1° maggio 2023
Siracide, 2,4-11 – 2 Cor. 4, 10-18 – Matteo 7, 7-14
“Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose, perché con il fuoco si prova l’oro.” (Sir. 2,4)
Le prime parole del secondo capitolo tratte dall’antico libro del Siracide sono di grande consolazione ma anche mi provocano un certo smarrimento.
Pochi versetti prima, Ben Sirà aveva messo in guardia il destinatario delle sue raccomandazioni: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova.” (Sir. 2,1-2)
Mi provocano smarrimento perché servire il Signore dovrebbe mettermi al riparo da prove, sofferenze, tentazioni. E, invece, questo non accade. Ma cosa si intende quando si parla di tentazione? La madre di tutte le tentazioni, come diceva papa Benedetto XVI, è mettersi al posto di Dio. È un rischio del credente. Quindi non fidarsi di Lui. Non credere più nella sua vicinanza, nel suo amore e interesse verso di noi. Quando siamo tentati di pensare che Lui ci lasci soffrire e che non gli interessi niente di noi.
È quello che successe al primo Pellegrino, quando voleva decidere della sua vita senza Dio; aveva ceduto alla tentazione della violenza e dell’irruenza, quando dileggiò (o forse picchiò) il Superiore generale dell'Ordine dei Servi di Maria, Filippo Benizi, mandato dal papa, un frate, ma poi si pentì.
E quando la malattia lo raggiunse, quando era a servizio della lode di Dio come frate, non si smarrì, non cedette alla tentazione di vedere nella malattia un castigo di Dio, e fu premiato. Per sua e nostra consolazione.
Nella seconda lettura, un brano della seconda lettera di san Paolo ai Corinti, c’è un passaggio molto bello che credo commenti e confermi la vita di san Pellegrino: “Siamo convinti – dice san Paolo – che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi”. “Tutto, infatti, è per voi perché la grazia moltiplichi l’inno di lode alla gloria di Dio”.
San Pellegrino ha vissuto l’esperienza di due risurrezioni terrene: quando ha vinto la violenza con la misericordia e quando ha vinto la malattia con la grazia di Dio. Doni di grazia che gli hanno cambiato la vita e sono diventati risorsa per gli altri.
La forza della sua testimonianza le armi della fede con le quali ha combattuto contro le tentazioni della sua vita sono state la preghiera e l’umiltà.
San Pellegrino non era nessuno nel suo convento. Eppure, è lui ad essere diventato santo. La sapienza della chiesa ha individuato in lui il più vicino alla via del Vangelo. È importante questa indicazione: la Chiesa si dimostra maestra e madre. Orienta i suoi figli. Ognuno, nella propria libertà, raccoglie o meno la segnaletica stradale. La si può ignorare, o disprezzare, ma c’è.
La vita di san Pellegrino è di attualità anche nella preghiera. Forse questo sembra più facile comprenderlo, perché tutti i religiosi pregano.
Ma che senso ha la preghiera, a che cosa serve?
Nel vangelo, Gesù dice e rassicura: “Chiedete vi sarà dato; cercate e troverete”. Abbiate fiducia: perché vi rivolgete a uno che vi vuole bene. Vi ama. Il primo frutto della preghiera è la conferma della paternità divina.
Non sempre ci pare di ricevere quello che chiediamo. Ma il Signore non ci abbandona. La vita di san Pellegrino testimonia la sua fiducia e la vicinanza di Dio. Nei giorni scorsi, papa Francesco ricordava lo stile di Dio in tre parole: vicinanza, compassione e tenerezza.
San Pellegrino è nato intorno al 1265 ed è morto nel 1345, quindi a cavallo del Trecento. Un secolo dove convivono santità e crudeltà, pestilenze, guerre e atti di eroismo. Con personaggi a lui contemporanei e famosi, come san Francesco, san Domenico, Dante Alighieri, sant’Antonio. Anche i fondatori dell’ordine religioso dei Servi di Maria vissero fino alla seconda metà del XIV secolo. L’ultimo dei santi Fondatori, Alessio Falconieri, il più noto dei sette santi, morì ultracentenario nel 1310. San Pellegrino muore nel 1345. Anche se si dovette aspettare molti anni per la loro canonizzazione. Nel 1888 fu riconosciuta la santità della vita dei Fondatori e nel 1726 la Chiesa proclamò Pellegrino santo. Quindi, fra tre anni, ricorreranno i trecento anni della canonizzazione di san Pellegrino.
A questo proposito, dovremo prima o poi chiarire il significato di santità nella chiesa. La ragione di fondo è la Parola stessa di Dio che ci esorta: Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19, 2).
Noi creature di Dio, creati a immagine e somiglianza di Dio, saremo in pace quanto più saremo ciò che siamo: figli di Dio.
Nella nostra comunità abbiamo ereditato alcuni testimoni che ha dovuto affrontare la prova della sofferenza: Benedetta, Pellegrino. Per certi versi anche Annalena. Ha dato la vita per soccorrere i malati e i sofferenti.
Ed è giusto che valorizziamo la loro vita dal punto di vita spirituale, culturale e medico.
Nei prossimi giorni ci sarà un convegno su questo. L’attualità di san Pellegrino la ritroviamo ogni volta che dobbiamo dare una risposta di senso alla sofferenza e alla malattia. Direttamente o nei nostri parenti o amici.
È un dramma di sempre, anche dal punto di vista della fede. Pellegrino ci indica un sentiero. Preghiamo per vincere la battaglia della malattia, con tutti i mezzi. Ma la sfida è custodire la dignità di uomini e di donne anche nella malattia. È l’insegnamento di Pellegrino, di Benedetta, di Annalena. Di tutti i discepoli di Gesù.
Sabato 29 abbiamo ricordato santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa, dottore della Chiesa, patrona delle infermiere della Croce rossa. Una grandissima donna e una grande santa. Morta a 33 anni! Oggi la chiesa universale celebra la Giornata dei lavoratori, pregando e ricordando San Giuseppe, sposo di Maria, padre terreno di Gesù, lavoratore e patrono della chiesa universale.
Nel pomeriggio festeggeremo i 125 anni dell’inizio dell’avventura, avviata da suor Serafina Farolfi, delle suore clarisse francescane missionarie del santissimo sacramento.
San Pellegrino da Forlì, San Giuseppe di Nazareth, Santa Caterina da Siena, continuate a pregare per noi.
Siete dei fari che ci illuminano e ci incoraggiano a percorrere la strada della vita, fidandoci di Dio, sempre, anche nelle sofferenze. E noi continueremo ad imitarvi sulla via che voi avete tracciato con la vostra fede, speranza e carità. Per la salute e la salvezza di tutti.