1. Ecco, ci siamo, siamo in comunione, tutti ancora dietro alla croce di Cristo. Un abbraccio fortissimo a tutti voi che ci seguite attraverso i tanti collegamenti nelle sedi parrocchiali.
2. Veniamo da un anno difficile, dentro il tempo della prova.
“E dalla prova la Chiesa s’impegna a non prendere le distanze, ma ad attraversarla con cuore credente”. Subito un pensiero affettuoso e intenso, carico di umano dolore e di cristiana speranza a chi ha sofferto e a chi è morto. Un grazie a tutti coloro che hanno sacrificato tempo ed energie per gli altri. Questo anno del tutto particolare ha messo alla prova anche il tessuto comunitario. La cura della nostra fede.
3. La minaccia del virus ci ha costretto a difenderci, chiudendoci in casa. Limitando la nostra libertà e le nostre assemblee. E le limitazioni ancora continuano. Tante cose che ci sono state chieste erano discutibili e non di facile o immediata comprensione, ma la Chiesa cattolica, nel suo complesso, ha contribuito a difendere la vita e la salute in particolare dei più deboli ed esposti. E questo merito, anche se non ci è stato ancora riconosciuto da nessuno, ce lo attribuiamo con orgoglio e senza pentimenti. Ci è stato chiesto un grande sacrificio. Come quando mamma o papà devono stare a casa per la malattia di un figlio o di un genitore: costa, ma lo si fa volentieri. Le chiese erano deserte, ma la comunità era viva. Era viva nella preghiera costante nelle comunità, in famiglia, nei gruppi e nei singoli credenti.
4. Anche la carità non è mai venuta meno! Nessuno è stato lasciato indietro. Perché tutti sono fratelli e sorelle! Questo messaggio ha animato anche i non credenti nel loro impegno quotidiano verso il prossimo. E di questo ringraziamo il Signore.
5. Ma le assemblee per mesi sono state sospese. E pensare che proprio sulla bellezza dell’incontrarsi, dello stare insieme in comunione con il nostro Signore Gesù e fra di noi, avevamo concentrato tutto l’anno pastorale appena concluso. Vi ricordate la frase guida: è bello per noi essere qui? Ma la privazione ha sottolineato ancora di più l’importanza del nostro stare insieme. L’assemblea eucaristia è culmine e fonte della nostra fede. La fede cristiana, che è fatta di preghiera personale, comunione fraterna, amore per i poveri, senza la risposta affermativa all’invito di Gesù: fate questo in memoria di me, non è più fede cristiana. Ci possono essere momenti e situazioni che impediscono la partecipazione, come questo che stiamo vivendo, ma la fedeltà all’incontro assiduo domenicale fin dai primi cristiani dimostra l’importanza della celebrazione eucaristica. Abbiamo sperimentato anche noi l’esperienza di tanti fedeli che, in tanti parti del mondo, la domenica non possono celebrare la messa per lunghi periodi.
6. Non giriamo pagina, anzi, lo stare insieme nell’incontro eucaristico lo rinnoviamo proprio ora e sempre: come la famiglia è famiglia quando si riunisce a pranzo, così la Chiesa è Chiesa quando si riunisce a messa. La fede cristiana non è una fede individualista. Con tutte le cautele del caso, ma non dimentichiamo questa verità. Se non la sentiamo nel cuore, significa che la nostra fede è in crisi.
7. Con le messe hanno ripreso e riprendono tutte le attività parrocchiali. Con coraggio, responsabilità e perseveranza.
8. E ora guardiamo avanti. Ripartire o rinascere? Sono le due parole che trovate già scritte da tempo nel manifesto di quest’anno.
9. Sentiamo il bisogno di ripartire, ma non ci basta.
10. Siamo cambiati, abbiamo bisogno di altre motivazioni, più profonde. Un nuovo inizio. Per questo dobbiamo riflettere e rinnovarci.
