Il Dio che ci fatto conoscere Gesù è un Dio che non manda avanti gli altri, ma paga di persona. Il Cristo ci ha messo del suo. Ha donato se stesso. “Egli entrò nel santuario non in virtù del sangue dei capri, ma del proprio sangue”.
Sull’esempio di Gesù, crediamo anche noi che la vita vale la pena di essere vissuta quando diventa dono.
Conta spendere la vita come dono. Questo è l’insegnamento di Gesù, che viene confermato nel Vangelo.
Non in teoria, ma con i fatti.
Ce lo ricorda il Vangelo dell’istituzione dell’Eucaristia.
Mangiando il Corpo di Cristo e bevendo il suo sangue, noi diventiamo Corpo di Cristo. Non è per far diventare il pane Corpo di Cristo che Gesù spezza il pane, ma perché noi, mangiando il suo Corpo e bevendo il suo sangue, diventiamo Corpo di Cristo.
Gesù, nel vangelo di Luca, conclude con un chiaro invito: “Fate questo in memoria di me!”
Rispondiamo a questo invito facendo nostre le parole del popolo d’Israele che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Quanto ha detto il Signore, noi lo eseguiremo!”.
Lo dico a me e a voi, sapendo che ne siamo tutti consapevoli. Ma abbiamo anche il compito di diffondere di più, fra di noi, questa consapevolezza: la nostra fede, senza l’Eucaristia domenicale, muore.
Il Corpo di Cristo formato dalle sue membra che siamo noi, si dissolve, se non si ritrova e si alimenta nella Pasqua settimanale.
L’Eucaristia del Corpus Domini con la processione che la segue è scuola di vita per la Chiesa e per la vita in generale.
Fra poco noi, popolo di Dio, usciremo da questa chiesa e renderemo visibile, per le strade della città, l’identità della Chiesa di Cristo.
- La Chiesa del Corpus Domini è una Chiesa in uscita.
Nel Vangelo i discepoli, con Gesù, “dopo aver cantato l’inno uscirono verso il monte degli Ulivi”.
Questo ricorda anche la Chiesa in uscita dopo la Pentecoste.
Prima ancora, la Chiesa in uscita dopo la prima messa della storia fuori del Cenacolo, celebrata ad Emmaus: i due discepoli di Emmaus escono, anzi fuggono, corrono, a riunirsi con l’altra porzione di Chiesa che avevano abbandonato!
- La Chiesa del Corpus domini è una Chiesa che cammina, anzi corre incontro al mondo, è una Chiesa che cammina insieme, con Cristo!
È realizzare il sogno di Cristo manifestato nella preghiera sacerdotale dell’Ultima cena: “Ti prego, o Padre, perché siano una cosa sola, come tu sei in me e io in Te”.
- La Chiesa del Corpus Domini è la Chiesa che diventa messaggio per il mondo: siamo tutti un’unica famiglia.
In questi giorni, come in tutte le campagne elettorali, dove ci si divide e ci si accanisce, la Chiesa del Corpus Domini lancia almeno due messaggi.
Vogliamo che non si dimentichino i poveri, quelli che non hanno voce, quelli che nasceranno.
E vogliamo che non si dimentichi mai che Dio è Padre di tutti e che siamo un’unica famiglia. Le proposte politiche hanno valore se diventano motivo di crescita per tutti, e non solo per alcuni. E non a scapito degli altri. La Chiesa del Corpus Domini è la Chiesa dove, al suo interno, ci sono tutte le nazioni, di ogni lingua e cultura e orientamenti; ci sono tutti (o quasi) gli orientamenti politici. Ci sono tutti! E c’è posto per tutti!
Come è possibile rimanere insieme, nell’amore e nella fraternità? Noi crediamo e riconosciamo che Cristo compie quotidianamente questo miracolo.
Ma prima di dare lezioni agli altri, ci chiediamo: come possiamo rendere visibile il Cristo nel mondo e nella storia, se non siamo in comunione con Lui e fra di noi?
A noi rimangono allora due compiti. Comunione e missione.
Innanzitutto, quello di rendere belle e coinvolgenti le celebrazioni domenicali. Perché siano esperienze forti, intense, non stanche, ripetitive e prive di conseguenze. Non sono i pochi fedeli della messa domenicale che ci devono preoccupare, ma la poca fede che la anima. Non confondiamo frequenza con partecipazione.
Ricordiamo la partecipazione alla prima messa della storia della chiesa fuori del Cenacolo e avvenuta ad Emmaus: erano in due! Ma la loro messa è stata trasformante.
Ed ecco l’altro compito. Vi dicevo della messa dei due discepoli di Emmaus, essi sono usciti ad annunciare l’incontro con Cristo, perché nel loro cuore ardeva la speranza di una nuova vita.
Abbiamo ancora nelle orecchie le parole di Gesù ascoltate domenica scorsa: andate e fate discepoli tutti i popoli. Gesù lo dice mentre essi però, nota il vangelo, dubitarono. Nonostante i dubbi, Gesù li invia lo stesso ad annunciare il vangelo nel mondo.
Cari fratelli e sorelle, il Signore ancora oggi, nonostante i nostri dubbi e le nostre paure, continua ad inviarci per essere presenti nella storia, ad inviarci nelle piazze e nelle strade del mondo per riaccendere la speranza nell’uomo d’oggi. E la speranza per noi è Cristo.
Leggevo in una omelia di don Francesco Ricci, che ricordiamo oggi, nel suo 33 anniversario della morte, un commento alla processione del Corpus Domini: “La festa del Corpus Domini, che ha una grandissima tradizione popolare, tende a riprendere il tema del permanere della “presenza reale” di Cristo nella storia, attraverso il sacramento dell'eucarestia. Questa “Presenza nella storia” viene espressa attraverso il gesto simbolico della processione, del pellegrinaggio del Corpo di Cristo per le strade dei paesi e delle città……Ma come ci faremo carico della domanda di speranza che c'è nell'uomo e nell'umanità? Formulando buone intenzioni nei momenti di raccoglimento e di contemplazione? … Il segno del bisogno di speranza è il dolore” (da un’omelia di don Francesco Ricci - 1983).
Il dolore, la mancanza di pace, la paura del futuro sono grida di invocazione alla speranza e alla pace.
Sì, è attraverso di noi che l’amore di Cristo si rende presente nella storia. Siamo noi che rendiamo visibile Cristo nel mondo.
Non arrendiamoci di fronte alle nostre fragilità e alle incomprensioni o ai rifiuti di coloro che ci incontrano.
Non tiriamoci indietro.
Noi esistiamo per portare Cristo nel mondo.
È la nostra missione.
Continuiamo a portare Cristo con l’amore e la fraternità concreta e condivisa. La processione di questa sera è collegata al nostro pellegrinaggio verso i fratelli e le sorelle che incontriamo ogni giorno.