Omelie di Natale 2022

27/12/2022

OMELIA DEL VESCOVO
Notte di Natale 24 dicembre 2022


Cari fratelli e sorelle,
rallegriamoci tutti nel Signore, perché è nato nel mondo il Salvatore. Oggi la vera pace è scesa a noi dal cielo.
E’ nato di notte, per far risplendere la sua luce, è nato fra i poveri, per dichiarare la sua predilezione per loro.
Tre sono le parole che ricorrono durante questa santa Liturgia: la notte. Oggi. Luce
La notte
800 anni fa san Francesco, disse: Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello” ….
Il Figlio di Dio è nato di notte e il buio della notte rappresenta tutte le negatività che opprimono la vita e il futuro dell’uomo.
Vediamo le miserie e le fragilità umane. Le guerre e la disumanità. L’indifferenza che ha provocato la nascita di Gesù in una grotta perché non ha trovato posto nell’alloggio.
In questo tempo la notte si è fatta ancora più fitta. Per la prima volta viviamo, da dopo la seconda guerra mondiale, in un clima di guerra. Più notte di così…. Ma, Dio non ha avuto paura di condividere l’estrema fragilità umana.

Oggi
La seconda parola è: oggi. Gli angeli dicono ai pastori:
Quante volte questa parola ricorre nella Liturgia della notte e del giorno di Natale: oggi:
Oggi la vera pace è scesa dal cielo. Oggi è nato per noi il Salvatore. Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il Salvatore. Oggi nella città di Davide è nato un salvatore…

Si, la luce di Gesù si è accesa oltre 2000 anni fa.
Una luce che nessuno potrà mai più spegnere.
E che ci dice che nulla è impossibile a Dio.
Ma questa luce si accende ancora oggi.
Ecco l’altra parola importante: oggi.
Nascesse mille volta il Figlio di Dio a Betlemme, ma non nascesse nel mio cuore, sarebbe nato invano….
Non è la festa di compleanno oggi Cristo nasce se nasce nel mio cuore.
Noi non festeggiamo solo un evento del passato, ma un evento contemporaneo. Storicamente contemporaneo. Di grande attualità. Oggi la novità di Cristo si fa presente nella vita degli uomini d’oggi.
Basta una luce, anche piccola, per far scappare le tenebre.

Luce e gioia
Ecco allora la terza parola: luce e gioia.
Dal primo Natale non si è mai visto un Natale senza problemi. Ma nel buio più profondo UNA luce si accende. Dal primo Natale una Luce brilla e sconfigge le tenebre. È la Luce di Cristo. In Cristo si rivela un Dio che non si arrende di fronte alle tenebre del male. E, insieme con Dio, sollecitati dagli angeli, i primi a diffondere la Luce sono i pastori che si avvicinano e portano un po’ di festa e di accoglienza.
I pastori sono i nostri ambasciatori. Sono i primi che si avvicinano e portano un regalo al bambino che è nato.
Chiedevo in questi giorni: ma che regalo possiamo fare a Gesù?
I pastori non portano, in realtà, niente. Non hanno né oro, né mirra, né incenso. Portano qualcosa di ancora più prezioso. Portano la loro presenza. Stanno con lui, offrono un po' del loro tempo. Lo adorano e lo lodano.
Non solo. Dopo aver visto il bambino, dice il vangelo, se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto. Portarono a tutti la gioia della nascita del bambino.
Ecco il regalo che si aspetta Gesù: stare con Lui e portare a tutti la gioia di averlo incontrato. È Lui il dono. Il dono da condividere insieme con tutti.
I pastori diventano gli angeli, gli annunciatori. Anche la gente che partecipò al primo presepe vivente nel Natale del 1223, a Greccio, dice il commentatore che «ciascuno se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia».[3]
Oggi i pastori siamo noi, in questo attualissimo presepe vivente che vede ciascuno di noi come protagonista. Se lo vogliamo.

La gioia, la si vede. Fa brillare gli occhi.
Vediamo troppi occhi tristi. Qualche esempio di questi giorni.
Domenica scorsa, durante l’intervista ad una emittente televisiva, papa Francesco ha confidato che "Io ricevo tanti bambini dall'Ucraina che li portano all'udienza. Nessuno sorride, nessuno, ti salutano ma nessuno può sorridere, chissà cosa hanno visto quei bambini… "
La stessa tristezza che ho visto negli occhi degli orchestrali dell’orchestra della radio ucraina di Kiev, martedì scorso quando hanno fatto il loro ingresso sul palco al Diego Fabbri. Mi hanno davvero impressionato. Erano appena arrivati da Kiev, viaggiando tutta la notte. La tristezza degli occhi non era dovuta solo alla stanchezza ma dal carico di sofferenza e di preoccupazione per i famigliari che hanno lasciato a casa. Tristezza a causa della guerra che stanno subendo.

Sarà Natale se anche i loro occhi, come gli occhi che oggi soffrono, riusciranno a illuminarsi di gioia.
È lo scopo del Natale: illuminare di gioia gli occhi di chi è triste. Accendere la luce negli occhi.

E un cristiano non può dire di aver fatto Natale se non saprà impegnarsi per rendere gioiosi gli occhi di chi piange, cli occhi dei bambini, gli occhi dei poveri…
Facciamo Natale se pensiamo agli altri. Agli occhi di coloro che oggi sono tristi di quelli che oggi hanno più bisogno.