11. Non ci poniamo l’obiettivo della ripartenza, ma della rinascita.
12. Vi leggo una lettera tratta dal documento È risorto il terzo giorno: “Don, è cambiato tutto: è successo qualcosa di grosso. Voi preti ve ne siete accorti? Se tornate a dire le stesse cose e sempre nello stesso modo, davvero stavolta non vi ascolterà più nessuno”. (S.C., segretaria)
13. Dobbiamo riflettere. Ricordare e riflettere insieme, su quello che è avvenuto. Come ci ricorda papa Francesco: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. È umano cercare di dimenticare, ma non ci aiuta a cambiare per ripartire.
14. Come ci suggeriscono i Vescovi lasciamoci provocare innanzitutto dalla domanda evangelica: “Sapete leggere questo tempo?”; una domanda alla quale s’intende rispondere mettendosi in ascolto della realtà e assumendo alcuni impegni per costruire il futuro.
15. Non possiamo più pensare di ripartire da dove eravamo rimasti, non siamo più quelli di prima. Non si è trattato solo di una tempesta, ma di qualcosa di più profondo. Anche perché non eravamo contenti di come stavamo prima. Come saranno le nostre comunità cristiane? Saranno grandi o piccole comunità, fondate più sulle relazioni o sulle strutture e l’organizzazione? La pastorale sarà di proposta o di conservazione, si aderirà per tradizione o per scelta? Faremo nostro il consiglio di Tertulliano: cristiani si diventa e non si nasce?
16. Ho pensato a quali brani delle Sacre scritture si avvicinano al tempo che stiamo vivendo e ho notato come sono tanti gli eventi e le pagine della Scrittura che ci possono aiutare. Accenno ad alcuni.
17. La Pentecoste. Dopo la morte di Gesù, i discepoli che si ritrovavano nel cenacolo non erano più gli stessi dell’ultima cena. Non sapevano cosa fare, non potevano ripetere le stesse cose, non sapevano neanche più pescare. Solo lo Spirito, la comunione fraterna, la Parola di Gesù risorto ripensata continuamente ha dato a loro il coraggio e la bussola per ripartire, anzi per rinascere. Erano rigenerati. Erano un tutt’uno con Cristo risorto.
18. Anche la pesca miracolosa ci aiuta, quando Gesù invita i discepoli a prendere il largo e ad andare a pescare, Vincendo le obiezioni di Pietro, che dice a Gesù: ma abbiamo faticato tutta la notte a non abbiamo preso niente. E conclude: ma sulla tua parola, getteremo ancora le reti. Bella immagine anche questa!
19. Oppure l’Esodo. Una volta scappati dall’Egitto, gli ebrei hanno dovuto lasciare tutto, prendere solo l’essenziale, quello che potevano trasportare e, con la guida di Mosè, rimanendo uniti, senza dimenticare nessuno e senza sapere la strada, ma confidando nella presenza costante di Dio che non li abbandonava dalla tenda del convegno, dopo un tempo interminabile, senza perdere la fiducia, si sono diretti verso la terra promessa. E sono ripartiti!
20. Ho scelto invece un altro brano, la prima moltiplicazione dei pani e dei pesci, che si trova in san Marco. Il miracolo della moltiplicazione dei pani è l’unico presente in tutti i vangeli per sei volte. Ma questo brano lo leggiamo solo l’8 gennaio.
21. È il brano che abbiamo ascoltato e che ci verrà commentato nel secondo incontro di “Coriano”, sottolineo brevemente le 4 lettere di quest’anno, che iniziano per P.
22. La prima P. nel racconto che precede la moltiplicazione dei pani, non è pani ma Parola. L’episodio inizia con Gesù che insegna: prima dei pani, la Parola. Il suo insegnamento. Noi siamo cristiani perché seguiamo il suo insegnamento, sempre, ovunque in ogni circostanza! La nostra fede nasce dall’ascolto. È il punto di partenza, è la sorgente. È l’essenziale. Per noi, per gli ebrei che fuggirono dall’Egitto, per gli Apostoli riuniti nel cenacolo e che si ritrovavano assiduamente.
