il vangelo che leggiamo e annunciamo. Solo se saremo contenti di essere cristiani, se cureremo le relazioni in modo sano e vero, sapremo profumare di speranza anche questo tempo.
Noi tutti siamo quelli della via. La sinodalità non è uno strumento per una migliore organizzazione, è il cuore della nostra vita di fede. Camminiamo insieme, uniti dallo Spirito di Cristo. Non è più il tempo dei battitori liberi. È il divisore che separa, è il Signore che ci unisce. Ogni prete e servo del Signore edifica la comunità e agisce in unitate spiritus. Dimostriamo di essere fratelli nell’uso del tempo e dei beni, non tenendoli per sé, ma spezzandoli gratuitamente per gli altri. È il tempo cari fratelli, di scelte coraggiose. Mi aspetto generosità concreta per chi ha più bisogno. La messa che celebriamo ogni giorno, nella quale spezziamo il pane, è scuola di fraternità. Ci giudica mentre la viviamo.
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Voglio ricordare oggi i confratelli che ci hanno preceduto nella casa del Padre negli ultimi mesi: don Giancarlo Barucci, don Ugo Salvatori, diocesi di Ravenna, don Antonio Simoni, salesiano e padre Giuseppe Nardo, saveriano, che hanno servito la nostra comunità per tanti anni.
Preghiamo per gli ammalati e gli assenti. Ricordo uno per tutti il decano don Antonio Balestri. Grazie ai preti in servizio nelle nostre comunità, rappresentano la sollecitudine di una dozzina di chiese di tutti i continenti (tranne dell’Oceania). Grazie ai religiosi. E alle nostre sorelle di vita consacrata che pregano ogni giorno per noi. Grazie a tutti coloro che vogliono bene ai preti e ci sopportano. E supportano.
San Giuseppe, patrono della chiesa, ci insegna a prenderci cura e custodire il popolo che ci viene affidato. San Giuseppe, Sposo di Maria, prega per noi.