Omelia in ospedale della messa in attesa del Natale 2020

22/12/2020

Abbiamo letto la preghiera più bella e anche la più cantata di tutta la bibbia: il Magnificat.

Quando la pronuncia, Maria non è a Nazaret, dove le è apparso l’arcangelo Gabriele. Maria è ad El Karim. 144 km lontano da Nazaret. In fretta, per lo più a piedi, ha percorso questo viaggio per andare a visitare Elisabetta. Permettete che mi soffermi su questa visita.

E lo sottolinei proprio qui, in Ospedale. Luogo di cura, di speranza, di grandi professionalità e di umanità.

Ma anche luogo di visite. Di incontro.

Natale è il giorno delle visite. La visita di Maria a santa Elisabetta anticipa le visite che lei stessa e Giuseppe riceveranno quando nascerà Gesù. Ai pastori e ai magi, Maria e Giuseppe daranno la loro premurosa e semplice accoglienza.

La visita di Maria a santa Elisabetta, così come la visita dei pastori alla grotta di Betlemme e la visita dei magi, ci ricorda le visite ai malati e allo stesso tempo la grande mancanza delle visite ai malati di questi mesi. Ne comprendiamo l’opportunità, forse anche la necessità. Ma non ci rassegniamo.

Non possiamo rassegnarci a sapere di tante persone che vivono i momenti più difficili della propria vita lontano dagli affetti più cari.

Per fortuna e grazia di Dio, molti operatori sanitari colmano in qualche modo questa lacuna.

Spesso le persone malate che sono qui vivono questi momenti e questa esperienza anche lontano dai segni e dai conforti della fede. Anche in questo caso, la fantasia della carità supplisce in qualche modo alla impossibilità di portare direttamente i conforti della fede a chi li richiede.

Grazie alla disponibilità di dottori e infermieri, anche qui, con il mio consenso ed incoraggiamento, attraverso la cura e la premura di don Domenico, a molti è stato fatto arrivare il pane eucaristico, è stata recitata una preghiera, letto un brano del vangelo.

E di questo ringraziamo e lodiamo il Signore.

Vorrei sottolineare che i beni relazionali e spirituali non sono un optional e una concessione.

È vero, ci sono rischi per la salute di tutti, ed è cosa da non minimizzare né sottovalutare. Ma abbiamo posto rimedio a tante cose, dovremmo porre rimedio anche a questa. Sta diventando una prassi oramai alla quale ci siamo rassegnati. L’ Assistenza spirituale non è inferiore alle terapie mediche. Scriveva mons. Erio Castellucci: i beni spirituali “per noi cristiani non sono un contorno eventuale e facoltativo al servizio, ma ne sono il cuore. L’esperienza dei beni spirituali motiva l’impegno per la cura dei beni relazionali; e dentro la relazione stessa con le persone emerge il servizio che si esprime nell’aiuto anche attraverso i beni materiali”.

Ma veniamo al vangelo di oggi. Maria è entrata nella casa di Elisabetta. Elisabetta la saluta con una frase che da secoli ogni giorno viene ripetuta miliardi di volte.

“Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo, Gesù”.

E, continua Elisabetta, “Beata te che hai creduto”.

Ed è a questo punto che Maria canta il suo Magnificat.

Umanamente, forse, c’era ben poco da gioire. Quanti problemi le sono capitati addosso dopo l’annuncio dell’angelo, e quanti ancora gliene capiteranno.

Eppure Maria canta: L’anima mia magnifica il Signore.

Cosa c’è da magnificare il Signore?

Israele era sotto la dominazione romana, Maria rischiava la lapidazione avendo concepito fuori del matrimonio, la vita non era per niente facile per le donne e gli israeliti in generale, anche in quei tempi. Eppure Maria canta: l’anima mia magnifica il Signore, perché il Signore è sceso in mezzo a noi.

Anche oggi, come lei, anche noi, possiamo cantare: L’anima mia magnifica il Signore, perché il Signore rende possibile l’impossibile. Pone segni di amore, anche in questi tempi. Quanti segni di bene in questi tempi, a dimostrazione che l’amore di Dio fa breccia nel cuore degli uomini. Nei medici e negli infermieri che hanno dato la vita, messo a disposizione professionalità passione, amore. Anche a prezzo di grandi sacrifici richiesti alle loro famiglie. Non smetteremo mai di ringraziare tutto il personale dell’ospedale, che continua giorno dopo giorno a servire i malati. Operatori sanitari, direzione, amministrativi. Una preghiera speciale per i malati e i loro familiari, che passeranno le feste nell’ansia e nella preoccupazione.

Questo luogo è un luogo di dolore, ma anche di speranza, di fiducia, di umanità. Preghiamo perché lo sia sempre e davvero. Ancora di più, questo luogo ci insegni comportamenti responsabili e saggi.

L’anima mia magnifica il Signore.

Quanta generosità anche nei forlivesi, da parte di coloro che hanno donato tempo e risorse, per chi aveva più bisogno. I cinquemila pacchi delle scatole di Natale ne sono un segno.

L’anima mia magnifica il Signore.

Maria, che ha saputo cantare il suo Magnificat anche nei momenti più difficili, lo ha insegnato alla Chiesa. Ogni sera, la chiesa canta ancora e sempre, in qualsiasi condizioni si trovi, il suo Magnificat.

Pregava così don Tonino Bello: Santa Maria, Vergine della notte, noi t'imploriamo di starci vicino nell’ora del dolore e della prova. Quando sibila il vento della disperazione, e sovrastano sulla nostra esistenza il cielo nero degli affanni o il freddo delle delusioni, o l'ala severa della morte. Liberaci dai brividi delle tenebre. Nell'ora del nostro Calvario, tu, che lo hai sperimentato stendi il tuo manto su di noi sicché ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà. Aiutaci a ripetere ancora oggi la canzone del Magnificat. Non ci lasciare soli nella notte a salmodiare le nostre paure. Nei momenti dell'oscurità mettiti vicino a noi e sussurraci parole di speranza, visioni di futuro sereno. E sveglieremo insieme con te l'aurora. Così sia.