Omelia alla messa di saluto alle suore di Santa Maria del Fiore 2021

03/07/2021

C’è stupore, vero stupore, negli occhi di Gesù. Il brano del vangelo di Marco che abbiamo ascoltato non lo dice, ma penso che una cosa così non si possa non vedere e non cogliere. Immaginiamo per un momento lo sguardo di Gesù, mentre osserva i suoi compaesani. Anzi, proviamo ad immaginare Gesù mentre guarda i suoi parenti, i suoi amici, magari anche i suoi coetanei, quelli che sono stati suoi compagni di gioco. Persone che, adesso che lui è lì con loro, lo fissano e lo scrutano con occhi freddi, indagatori e respingenti. “Ma da dove gli vengono tutte queste cose?”, si domandano. E subito aggiungono, quasi a voler giustificare il loro disappunto: “Non è lui il figlio di Maria? E i suoi fratelli non sono qui tra noi?”. E ricordiamo che questi fratelli, tra l’altro, erano stati a Cafarnao per riportarlo a casa, con Maria sua madre.

L’umanità di Cristo, la sua Incarnazione, vera, è uno scandalo. Un Dio troppo vicino, troppo uguale a loro. Troppo umano.

Un po' ci stupiamo di questo atteggiamento e un po' invece comprendiamo bene questa reazione.

Il nostro stupore nasce dal fatto che costoro, per anni, sono stati insieme con Gesù, il Figlio di Dio, e non se ne sono accorti. Neanche dopo. Eppure sono andati in Sinagoga tutti i sabati, hanno letto tutta la Bibbia più volte. Hanno pregato ogni giorno. E non è servito a niente. Non hanno riconosciuto il Dio della porta accanto.

Ma dall’altro lato tuttavia li capiamo e motiviamo questo loro comportamento. Gesù non ha fatto nessun gesto straordinario, dunque come potevano accorgersi di avere tra loro il Figlio di Dio?

Avremmo avuto anche noi la stessa comprensibile reazione. Insomma, com’è possibile che Gesù, il figlio di Maria (neanche di Giuseppe, come correttezza vorrebbe, ma di Maria, quasi a confermare le voci che si porta dietro da quando è nato…), sia così diverso da noi, come può essere il Figlio di Dio, se è in tutto simile a noi?

In fondo anche oggi, Gesù si comporta ancora allo stesso modo. Condivide la sua vita da risorto in mezzo a noi, si fa presente nell’eucaristia, presente nel vangelo e nei poveri, ma in modo tanto nascosto, anche tanto sfuggente, da non sorprenderci nemmeno un po’….

Che modo di fare!

Gesù era di casa, non era uno conosciuto, nella sua patria. Non aveva niente di misterioso. L’umanità di Gesù e la sua verità si comprendono bene nella reazione della sua gente.

Gesù è accompagnato da un gruppo di discepoli, cosa non di poco conto. È preceduto da una certa fama e si dice perfino che abbia fatto anche un prodigio, nella vicina Cafarnao. E poi, quando parla, attira delle folle.

Eppure la quotidianità e la vicinanza da anni, invece di avvicinare, allontana.

Dice Enzo Bianchi: “Gesù “si stupisce della loro mancanza di fede (apistía)”, e tuttavia resta saldo: continua con fedeltà la sua missione in obbedienza a colui che lo ha inviato, andando altrove, sempre predicando e operando il bene. Ma senza ricevere fede-fiducia, Gesù non riesce né a convertire né a curare, e neppure a fare il bene.”

È la stessa difficoltà a credere che abbiamo anche oggi. Anche in questi tempi incontriamo persone che danno la vita per Cristo e per i fratelli, ma non ci convertono. Si dà quasi per scontato. Beneficiamo dei servizi, ma non ci toccano nel profondo.

Sono le difficoltà della fede in Gesù, tipica di questo tempo e di questo mondo.

Il fatto cristiano non fa più pensare. È meglio guardarsi intorno. Cercare l’esotico e il sensazionale. Curiosare su qualche forma religiosa orientale. Frequentare un corso di Yoga, sentire della musica, andare al mare, fare un viaggio, vedere un film, rimanere a dormire, fare una gita… tutto, ma non lasciarsi interrogare dal fatto cristiano. Troppi pregiudizi. Non fanno più pensare. Sono sempre le stesse cose già sentite da bambini. Fatte per i bambini.

Eppure, sotto altre forme, la fede continua a seminare nel cuore degli uomini.

Nel vangelo, Gesù non si ferma. Continua ad insegnare. Con la parola e con la sua vita.

In altri modi, si continua. Queste settimane saluteremo tre comunità religiose femminili che lasciano la nostra diocesi. Qui, a Meldola e a Roncalceci. Esperienze nate molti anni prima. Siamo ad una svolta, ad un cambio d’epoca. Non assistiamo a qualche cambiamento me in un vero e proprio cambio d’epoca.

Chiudo con tre parole: la prima è grazie! Grazie per le donne consacrate che hanno speso la loro vita per le nostre famiglie. Il seme non è stato vano.

E la presenza dello Spirito non si ferma. Il Signore continua a seminare e ad insegnare. Una nuova realtà, una nuova presenza educativa continua, e anche di questo ringraziamo il Signore. Abbiamo bisogno di realtà che ci aiutino a non rimanere in superfice. A costruire una società che mette al centro la persona umana e i suoi valori di fondo.

I valori del dono di sé, della fraternità e della solidarietà. Non si vive pensando solo a sè stessi, alla propria salute e ai propri bisogni.

Lo abbiamo visto anche in questi mesi di pandemia. La società si è dimostrata più cristiana di quello che credeva. Nessuno è stato lasciato solo. Tutti ci siamo sentiti responsabili di tutti. Per la verità, non proprio tutti. E infatti, scelte di interesse personale, magari anche legittime, mettono a repentaglio la salute degli altri.

Nella prima lettura, il profeta Ezechiele si trova a dover fare i conti con qualcuno che non accetta il suo messaggio. Ma non si arrende. E lui pensa più o meno così, anche se non accettano, io le cose le ho dette. Si sappia che qui c’è un profeta.

Voglio ringraziare le suore Ancelle del Sacro Cuore, che con la loro presenza hanno reso visibile l’amore misericordioso e amorevole di Cristo. Questo vuol dire ancelle del Sacro Cuore.

Ma donare la propria vita è una lotta continua con la propria debolezza e fragilità. Di Gesù agonizzante. Simili cioè a Gesù che lotta sul calvario e tentato di fermarsi, di fuggire, di non donare fino in fondo la propria vita.

Care sorelle, voi continuerete a lottare per una nuova fraternità in altri contesti, vi auguriamo di realizzare i sogni della vostra vita di consacrate a Gesù, Signore e amico della vostra vita.

Molti possono pensare che siete un po' fuori di testa, ma certamente siete diverse, per davvero, da tanti di noi.

Diverse da chi pensa che il bene nasca spontaneo e non serva coltivarlo giorno per giorno, tranne magari servirsene quando si ha bisogno.

Vi chiediamo scusa, perché non sempre abbiamo visto i tanti servizi che ci avete dato, ma anche se li abbiamo visti e apprezzati, non sempre abbiamo raccolto il motivo della vostra presenza.

Che siete donne che avete scelto di servire i più piccoli per amore di Cristo. non sempre abbiamo colto la vostra scelta di vita.

La vostra opera continua, con il nostro grazie l’impegno di imparare anche noi a seguire Cristo, e anche noi sapremo servire i fratelli a partire dai più piccoli.