Omelia nella festa di Santa Chiara 2020

11/08/2020

Entro in punta dei piedi, da buon ultimo, a meditare sulla figura e sulla testimonianza di santa Chiara d’Assisi.

Fino a qualche tempo fa, lei era per me una figura sì di donna e di santa splendente di luce, ma che tutto sommato viveva di luce riflessa, di quel grande sole che era e che è san Francesco.

Tuttavia, negli ultimi tempi, l’assiduità di incontro e di frequentazione con le sorelle clarisse, mi sta facendo conoscere sempre più e sempre meglio questa grande santa, e sta anche facendo crescere in me la consapevolezza del protagonismo di Chiara. Anzi, sto imparando a comprendere che, per la sua personalità, ha essa stessa influenzato e confortato san Francesco d’Assisi. I due si incontravano poche volte, mi pare una volta all’anno, ma la corrispondenza e l’incoraggiamento reciproci, lo scambio spirituale, li faceva vivere in sintonia. Erano dono uno verso l’altra.

Quest’anno, cosa mi colpisce soprattutto di Chiara?

Cosa univa santa Chiara a san Francesco?

La sua festa mi dà la possibilità di leggere e rileggere alcuni testi di Chiara. Da queste domande che mi pongo e da queste letture sottolineo in particolare tre raggi di luce, che illuminano il cammino della Chiesa, alle soglie del nuovo anno pastorale.

Prima raggio: Gesù suo sposo. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. Partiamo con una cosa che certamente distingueva Chiara da Francesco. Chiara, come Francesco, amava e coltivava la volontà di imitare Gesù. Gesù era davvero il suo sposo.

Ricordo il primo momento. Chiara, a 18 anni, guidata da un profondo desiderio di seguire Cristo e dall’ammirazione per Francesco, lasciò la casa paterna e, in compagnia di una sua amica, Bona di Guelfuccio, raggiunse segretamente i frati minori presso la piccola chiesa della Porziuncola. Era la sera della Domenica delle Palme del 1211. Mentre i suoi compagni tenevano in mano torce accese, Francesco le tagliò i capelli e Chiara indossò un rozzo abito penitenziale. Da quel momento era diventata la vergine sposa di Cristo, umile e povero, e a Lui totalmente si consacrava.

In una delle quattro lettere che Chiara invia a sant’Agnese di Praga, parla di Cristo, suo diletto Sposo, con espressioni nuziali, che possono magari stupire, ma che nel profondo commuovono: “Amandolo, siete casta, toccandolo, sarete più pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine. La sua potenza è più forte, la sua generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni grazia più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose… e vi ha incoronata con una corona d’oro incisa con il segno della santità” (Lettera prima: FF, 2862).

Come Chiara e le sue compagne, tante altre donne nel corso della storia sono state affascinate dall’amore per Cristo che, nella bellezza della sua Divina Persona, riempie il loro cuore. Eppure questo carisma non è un fatto personale, ma coinvolge tutta la chiesa. Lo diceva anche papa Benedetto: “la Chiesa tutta, per mezzo della mistica vocazione nuziale delle vergini consacrate, appare ciò che sarà per sempre: la Sposa bella e pura di Cristo.” Voi, spose di Cristo, rendete più visibile ciò che è la Chiesa: la Sposa di Cristo.”

L’ho già detto, nella mia vita, fin da piccolo, ho avuto la fortuna non solo di incontrare dei bravi preti, ma anche limpide figure di suore. Esse rendevano più bella la Chiesa e più convinto il mio amore per la chiesa. Sono stato fortunato? È stato un dono grande del Signore.

Chiedo a voi sorelle, spose di Cristo: aiutate la Chiesa, la nostra chiesa, ad essere più bella e accogliente, nel momento della convocazione, dell’intimità con Dio, perché si possa sempre dire: è bello per noi essere qui! Credo molto in una nuova e più convinta ministerialità delle donne nella chiesa: ma già ci sono le donne nella chiesa, queste siete voi!

Secondo raggio: Martirio bianco. “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.

Chiara coltivava un grande desiderio: diventare martire.

Quest’anno ricorre l’VIII centenario del martirio dei 5 frati francescani: i santi martiri subirono il loro martirio il 16 maggio 1220, quasi sette anni avanti la morte di san Francesco. Sant’Antonio ha deciso di diventare francescano vedendo i frati martirizzati in Marocco. Anche santa Chiara voleva morire martire. Ci sono testimonianze dirette, che lo attestano anche dopo 30 anni che, appena appresa la notizia, lei manifestava l’ intenzione di partire, destando viva e forte preoccupazione nelle sue sorelle; d’altronde era già scappata una volta di casa, poteva ripetersi magari andando proprio in Marocco…

Dal racconto delle Fonti sappiamo che santa Chiara “volentieri voleva sostenere el martirio per amore del Signore”; la vita a San Damiano e l’obbedienza alla realtà la porteranno a dare “testimonianza” secondo quello che viene chiamato “martirio bianco”: non sangue versato fisicamente, ma sofferenza costante per circa 29 anni di malattia, in quel “patire” che è la pazienza di una quotidianità fatta di… “penuria, povertà, fatica e tribolazione, ignominia, disprezzo del mondo”… come dice Chiara stessa nella Regola e nel Testamento!

