Omelia nella Veglia Pasquale 2024

02/04/2024
“O Padre, che per mezzo del Figlio ci hai comunicato la fiamma viva del tuo fulgore, mediante le feste pasquali accendi in noi il desiderio del cielo, perché possiamo giungere alla festa dello splendore eterno”.
Sono le parole con quali il sacerdote benedice il fuoco. Al fuoco abbiamo acceso le nostre candele. Sono parole che hanno riacceso il desiderio del cielo ai primi discepoli e questa sera anche a noi.

In attesa dello splendore eterno, dobbiamo fare i conti con la nostra vita di tutti i giorni.
Nel vangelo che abbiamo letto sono altre le circostanze e i sentimenti che prevalgono sulle donne che si recano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù con oli aromatici: il buio, la preoccupazione della pietra e la paura dello sconosciuto nel sepolcro. Ma esse non sono definitive.

Inizia già ad albeggiare e la luce prende il posto del buio, la pietra è stata ribaltata e la paura, anche se rimane, è illuminata dall’annuncio. Sotto i loro occhi avviene la svolta della storia alla quale per primi gli stessi discepoli non credevano.
L’arresto, la condanna e la crocifissione avevano chiuso la vicenda umana di Gesù. Anche i suoi discepoli lo avevano lasciato solo. Tutti lo avevano abbandonato. Tranne alcune donne e Giovanni.
Ma, mentre gli uomini hanno abbandonato Gesù, Dio non abbandona i suoi figli.
In questa notte celebriamo il creatore che non smette di continuare a creare vita e futuro per i suoi figli anche nel mezzo del buio più fitto.

È il duello pasquale, cari fratelli e sorelle. Gli uomini continuano a non credere che la pace che Dio è venuto a portare sia possibile, ma Dio non si arrende: la prima parola di Cristo risorto è pace. Dio non getta la spugna, non si chiude nel suo cielo, non resetta tutto.
Ricomincia sempre, per noi e con noi.
Non perde tempo a castigarci, a rimproverarci, ma dà appuntamento per ripartire.
Come ripartire? Il vangelo ci propone la figura di un giovane, di una tomba vuota e di andare in Galilea.

Un giovane. Non è angelo, ma un giovane. Più di coloro che sono anziani, i giovani sono più portati a guardare al futuro con speranza. Giovani sono, ad esempio, i nostri catecumeni che riceveranno il battesimo. Sono i giovani delle nostre comunità.
E il giovane, non a caso, vestito di una vesta bianca, seduto sui bordi della tomba vuota, si rivolge alle donne impaurite e smarrite dicendo: “Non abbiate paura. Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove lo avevano posto”.
Il giovane annuncia che il Crocifisso è Risorto.
Sono parole che sentiamo rivolte anche a noi oggi.

Molti hanno partecipato, ieri sera, alla Via Crucis. Abbiamo fatto memoria della morte e crocifissione di Gesù e nel suo dolore abbiamo visto riassunti i dolori e le angosce degli uomini di oggi. Ma il crocifisso è vivo e ci vuole vivi.
Nella sua testimonianza, ieri sera, il card. Pizzaballa, ci raccomandava “di non lasciarci soffocare dal nostro dolore, di riuscire ad alzare il nostro sguardo e guardare anche al dolore degli altri” (scarica la trascrizione del Messaggio completo del card. Pizzaballa).

Ma chi ci ribalterà la pietra che soffoca la nostra capacità di vivere una vita piena, nella fraternità, nella pace e nella giustizia? Come facciamo, da dove ripartire?
Il giovane seduto sull’orlo del sepolcro si rivolge alle donne dicendo: “Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”.

Cosa significa: “Egli vi precede in Galilea”?
Ricordiamo cos’era successo in Galilea: era luogo d’inizio della missione di Gesù.
E’ dalla Galilea dove tutto era iniziato, e da lì bisogna ripartire. Dal rimetterci a camminare insieme seguendo Gesù e la sua Parola.
Nella notte di Pasqua risorge Cristo e con Lui risorge la Chiesa.

Egli chiama ancora oggi i suoi discepoli e li manda nel mondo, per annunciare la gioia di Cristo risorto. Ci manda a generare speranza per tutti.
Sono contento che voi siate qui. Perché avete accolto l’invito di Gesù ad essere artigiani di speranza, a generare speranza quando ancora c’è buio su questa terra.
È quando c’è buio che vedono le stelle…
Non si viene in Chiesa e alla veglia pasquale, senza risentire la chiamata rivolta a tutti e ciascuno, l’appello: andate!

E lo dico a me, prima ancora che a voi: Non abbiate paura, Cristo è risorto! andategli incontro Lui vi aspetta. E vi vuole nella fraternità e nella pace.
Nel cammino sinodale di questi anni, la Chiesa ha riscoperto, con il dono della comunione e della missione, anche il dono essenziale della partecipazione. Il dono che sgretola la minaccia, la via dolorosa dell’individualismo.

Cari fratelli e sorelle, accogliamo l’invito di Gesù di ripartire insieme. Scoperchiamo la pietra dell’individualismo: il Signore ci precede tutti in Galilea. Accogliamolo è Lui la nostra salvezza.

Nel cortile dell’episcopio forlivese c’è un albero bagolaro, detto anche “spaccasassi”, che sembra morto. In realtà non è morto, ma è stato potato!
Mi pare possa essere una metafora anche della Chiesa di oggi. Ci diceva il Papa, durante la visita ad limina: “Togliete quello che non serve (senza vergognarvi della nostra storia) e fate crescere il nuovo (senza confonderli!). Coraggio e non abbiate paura dei cambiamenti”.

Aggiungo: come in altre epoche della storia della Chiesa, il Signore ci sta potando, non sradicando. Lasciamo scorrere la linfa di Cristo! La linfa, il sangue di Cristo alimenti la nostra speranza e il nostro impegno.

Auguri e buona Pasqua a tutti