Omelia nella Messa della Festa della Madonna del Carmine 2024

15/07/2024
Festa della Madonna del Carmine
XV domenica anno B – 14 luglio 2024

Ci lasciamo illuminare e guidare dalle letture della XV domenica per vivere la festa della Madonna del Carmine, in questa chiesa così bella e accogliente ma anche segnata dalle difficoltà del tempo presente. Una chiesa che abbiamo iniziato a restaurare, abbiamo appena iniziato, ma il cammino continua. Come stiamo cercando di fare come comunità cristiana. E Maria ci incoraggia.
Cosa ci dicono le letture di oggi?
Noi siamo chiamati da Dio per una missione.
Il Signore chiama e manda profeti per salvare il popolo dalla rovina. Anche Amos aveva ricevuto questo compito e si era speso per mettere tutti in guardia dal pericolo della fine del Regno di Israele; come risposta alle sue parole, il sacerdote Amasia lo caccia dal tempio, ma Amos replica dicendo di essere stato chiamato dal Signore. Egli aveva due lavori redditizi: era un mandriano e un coltivatore di sicomori. Questo sapeva fare. E il Signore lo ha chiamato forse proprio per questo.
Cosa fa un raccoglitore di sicomori? Taglia il frutto, lo punge; lo ferisce per farlo maturare. Se tagliato al momento giusto, il frutto diventa gustoso. Il profeta ha il compito di pungere, di tagliare, costringere a trasformarsi, a maturare.
Anche Gesù manda i suoi discepoli.
E li manda a pungere. Per avvertire, per favorire il cambiamento, per portare frutti buoni.
Diversamente dalla vicenda di Amos, Gesù non manda i suoi discepoli da soli. Li manda a due a due. Senza portare nulla con sé, ricchi soltanto della propria esperienza.
Per ricordarci che non siamo noi i titolari della missione. Essere in due ha una valenza giuridica precisa: sono testimoni di un fatto. Due, è il numero minimo per la validità di una testimonianza; due è il numero per il quale Gesù promette la sua presenza (Mt 18,20); l’elenco dei dodici è divisi per gruppi di due, fin dall’inizio.
Due, infine, evita la “non bontà” dell’essere solo, secondo la parola della Genesi (Gen 2,18).
Nella prima comunità ci sono diverse coppie di missionari: Pietro e Giovanni (At 3,1), Barnaba e Saulo (At 11,30), Giuda e Sila (At 15,22), Barnaba e Marco (At 15,39), Paolo e Sila (At 15,40), Aquila e Priscilla…
Possiamo concludere dicendo che nella missione il fratello è l’unica ricchezza che i Dodici (e con loro tutti i missionari) hanno.
Poco dopo, Gesù dirà di non portare due tuniche, di non avere una bisaccia. Chiede di essere poveri, di contare solo sul Vangelo da annunciare e sul fratello che ti accompagna.
Non portare nulla con sé significa anche che la missione è di breve durata; perché questa sottolineatura? Per ribadire un aspetto fondamentale: i discepoli devono tornare a riunirsi con il resto della comunità.
La comunità si espande per un tempo, ma la missione non rompe la comunità che anzi si ricompone per condividere, per ritrovare forza e ancora ripartire.
Siamo chiamati per una missione non per viverla da soli ma insieme.
Questo messaggio vale per tutti i cristiani. Siamo tutti chiamati e inviati.
Ma vale in particolare per coloro che hanno dei ministeri nella comunità. Siamo liberi dalle cose non siamo battitori liberi.
La testimonianza e la missione è di tutta la comunità.
Domenica scorsa ero a Trieste per la settimana sociale. Spesso ricorreva il ritornello dall’io al noi. I piccoli gruppi, le fraternità, le associazioni, le parrocchie, si ricordino sempre che siamo Chiesa, membra dell’unico corpo di Cristo. Che il corpo vive se è unito. Erano un cuor solo ed un’anima sola. La nostra missione è l’unità fra di noi fratelli e sorelle.
E Maria?
Anche Maria è stata chiamata per una missione.
E la sua missione è stata la fraternità. Fin dall’inizio andando da Elisabetta, ha cercato alleanze e condivisione.
Maria è madre della Chiesa, come è del corpo di Cristo.
Come è stata protagonista nella nascita di Cristo, così era presente al momento del parto della Chiesa, nata nel cenacolo dove gli apostoli erano riuniti: lo Spirito Santo, scendendo su di loro, animò la Chiesa e da lì saranno una sola Chiesa, un cuor solo e un’anima sola, anche quando lasceranno la stanza per andare a testimoniare la salvezza che Cristo è venuto a portare. Essi sono mandati nel mondo a scacciare gli spiriti immondi, a scacciare gli spiriti della disunione, dell’individualismo, della chiusura al fratello.
Questo è anche il desiderio di Maria per noi: ci vuole uniti.
Come ai camerieri di Cana, anche a noi raccomanda: tutto quello che vi chiede, fatelo!
Conclusione: Il Signore ci ha chiamati per una missione. Il primo passo della missione è la fraternità. Lo stile della missione è la fraternità vissuta nella libertà.
Nella missione ci scontriamo con gli spiriti maligni. Gesù ha lottato contro il male; apparentemente ha perduto, ma alla fine chi ha vinto è stato Lui. Anche noi siamo chiamati a lottare contro il male e a non arrenderci.
Maria non è arresa, anzi.
Noi sogniamo che la fede ci dia tranquillità e pace. Non è così: è lotta! Sempre e di tutti!
La Madonna del Carmine ci ricorda il monte Carmelo.
Per stare con Dio, per ascoltarlo e per poi mettere in pratica la sua parola ci vuol tempo. Silenzio e tempo.
Per le cose importanti, il tempo lo troviamo.
Se non abbiamo tempo per il Signore non servono tante motivazioni, significa che non lo riteniamo importante.
È interessante notare come Gesù inviti i Dodici a non insistere. A non fare sconti, se non vi accolgono lasciate perdere. Scuotere la polvere è come dire: faremo strade diverse. Ognuno per la sua strada. Coltiviamo quelli che ci stanno. Continuiamo la missione, ma poi coltiviamo coloro che ci stanno, pochi o tanti che siano.
Anche oggi emerge l’immagine di una Chiesa in movimento, in cammino, che incontra unita e libera.
Siamo chiamati per una missione e la missione è credibile se noi per primi siamo uniti. Pochi o tanti, non conta. Conta la comunione, la gioia di stare insieme e la fiducia in Dio che più forte del maligno. Sull’esempio di Maria, donna del cammino e del servizio.