OMELIA DEL VESCOVO NELLA MESSA DELLA FESTA DEI POPOLI
II domenica di Natale - 5 gennaio 2025
E IL VERBO SI E’ FATTO CARNE, E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI!
Il Giubileo Nuovo inizio. Il cristianesimo ricomincia sempre e apre davanti a noi un futuro inedito.
Il Giubileo come nuovo inizio, nuova opportunità offerta da Dio che con la sua misericordia ci dà la possibilità di ricominciare.
Credo che anche in questa crisi che il cristianesimo vive è possibile un nuovo inizio.
E la festa dei popoli è l’icona di una Chiesa che cammina, che nel pellegrinare su questa vita, rivolge il suo sguardo su Cristo che è sempre presente e vivo nella nostra vita.
Ha piantato la sua tenda in mezzo a noi!
Quello che conta è cercarlo, e Lui si farà trovare. Una stella, un angelo, ci indicheranno sempre la strada.
Quest’anno non celebriamo la messa dei popoli il giorno dell’Epifania ma la domenica, la seconda domenica dopo Natale.
Domani a quest’ora sarò in volo verso la Bolivia e vi ringrazio per aver anticipato la festa ad oggi. Non volevo perderla, ci tengo tanto condividere con voi questa messa.
È una bella immagine della Chiesa cattolica. Un mosaico di popoli, lingue, tradizioni diverse, unite dall’unica fede in Cristo.
Siamo un’unica fraternità, la fraternità cristiana. Grazie.
1.I migranti sono gli eredi dei Magi. Noi tutti siamo i discendenti dei Magi. Se il pellegrinaggio è un segno del Giubileo, i migranti come i Magi vivono il Giubileo.
I Magi sono coloro che cercano Gesù, fanno strada.
E trovano un Gesù piccolo, bambino, da custodire, da adorare, da amare. E sono pieni di gioia. Si lasciano guidare da una stella. Anche il creato è Parola di Dio.
La festa dell’epifania è la festa dell’apertura di Dio a tutti i popoli del mondo. In loro, noi tutti siamo rappresentati.
“Tutte le genti verranno ad adorarti, Signore”. Quante volte lo cantiamo nei Vespri, la festa.
Essere diversi, è bello. Nella varietà si manifesta la ricchezza e la fantasia di Dio. Non siamo fatti con un unico stampo. Siamo unici e originali. La diversità è una ricchezza ma è anche una responsabilità.
Domani celebriamo la festa dell’Epifania.
Ma non occorre aspettare i Magi, per riconoscere che Cristo è venuto per tutti.
Non ci fosse l’episodio dei Magi che, unico fra gli evangelisti Luca ci riporta, in ogni caso sappiamo che Cristo, il Figlio di Dio è venuto a rivelarci che noi siamo figli di un Dio che è Padre di tutti.
A Credere che siamo figli e perciò fratelli è un atto di fede.
Non siamo accogliente verso gli immigrati perché siamo buoni o perché loro sono buoni. Siamo accoglienti perché fratelli. Ma perché siamo tutti immigrati e tutti siamo figli di Dio.
Siamo immigrati in questo mondo, venendo da un altro mondo, dal buio della non vita alla vita.
Siamo immigrati perché tutti veniamo da un’altra terra chi recentemente chi da secoli. La terra per migliaia di anni è stata senza la presenza dell’uomo.
La terra non è nostra ma è di Dio. Siamo tutti figli di Dio.
Gli immigrati ci sono sempre stati. Gli italiani sono stati fino a pochi decenni fa un popolo di emigranti. Il benessere cresciuto anche per merito dei nostri emigranti del passato (ma anche del presente), ha consentito di diventare destinatari di immigrati.
Ma gli immigrati sono sempre stati, ovunque, accolti con diffidenza, ostilità e talvolta con il rifiuto.
Ma se noi cristiani non riusciamo ad accogliere come fratelli e sorelle i nuovi arrivati a che cosa serve la nostra fede? Se non riusciamo a vedere nell’altro un figlio di Dio, a cosa serve la nostra fede?
È una questione di fede, due volte è una questione di fede.
1. Il vangelo è molto semplice: il cuore della nostra fede è l’annuncio gioioso che Dio è nostro Padre e noi siamo fratelli.
Il rifiuto dell’immigrato è rifiuto di Dio. Gesù stesso è stato un profugo, è scappato in Egitto, ha vissuto l’esperienza del profugo. “Ogni volta…”
2. C’è anche un motivo in più. Fossero anche tutti di un’altra fede e religione gli immigrati sono comunque nostri fratelli perché figli di Dio. Ma la maggioranza dei migranti nel mondo sono anche cristiani! E pure cattolici.
Cari fratelli e sorelle, è una questione di fede, prima ancora che di politica o economia, l’accoglienza.
Poi, certo, occorre fare i conti con le possibilità. Sono convinto che costa più respingere che accogliere e integrare.
La prima e vera accoglienza è non costringere nessuno a immigrare.
La Chiesa da secoli, ma in particolare gli ultimi decenni, eroga centinaia di milioni, attraverso i missionari, le missionarie e le chiese locali, a sostegno dello sviluppo delle popolazioni povere. La nostra diocesi sostiene progetti a Wajir, Libano, Madagascar ecc…
Ma anche il sostegno e l’accompagnamento qui sul nostro territorio con spirito umanitario favorisce la pace e lo sviluppo anche della nostra economia.
Ho visto gli ospiti della mensa Caritas il giorno di Natale e quelli della mensa san Francesco l’altro giorno: sono giovani. Posso e potrebbero lavorare. Ma andrebbero affidati non alla Caritas ma ad organismi che se ne occupano per il loro inserimento.
Giubileo.
Nel Messaggio per la 110ª giornata mondiale del profugo e rifugiato 2024, intitolato Dio cammina con il suo popolo papa FRANCESCO scriveva: “L’accento posto sulla sua dimensione sinodale permette alla Chiesa di riscoprire la propria natura itinerante, di popolo di Dio in cammino nella storia, peregrinante, diremmo “migrante” verso il Regno dei cieli” (cfr L.G., 49).
“E’ possibile vedere nei migranti del nostro tempo, come in quelli di ogni epoca, un’immagine viva del popolo di Dio in cammino verso la patria eterna. I loro viaggi di speranza ci ricordano che «la nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo» (Fil 3,20).”
“Le due immagini – quella dell’esodo biblico e quella dei migranti – presentano diverse analogie. Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè, i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo. Come gli ebrei nel deserto, i migranti trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione“.
Cari fratelli e sorelle, accogliamoci reciprocamente come fratelli e sorelle, perché tutti, tutti, siamo figli di Dio.