Martirio bianco, dunque, è un martirio speciale, che diventa una testimonianza gioiosa e fedele. Se devo essere sincero, non mi piace affatto il senso di pesantezza o di fatica che talvolta noi religiosi trasmettiamo. Quasi che la nostra vita sia tutta una sofferenza. Cosa dovrebbero dire allora le mogli oppure i mariti, soprattutto in quelle famiglie dove c’è tensione e sofferenza? Vi ringrazio per questo martirio bianco che vivete. E che incoraggia tutti a vivere il martirio bianco, ciascuno nella propria vocazione. Voi nella vostra, ognuno nella sua. Fraternità e gioia in questo tempo di cambiamento e di povertà.

C’è stato in effetti nella vita di Chiara un momento in cui ha rischiato di morire martire, quando i saraceni hanno bussato al suo convento. E lei, sola con l’ostensione del Santissimo Sacramento, ha allontanato i soldati mercenari saraceni, che erano sul punto di aggredire il convento di san Damiano e di devastare la città di Assisi. Ma per il resto della vita, come tutti noi, ha vissuto il martirio bianco.

Terzo raggio: Sorella povertà. Con la colletta, abbiamo pregato: Dio misericordioso, che hai ispirato a santa Chiara un ardente amore per la povertà evangelica, per sua intercessione concedi anche a noi di seguire Cristo povero e umile,

per godere della tua visione nella perfetta letizia del tuo regno.

Chiara aveva un ardente amore per la povertà.

“Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”.

Domenica scorsa il papa ha chiesto “ai vescovi, ai sacerdoti e ai religiosi del Libano che stiano vicini al popolo e che vivano con uno stile di vita improntato alla povertà evangelica, senza lusso, perché il vostro popolo soffre, e soffre tanto. Voi avete scelto la povertà personale e comunitaria. Noi stiamo vivendo un momento difficile e stanno venendo meno tante sicurezze economiche. Aiutateci ad abbracciare sorella povertà come una ricchezza. La fragilità come una risorsa. Il voto della povertà non solo per fare la carità, ma per viverla come un valore: come vorrei una Chiesa povera per i poveri!

Viviamo tutti, anche voi, una stagione di profondi cambiamenti. Tante cose vengono meno. Stiamo diventando più poveri, anche di persone. Ci sono tanti modi per vivere questo momento, che può gettarci nella depressione. Ma, se cogliamo l’occasione, può essere una stagione da vivere con grande discernimento. Il Signore ci sta aiutando a puntare sull’essenziale: la persona di Gesù, il suo vangelo, la fraternità. Il Signore ci chiede di accorgerci delle risorse che abbiamo.

Nel vangelo che abbiamo ascoltato due domeniche fa, Gesù chiedeva ai suoi discepoli: quanti pani avete? In altre parole: cosa siete disposti a condividere?

E, chiedendo loro di organizzare le folle in piccoli gruppi da 50, chiedeva allo stesso tempo di mettersi a servizio della comunità.

Vi chiedo il favore di aiutarci a rispondere alla domanda di Gesù: quanti pani avete? Il prossimo anno pastorale tutti cercheremo di rispondere alla domanda di Gesù: quanti pani avete?

Infine, concludo con le parole di Papa Alessandro IV che canonizzò Chiara solo due anni dopo la morte, nel 1255; nella Bolla di canonizzazione così si esprimeva: “Quanto è vivida la potenza di questa luce e quanto forte è il chiarore di questa fonte luminosa. Invero, questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita claustrale e fuori irradiava bagliori luminosi; si raccoglieva in un angusto monastero, e fuori si spandeva quanto è vasto il mondo. Si custodiva dentro e si diffondeva fuori. Chiara infatti si nascondeva; ma la sua vita era rivelata a tutti. Chiara taceva, ma la sua fama gridava” (FF, 3284).

È l’augurio che vi faccio: di essere limpide, serene e fedeli all’amore di Gesù. Difficoltà, minacce, tempeste non vi devono scoraggiare, se davvero siamo uniti a Lui. Sono i nostri peccati e le nostre divisioni interne che dobbiamo temere, le nostre meschinità, ipocrisie e debolezze nella fede e nella carità. Santa Chiara vi illumini e vi incoraggi ad amare lo sposo, nella letizia e nella povertà.