Omelia in ospedale nella Giornata del malato 2020

11/02/2020

Omelia in ospedale nella Giornata del malato (11 febbraio 2020)


Ringrazio il Signore per la possibilità che ci ha dato anche quest’anno di celebrare la giornata del malato, nella struttura ospedaliera più grande di Forlì.

Celebrando l’Eucaristia riconosciamo la presenza di Dio in questo luogo. Il Signore Gesù si fa presente negli infermi. L’Ospedale è la Basilica della solidarietà di Dio dove si fa prossimo a ciascuna persona qui ricoverata e ci ricorda quando egli disse: ero ammalato e mi avete visitato. Il malato come presenza reale del Signore!

E sull’esempio di Maria, visitiamo anche noi chi ha bisogno di un aiuto e di fraternità.

Il tema di quest’anno scelto da Papa Francesco, riprende la frase di Gesù:

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.

Oggi ci soffermiamo su un passo commovente del Vangelo (Mt 11,28-30), nel quale Gesù dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. […] Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (vv. 28-29).

L’invito del Signore è sorprendente: chiama a seguirlo persone semplici e gravate da una vita difficile, chiama a seguirlo persone che hanno tanti bisogni e promette loro che in Lui troveranno riposo e sollievo.

Di solito si chiamano persone valide, giovani e in salute, piene di vita ed entusiaste…

Il Signore parla per imperativi, cioè in modo diretto e deciso, come avviene anche in altre occasioni: fate questo in memoria di me, lavatevi i piedi gli uni gli altri, amatevi come io vi ho amato, andate in tutto il mondo….

In questo caso, Gesù si guarda attorno, vede persone in difficoltà e le chiama: «Venite a me». Egli chiama tutti ad andare da Lui, «venite a me», e promette loro sollievo e ristoro.

Gesù guarda l’umanità ferita e si dimostra solidale con questa umanità. E dice a loro: Su di me potete contare.

Ecco il primo messaggio ai malati, ai sofferenti nel corpo e nello spirito: su di me potete contare.

Egli vi invita ad andare a Lui: «Venite».

Perché Gesù Cristo nutre questi sentimenti? Perché Egli stesso si è fatto debole, sperimentando l’umana sofferenza e ricevendo a sua volta ristoro dal Padre. Infatti, solo chi fa in prima persona questa esperienza saprà essere di conforto per l’altro. Il Signore per primo è passato attraverso la sofferenza.

“E io vi darò ristoro”

Che cosa trovano coloro che vanno da Gesù, che accolgono l’invito ad andare da Lui?

Trovano ristoro.

Dice Papa Francesco, sono “diverse le forme gravi di sofferenza: malattie inguaribili e croniche, patologie psichiche, quelle che necessitano di riabilitazione o di cure palliative, le varie disabilità, le malattie dell’infanzia e della vecchiaia…“

E a tutte si risponde in due modi: con la cura e con il prendersi cura.

Alle medicine occorre unire la relazione umana.

Oggi sono stati fatti progressi enormi sotto questo punto di vista. Leggevo questa mattina come al sant’Orsola si opera suonando dal vivo degli strumenti musicali.

Si aggiunge al curare il prendersi cura, per una guarigione umana integrale.

Nella malattia la persona sente compromessa non solo la propria integrità fisica, ma anche le dimensioni relazionale, intellettiva, affettiva, spirituale; e attende perciò, oltre alle terapie, sostegno, sollecitudine, attenzione… insomma, amore. Inoltre, accanto al malato c’è una famiglia che soffre e chiede anch’essa conforto e vicinanza.

Oggi celebriamo l’inizio delle apparizioni della Beata Vergine Maria a Lourdes.

È il segno di una madre che nel nome di Dio si prende cura dell’umanità.

La chiesa è comunità dei discepoli del Signore se si prende cura dei malati. Dei sofferenti. Di coloro che sono soli.

La stessa Benedetta, nella sua malattia, sente che non è solo che qualcuno si è preso cura di lei e che lei si prende cura di chi è malato (anche meno di lei).

Sentite cosa dice in una lettera del 5 luglio 1963 e che riempie di significato la parola ristoro, guarigione integrale.

Io sono serena. E molto lieta del viaggio fatto a Lourdes. Qualche volta pensavo di essere triste perché ero arrivata a sera… (della vita) se sentivo lontanamente quanto fosse bello il trascorrere del giorno! Ma ora ho la dolcezza della rassegnazione. La Madonna mi ha ripagato di quello che non possiedo più. Ho capito che mi è stato ripagato quello che mi era stato tolto, perché possiedo la ricchezza di spirito. Ecco il miracolo di Lourdes quest’anno, me, Roberto. Capisci? Ieri era una domenica fatta di inutile attesa, ugualmente serena poichè aspettavo il ritorno di tutti quelli che mi vogliono bene.

Il Signore non solo ci consola in questa vita, ma ci dona la vita!

Saremmo ingiusti se non dicessimo niente anche sul destino dopo la morte. Sulla speranza della vita eterna. Non siamo immortali, ma eterni. Non vivremo perciò per sempre su questa terra, ma vivremo per sempre nella vita eterna, in compagnia di Dio.

La prospettiva futura è la nostra vera e profonda consolazione, uniti a Cristo morto e risorto e in comunione con lui, con i santi e con la Vergine Madre di Dio e madre nostra.