23. Il Vangelo è e sarà al centro delle nostre attività, dei nostri incontri. Il Vangelo della domenica. Potremo ancora rimanere chiusi, ma nessuno ci impedirà di leggere, meditare, vivere il vangelo, con chi condivide con noi la nostra vita, in piccoli gruppi, attraverso i social; non possiamo vivere senza vangelo. Abbiamo visto quanti, pochi, ma sempre troppi, si sono inventati una fede che non è quella di Cristo. E’ dalla Parola che nasce la preghiera. Il padre nostro non è una preghiera è il modello della preghiera cristiana.
24. Dopo la P della Parola, ecco la P del Pane di vita. È un anticipo dell’Eucaristia, alimento della nostra vita come il cibo che ci alimenta quotidianamente. Ma la straordinarietà della moltiplicazione dei pani è che il pane che alimenta il corpo ricorda il pane che alimenta l’anima. E chi mangia del pane eucaristico non potrà mai dimenticare di condividere il necessario per vivere con chi ha bisogno. I discepoli di Emmaus (e non solo loro) non riconoscono Gesù nel pane, ma lo riconoscono allo spezzare il Pane. E’ la condivisione il miracolo che ci viene ricordato ogni volta che celebriamo l’Eucaristia. Non è un atto di devozione personale, è nuova energia attinta per donare e spendersi per gli altri. Annalena trovava nel pane eucaristico che conservava con sé nuova forza, nella Parola meditata ogni notte, la luce per andare avanti, la gioia e il vigore di spendersi per gli altri.
25. Di spendersi soprattutto per i poveri, cioè per coloro che non avevano da ricambiare. È la terza P, come poveri. Poveri non solo di cibo, ma di relazioni e di senso. Non dimentichiamo che nella moltiplicazione dei pani, Gesù non mette in fila le folle per la distribuzione, ma li divide in piccoli gruppi di 50 o 100 persona. È il gruppo-cellula, dove si possono stabilire delle relazioni di amicizia, di aiuto, di comunione. Combattiamo la povertà, amiamo i poveri!
26. Ecco allora la quarta parola: popolo di Dio. La Parola di Gesù, il Pane di vita e l’amore per i poveri trasformano la folla in un popolo, nel popolo di Dio, nella famiglia di Dio. E Dio sa quanto abbiamo bisogno di rifare il tessuto della fraternità ecclesiale. Di ritrovare il gusto dello stare insieme.
27. Siamo in attesa della terza enciclica di Papa Francesco: Fratelli tutti, che ci confermerà nella nostra scelta di rispondere alla chiamata alla fraternità.
28. La pandemia ha accelerato i cambiamenti nella società e nella Chiesa. La fede sarà sempre di più frutto di una scelta. Vinciamo la tentazione di vivere con tristezza e delusione questi tempi. è vero, dovremo rinunciare ed abbandonare tante cose. Ma nulla ci separerà dall’amore di Cristo.
Non dovremo più giudicare la riuscita dei nostri incontri dal numero dei partecipanti, ma dalla qualità delle nostre relazioni e proposte e dai frutti spirituali. Come segno di speranza, mi piace ricordare come, durante la pandemia, si continuava a costruire il Ponte di Genova, come, a suo tempo, durante l’incendio della cattedrale di Parigi, le api dell’alveare che si trovavano nel tetto, continuavano la loro opera, così come la pianta che vi viene regalata anche quest’anno è vita che cresce e va custodita, come la nostra fede e la nostra comunione.
Concludo
Tutti questi temi verranno ripresi nel mese di ottobre negli incontri detti di Coriano, e definiranno gli orientamenti pastorali per il 2020-2021. Riassumo: riflettere su questo tempo; la realtà è vocazione; rinascere come comunità cristiana: Popolo di Dio, contando sulla Parola, e sul Pane di vita, amando i poveri.
Infine, faccio mie le parole di san Paolo quando, dal carcere, quando invitava i fedeli ad essere sempre lieti.
E incitava i cristiani ad essere:
forti nella fede,
lieti nella speranza
e operosi nella carità.
La pace di Cristo abiti sempre nei vostri cuori.
Maria, Madre di misericordia, prega per noi.