O Dio, che in san Pellegrino ci hai proposto un esempio di penitenza e di pazienza, concedi anche a noi, per sua intercessione, di sopportare con fortezza le prove della vita, in continua e gioiosa tensione verso il regno dei cieli.
Figlio, accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose. Affidati a Lui ed egli ti aiuterà.
In questo brano tratto dal libro del Siracide, che abbiamo appena ascoltato, si invita alla pazienza. Anche nella preghiera iniziale, la liturgia di oggi ci ha invitato a pregare Dio affinché conceda anche a noi la capacità di imitare san Pellegrino, che ci viene proposto quale esempio di penitenza e di pazienza. Abbiamo rivolto a Dio proprio questa invocazione: concedi anche a noi, per sua intercessione, di sopportare con fortezza le prove della vita.
Mi è parsa sorprendente, e nello stesso tempo consolante, questa bella preghiera.
Sorprendente, perché era più facile aspettarsi una preghiera con la richiesta di guarigione dalle malattie, di liberazione dai mali fisici e morali.
Non è forse san Pellegrino invocato quotidianamente qui, in questa basilica e nel mondo intero, in particolare dove sono presenti i servi di Maria (e non solo), invocato dagli ammalati, e dagli ammalati gravi, per il dono della salute e della guarigione?
Non sono tanti gli episodi in cui queste preghiere sono state esaudite?
Eppure, la preghiera iniziale invoca la pazienza. La pazienza e la virtù della fortezza nella prova.
Ma è così importante la virtù della pazienza? È proprio necessario invocare la fortezza e la pazienza nelle prove?
Evidentemente sì! Basti vedere quante prove abbiamo dovuto sopportare e stiamo sopportando, in questi anni e in questi mesi! Nuove prove, e nuove calamità.
È tanto più significativa la preghiera che ci invita ad imitare la pazienza di san Pellegrino, sapendo che il santo dei forlivesi, non era per niente paziente.
La sua biografia inizia con uno schiaffo dato con forza e impulsività al superiore dei servi di Maria, padre Filippo Benizi, mandato dal papa in missione di pace a Forlì nel 1284.
È possibile diventare pazienti anche per coloro che hanno un carattere impaziente. E questo è consolante.
Quante volte sento dire: sono fatto così.
Anche san Pellegrino era fatto così. Ma poi con il lavoro sul proprio carattere è migliorato. Ha saputo incanalare le caratteristiche del suo temperamento, senza annullarle, al servizio di Dio e dei fratelli. Non dimentichiamo che san Pellegrino è andato poi a cercare padre Filippo per chiedergli scusa. E lo ha raggiunto, dicono le cronache, fuori città, nei pressi del Ronco.
Non sono tanto di moda oggi le virtù della pazienza e della costanza. Forse non lo sono mai state. Ma ne abbiamo bisogno.
Ma cosa si intende per fortezza e pazienza nelle prove?
È la tenacia nel fare il bene!
Il paziente è uno che non si arrende, non è uno che non si dà per sconfitto. Non si rassegna al male.
Ma crede che è possibile vincere il male con il bene.
E da dove attingiamo la forza per essere pazienti?
Lo abbiamo ascoltato, per esempio, nella seconda lettura di san Paolo apostolo ai Corinti: animati dallo spirito di fede, crediamo che colui che ha risuscitato Cristo dai morti risusciterà anche noi. La sorgente della nostra speranza e della nostra pazienza è la risurrezione di Cristo. E nostra risurrezione. E questo ci mette in continua e gioiosa tensione verso il regno dei cieli.
La presenza di Cristo risorto, vivo e attivo in mezzo a noi, ci consente di non perdere la speranza e la pazienza. Egli ci aiuta a potenziare quella tenacia interiore e quella resistenza dell’animo che ci permettono di non disperare nell’attesa di un bene che tarda a venire, ma di aspettarlo, anzi, di prepararne la venuta con fiducia operosa.
Non vogliamo darla vinta al male, alla cattiveria, alla guerra, alla violenza… la guarigione del cuore preceda e accompagni ogni nostra richiesta di guarigione del corpo dalle malattie.
Fratelli e sorelle, non ci siamo arresi durante la pandemia, abbiamo sperimentato che l’unione ha fatto la forza. Quando Gesù è nella barca con noi, sapremo affrontare tutte le tempeste.
Diversamente, abbiamo visto che la mancanza di pace e di fraternità crea più lutti e sofferenze delle stesse malattie.
San Pellegrino era un santo vissuto in un’epoca non facile. Anche allora c’erano lotte, guerre, malattie, divisioni. Non dimentichiamo il sanguinoso mucchio, di cui parla Dante avvenuto due anni prima dello schiaffo di san Pellegrino a san Benizi! Il male sembrava prevalere sul bene. Il contrasto tra queste forze era continuo. Mi piace ricordare che san Pellegrino era contemporaneo di Dante Alighieri e del beato Marcolino, per fare solo due esempi, erano contemporanei…
In ogni epoca il Signore non ha fatto mancare i profeti, i santi, uomini e donne che hanno lottato contro le malattie di allora.
La reazione paziente e determinata contro il male trova la sua sorgente nella preghiera. Una preghiera che trasforma chi vi si immerge. Il vangelo di Matteo ce lo ha ricordato. Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Ho trovato consolante la grande partecipazione alle celebrazioni della settimana santa, alla Consacrazione alla Madonna. Non sono soltanto parole, sono dichiarazioni di disponibilità ad essere uomini e donne di pace, nonostante tutto.
A non cedere alla tentazione di odiare il nemico. A non cedere alla tentazione di rispondere al male con il male, ma al male con il bene. A non cadere nella rassegnazione.
Indicano il desiderio e la volontà di non ripiegarsi su di sé o di pensare solo a se stessi.
San Pellegrino, anche nei momenti della sofferenza più atroce, non si è tirato indietro dalla preghiera e dall’amore verso i fratelli. Sono virtù semplici e alla portata di tutti. Non servono particolari abilità o straordinaria preparazione. Preghiera personale e comunitaria, vangelo, servizio al prossimo, vita di comunità fraterna: ecco i quattro capisaldi validi fin dagli inizi della comunità cristiana. I membri della prima comunità cristiana “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”.
Anche il cammino sinodale si è collocato sulla scia di questa esperienza, che non si è mai interrotta e che oggi vogliamo portare avanti per la nostra salvezza e per la salvezza del mondo intero.
Sentiamo l’attualità delle litanie e le preghiamo anche noi: da peste fame et bello libera nos Domine!
Liberaci, o Signore, liberaci dalle epidemie, dalla miseria, dalla guerra, dalle falsità delle eresie. Siamo consapevoli che la liberazione da questi mali non sarà istantanea, ci vuole la pazienza di consentire la guarigione di tutti i cuori. Liberaci Signore, dalla rassegnazione di fronte al male. Insegnaci la pazienza e la fortezza che ha saputo conquistare vincendo il suo carattere impulsivo e nella malattia ha saputo testimoniare in vita il nostro patrono san Pellegrino. Amen.