Omelia nella festa del Santo Curato d’Ars 2024

06/08/2024
L’omelia del Vescovo nella festa del Santo Curato d’Ars, 5 agosto, Spinello di Santa Sofia

Sono stato 15 giorni fa in Madagascar e, parlando con un Vescovo, gli ho chiesto: quali sono i problemi che vi occupano e preoccupano di più quando vi incontrate come Conferenza episcopale? Le diocesi sono ventidue, la Chiesa malgascia è composta da personale tutto locale. I Vescovi (tranne due), preti, religiosi e religiose (non ci sono diaconi permanenti) sono tutti malgasci. Sono una Chiesa viva, attiva, in comunione con il Papa, ma molto caratterizzata sia nei riti che nella pastorale.

Ho visto tanti fedeli e mi sono chiesto: ma questa è la Chiesa del passato o del futuro?
Sono come noi eravamo o sono come noi saremo?
Ricordo che certo le chiese sono piene, ma comunque i battezzati cattolici sono un terzo dell’intera popolazione.
Che in molte parrocchie non si celebra la messa ogni domenica, qualche volta una volta all’anno, ma sempre, ogni domenica, la comunità si riunisce, sotto la guida di un catechista. Quando si celebra la messa o la liturgia della Parola, la si celebra bene, senza fretta, sempre con canti e animazione e partecipazione.

Le loro liturgie scoppiano di gioia, di partecipazione, sono molto ben curate, animate, non c’è pericolo che ci si dimentichi di trovare i lettori, di ringraziare dopo la comunione, di passare a fare l’elemosina.
Mi ha colpito la processione del Lezionario prima di leggere i brani della Parola di Dio e il ringraziamento cantato.
Spero sia la Chiesa del futuro. Ci sono tanti protestanti, cresce la presenza dei musulmani, soprattutto crescono le sette, come dicono, i nuovi movimenti religiosi. La Chiesa è una minoranza attiva e creativa, come sognava Ratzinger.

Allora, qual è la questione che occupa di più i Vescovi malgasci? La formazione del clero prima e dopo l’ordinazione. I preti sono la colonna della Chiesa malgascia, sono la colonna delle Chiese nel mondo e lo sono anche a Forlì.

Ma abbiamo tutti bisogno di formazione e di comunione. Un mondo nuovo sta avanzando, i preti sono decisivi per il futuro della Chiesa.
Una nuova realtà sociale ed ecclesiale sta avanzando e si richiede in futuro un nuovo prete.

Nelle parrocchie sono come noi oggi. Otto-dieci parrocchie, da servire attraverso i catechisti e la responsabilità dei laici. Anche nella cattedrale ha preso la parola non il parroco, ma il presidente laico del consiglio pastorale per ringraziare in occasione della festa della Diocesi, che celebrano ogni anno, in cattedrale, con rappresentanti di tutti i vicariati (Delegazioni, li chiamano).

Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità: siamo chiamati a costruire la Chiesa del futuro, il prete del futuro, già oggi.
La gioia dei malgasci mi ricorda una definizione del prete di papa Francesco: l’apostolo della gioia, una gioia che coltiva e custodisce dentro di sé.
La gioia che nasce dalla risurrezione di Cristo. Sono molto contento che il recente restauro abbia riaperto gli occhi al crocifisso trionfante del Duomo.

Un’altra definizione del prete del futuro è il costruttore di comunione, di sinodalità. “Il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio è quello della sinodalità” che, lungi dall’essere una moda o uno slogan, esprime la natura, la forma, lo stile e la missione della Chiesa. Il prete avverte l’urgenza di contribuire a costruirla, non occasionalmente ma strutturalmente. A partire dalla valorizzazione degli organismi di partecipazione e corresponsabilità che, a livello parrocchiale, dovrebbero favorire il dialogo e l’interazione nel Popolo di Dio, soprattutto fra sacerdoti e laici.
Commettiamo un peccato di grave omissione se non prepariamo i laici alla Chiesa del futuro con meno preti e più corresponsabilità. Infine il prete come uomo di speranza. Il Giubileo del prossimo anno è stato titolato da papa Francesco: pellegrini di speranza.

Dopo il libro "La Chiesa brucia", dobbiamo scrivere "la Chiesa risorge", dopo il racconto dei giovani che non votano e non vanno in chiesa, facciamo parlare e valorizziamo i giovani che vengono.  E ci sono. Diamo loro spazio. Mettiamoci insieme nei vicariati.

La prossima visita pastorale sarà una visita per vicariato. Le unità pastorale unite da iniziative comuni in Vicariato.
Non guarderemo solo quello che c’è, ma progetteremo realisticamente il futuro:
iniziando dal collegio dei presbiteri, se i preti non costruiscono insieme invano faticano i laici, completando le equipe ministeriali, valorizzando e definendo compiti dei consigli per affari economici e pastorali, assicurando una celebrazione dell’Assemblea domenicale eloquente e attraente, prevedendo un cammino di incontri e di fede per i giovani, adulti e non solo per i ragazzi.
Ci saranno anche questionari di verifica di quello che c’è e di quello che manca. Ma guardiamo al futuro. Con autenticità. Non rubiamo il futuro alle nostre comunità.

Infine il prete uomo di speranza, di comunione per una Chiesa capace di dialogare con la cultura del tempo. Nell’ultima fase del cammino sinodale ci lasceremo guidare dall’icona della Pentecoste: “Ciascuno li sentiva parlare nella loro lingua”. Dobbiamo farci capire. Insieme alla formazione, la sfida culturale, farci capire dalla cultura di oggi.
Infine la corresponsabilità. I laici vanno preparati nell’assumere il grande dono della corresponsabilità.

La nostra missione è costruire la Chiesa del futuro, vincendo gli spiriti immondi dell’avvilimento, della depressione, della rinuncia e del ripiegamento.