Abbiamo terminato ringraziando il Signore, iniziamo ringraziando il Signore. Ieri sera abbiamo concluso l’anno 2021 ringraziando Dio per il dono della luce in mezzo a tante tenebre; per aver sperimentato la solidarietà e la bontà di tante persone che hanno compiuto il loro dovere fino in fondo. A favore anche di persone che non conoscevano. Abbiamo avuto il coraggio di cantare il Te Deum laudamus anche ieri sera per il 2021, con fatica e convinzione.
Oggi iniziamo il 2022 con lo stesso atteggiamento di gratitudine e di lode. Conserviamo e custodiamo questa parola e questo atteggiamento verso Dio e i fratelli.
Nel primo giorno dell’anno la liturgia celebra la Santa Madre di Dio, Maria, la Vergine di Nazareth che ha dato alla luce Gesù, il Salvatore. Quel Bambino è la benedizione di Dio per ogni uomo e donna, per i figli e figlie di Dio. Gesù non ha tolto il male dal mondo ma lo ha sconfitto alla radice con la sua morte e risurrezione. Per questo oggi la Madre di Dio ci benedice, e lo fa mostrandoci il Figlio. Oggi celebriamo la festa del nome di Gesù, che significa: “Il Signore salva”. Lo vediamo in tante rappresentazione di Maria, mentre lo tiene in braccio e ce lo indica. E così ci benedice. E anche oggi, in questo tempo, ci dice: è Lui che ci salva! E alle nozze di Cana dirà: fate quello che vi dira’!
Gesù, è la gloria di Dio e la pace per gli uomini (cfr Lc 2,14). È venuto a portare la pace, per tutti.
Da questo motivo San Papa Paolo VI ha deciso, 55 anni fa, di dedicare il primo giorno dell’anno alla pace, alla consapevolezza e alla responsabilità dei singoli e delle Istituzioni verso la pace.
Quest’anno il messaggio propone tre vie concrete per costruire la pace in modo duraturo. Per essere artigiani di pace in famiglia, nella scuola e nel lavoro.
Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi;
in secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo;
infine, il lavoro, per una piena realizzazione della dignità umana. Si tratta di tre elementi necessari per «dare vita ad un patto sociale», senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente. Se diventiamo artigiani di fraternità, potremo ritessere i fili di un mondo lacerato da guerre e violenze.
Nel Vangelo, i pastori sono nostri modelli di fede e di testimonianza. Di fede, perché credono senza vedere. Non vedono ciò che gli angeli hanno annunciato loro. Si mettono in viaggio, pensando di vedere un figlio di Re e trovano un bambino figlio di povera gente nato in un luogo di fortuna, in una mangiatoia, eppure se ne tornano lodando Dio per ciò che hanno visto e udito. Ecco, i pastori tornano a casa…
Tornando a casa, dovremmo girare le statuine del presepe perché il vangelo di oggi è il vangelo del ritorno a casa dei pastori. Non sono più inginocchiati davanti alla grotta, come a Natale, tornano a casa. Il loro posto lo prenderanno i Magi. I pastori oggi tornano a casa e fanno due cose: rendono lode a Dio, all’amore di Dio, alla sua misericordia e portano la pace ricevuta da Gesù.
“Gloria a Dio e Pace in terra agli uomini che Dio ama”.
La nostra vocazione di cristiani, la nostra chiamata a seguire Cristo via, verità e vita, è per tornare sulla strada, nella compagnia degli uomini. A seminare di verità la vita. La verità dell’amore e della riconciliazione, a seminare la pace vera. Pace che, per essere vera, deve essere vissuta nel dialogo fra le generazioni, non mettendole in contrasto, favorendo lo studio di tutti, la formazione permanente degli adulti e dei giovani. La scuola è importante. Mi piace sempre ricordare che in ogni missione nel mondo, trovate un servizio ai poveri e una scuola. Senza Caritas e scuola, non c’è una missione.
Anche noi, come i pastori, siamo stati convocati, qui e ora, per vedere con i nostri occhi e sentire con le nostre orecchie le meraviglie del Signore. Non vediamo un bambino, vediamo del pane spezzato e lo riconosciamo vivo e presente in noi (non in mezzo a noi, non è venuto per stare in mezzo a noi o davanti a noi, ma in noi…).
Il Signore ci ha chiamato perché vuole ripetere oggi ciò che era capitato ai pastori: la pace va portata concretamente da qualcuno. Cristo lo chiede oggi a noi, a ciascuno di noi. Nessuno ci può sostituire. Se non lo facciamo noi non lo fa nessun altro al nostro posto. Ognuno è un artigiano di pace.
Anche noi usciremo da questo incubo se tutti faranno la loro parte. Il Papa all’Angelus di oggi da detto: “Se diventiamo artigiani di fraternità, potremo ritessere i fili di un mondo lacerato da guerre e violenze”.
Anche nel cammino sinodale che è iniziato nella Chiesa, è Cristo che ci indica le strade della pace, della comunione, della fraternità, del rinnovamento. Mettiamoci in ascolto dello stesso annuncio: gloria a Dio e pace in terra, pace nella Chiesa. Dove e come? Quali passi compiuti e quali da compiere? Sono interrogativi non di poco conto. Insieme cercheremo risposte nella Parola del Signore.
Impariamo da Maria che serbava-custodiva tutto nel suo cuore. Meditava e ci tornava su. Non sempre ciò che succedeva in lei e attorno a lei era immediatamente comprensibile, ma non perdeva una parola, un segno di quello che le succedeva… e vedeva la volontà del Signore realizzarsi, giorno per giorno.
Cari fratelli e sorelle chiediamo la benedizione alla Santa Madre di Dio. Lei ci mostra Gesù: lasciamoci benedire, apriamo il cuore alla sua bontà. Così l’anno che inizia sarà un cammino di speranza e di pace, non a parole, ma attraverso gesti quotidiani di dialogo, di riconciliazione e di cura del creato.