Omelia del Vescovo nella Messa della festa dell'Esaltazione della Croce
(13 settembre 2024 - Cattedrale di Forlì)
La potenza delle Parola di Dio di questa sera è accompagnata dalla forza delle immagini, e delle testimonianze e dagli eventi che stiamo vivendo.
Le Parole che abbiamo ascoltato sono forti.
Averle ascoltate altre volte non ci aiuta e stende su di esse una coltre di polvere che andrebbe anch’essa tolta come per i restauri. Dobbiamo sempre intervenire con una azione quotidiana di manutenzione affinché le parole e gli ideali non perdano la loro vivacità. Non si spengano e sbiadiscano.
Riascoltiamo il Vangelo: “e come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.
Chi crede in Lui ha la vita eterna. Parole impegnative. Non promettono cose da poco: promettono, anzi, garantiscono, la vita eterna.
Tutto il brano della prima lettura è il commento più adatto alle immagini che abbiamo davanti a noi. L’affresco con il rinvenimento della croce a Gerusalemme e il Cristo Trionfante.
Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
Gesù Cristo è Signore,
a gloria di Dio Padre.
Alla potenza della Parola e delle immagini, non dimentichiamo la forza delle testimonianze.
Come le Parole sono state di ispirazione agli artisti per creare le opere d’arte che vediamo, hanno anche ispirato la vita di uomini e di donne che lungo i secoli hanno dato carne e sangue a queste parole.
Ricordiamo questa sera, in particolare, Beata Benedetta Bianchi Porro, che 5 anni fa, proprio qui venne proclamata beata dalla Chiesa.
Nella sua vita ha saputo accogliere la sua vita come dono, trasformando le sue sofferenze in amore per coloro che incontrava. Una volta disse: la Santa Croce al cielo è sollevata per tutti noi, E, ancora: la Croce è il senso di tutto.
Con Benedetta ricordiamo altre testimoni dell’amore di Cristo che si dona fino in fondo: Beata Clelia, Annalena Tonelli. E ricordiamo Martino, in memoria del quale è stato restaurato questo crocifisso, con le parole ancora di Benedetta: in ogni dolore è la Croce santa di Gesù.
Tra i testimoni, permettete che aggiunga anche un rifugiato in fuga dalla sua città, e che lo immaginiamo in ginocchio pregare per la sua famiglia e i suoi cari davanti a questa immagine che certo le parlava di dolore ma anche di speranza nella risurrezione, Dante Alighieri.
Questo crocifisso diventerà il Crocifisso del Giubileo.
Il restauro dell’opera avviene alla vigilia dell’Anno Santo dell’Incarnazione e prevede, come segno peculiare della solenne apertura dell’Anno Giubilare il pellegrinaggio con l’ingresso processionale della Chiesa diocesana dietro la croce all’interno della Cattedrale dove il pastore della Diocesi svolge il suo magistero.
“Esso è il segno del cammino di speranza del popolo pellegrinante dietro la croce di Cristo, come raffigurato nel logo del Giubileo, …. segno della speranza che non delude perché fondata sull’amore di Dio, misericordioso e fedele” (Papa Francesco).
Non riusciremo a portarlo, ma il Cristo trionfante accoglierà tutti i pellegrini che durante l’anno si ritroveranno al termine dei loro pellegrinaggi diocesani per conseguire l’indulgenza plenaria giubilare.
Il restauro ci ha restituito un crocifisso con gli occhi aperti, segno visibile di Cristo risorto.
Sia anche per noi di sostegno alla nostra fede. E ci sia di incoraggiamento a guardare con gli occhi suoi, severi ma sereni e fiduciosi che Lui è sempre vivo e cammina con noi.
Siamo forse scossi e impauriti, dai tanti problemi che ogni giorno ci travolgono. Ma, con Lui, non saremo smarriti, né tiepidi. Fidiamoci delle sue parole, di quando disse: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. Ma dalla sua morte ne uscì vincitore. Questo è il nostro destino!