È stata portata nelle nostre chiese la luce di Betlemme, con una lampada accesa nella Basilica di Betlemme.
La candela accesa è segno di una presenza che si rinnova, oggi. La nostra luce accesa è la luce di Betlemme.

Se accendiamo questa luce, con gli angeli sapremo ripetere anche noi oggi: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama”
Accendiamo questa luce, portiamo questa luce, potremo augurarci così un buon Natale.

Auguro a tutti voi, alle vostre famiglie, agli ammalati, a coloro che sono tristi e preoccupati, la gioia di avvertire la presenza amica del Figlio di Dio che si fa concretamente vicino attraverso l’amore degli amici di Dio.

Prego con voi con le parole di questa notte di papa Francesco.
Gesù, guardiamo a Te, adagiato nella mangiatoia. Ti vediamo così vicino, vicino a noi per sempre: grazie, Signore.


Ti vediamo povero, a insegnarci che la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nelle persone, soprattutto nei poveri: scusaci, se non ti abbiamo riconosciuto e servito in loro.
Ti vediamo concreto, perché concreto è il tuo amore per noi: Gesù, aiutaci a dare carne e vita alla nostra fede. Amen.
Buon Natale a tutti.



OMELIA DEL VESCOVO
Giorno di Natale 25 dicembre 2022


Cari fratelli e sorelle,
mi chiedo perché, dopo duemila anni, non lo abbiamo ancora riconosciuto e accolto?
Cosa deve succedere ancora perché il messaggio del bambino di Betlemme non venga riconosciuto e accolto?

Nella notte abbiamo riletto ed ascoltato il racconto tenerissimo e drammatico della sua nascita.
Tenerissimo perché ogni volta che nasce un bambino, fioriscono i sorrisi e si riempiono di gioia i nostri occhi e i nostri volti.
Drammatico perché è in ogni caso pur sempre il segno di una emarginazione se non di un rifiuto: non c’era posto per lui nell’alloggio. È nato nella povertà e nell’indifferenza.
Ma è una storia piena di luci e ombre che, purtroppo, si ripete.
Il Figlio di Dio continua ancora a venire nella nostra umanità ferita.
Trova ancora posto in tante persone che, come Maria, Giuseppe, i pastori, i magi, lo accolgono e gioiscono per lui e con lui.
Ma ci sono anche purtroppo tanti che rimangono indifferenti se non ostili al suo messaggio.
Anche coloro che si dicono suoi discepoli. In Ucraina, non è forse una guerra fra coloro che si definiscono suoi discepoli? Il dramma non è ancora più sconvolgente?
Come è possibile che ancora non abbiamo capito che più ci allontaniamo da Lui, più diventiamo disumani?

In un passo del profeta Sofonia, alcuni giorni fa, ci veniva ripetuto l’appello rivolto per la prima volta agli abitanti di Gerusalemme: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!”.
Anche noi, in questi tempi, talvolta ci cadono le braccia, ed è la tentazione più grande. Il Natale ha lo scopo di rinvigorire i nostri cuori, di riprendere coraggio.

Ringraziamo il Signore che è arrivato il Natale che ci incoraggia a riprendere forza e cammino nell’accogliere il Principe della pace. A fare spazio a Lui nella nostra vita e, come i pastori, contagiare del suo messaggio e della sua gioia, coloro che incontriamo. Oggi infatti siamo noi i pastori che “se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto”.
Siamo noi i protagonisti in questo presepe vivente.
Sono i nostri piedi che, dopo quelli dei pastori realizzano la profezia del profeta Isaia: Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace.

Cari fratelli e sorelle, siamo venuti qui anche questo giorno di Natale, in un tempo dove sembrano prevalere le tenebre, l’indifferenza, i messaggeri di guerra e di cattive notizie per vedere e dire esattamente il contrario.
Ecco cosa siamo chiamati a fare oggi, e non solo oggi, ma certamente in questo Natale a vedere e ad ascoltare.
Oggi è la festa di coloro che vedono e ascoltano Dio che, dopo aver mandato i profeti, in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio.
Il Figlio di Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi.
Non siamo soli ed abbandonati. Le tenebre non l’hanno vinta, una speranza c’è.
La luce si è accesa nella grotta di Betlemme, il Figlio di Dio non ha avuto paura di nascere nella condizione più disagevole e misera. Ed è nato per abitare in mezzo a noi, per sempre. Non per una fugace apparizione.
Lui è vivo ed è presente in mezzo a noi.
I germogli di bene
E a noi, oggi spetta il compito di leggere i segni della sua presenza.
I germogli di bene che sono presenti nella nostra vita.
I segni di vita che ci dicono che l’albero non è morto.

Se non riusciamo a leggere i germogli di bene che oggi ci sono, non sarà Natale.
Certo, non dimentichiamo che il male non sparisce, non ignoriamo l’indifferenza che ha caratterizzato il momento della nascita di Gesù. Che il bene il male convivono ancora. Ma i germogli ci sono.
Lo abbiamo sentito nel vangelo di Giovanni: Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi e i suoi non lo hanno accolto.
Sono testimone cari fratelli e sorelle, di tanti segni concreti di speranza seminati nella nostra comunità presenti nelle nostre famiglie, fra i giovani.
Sono germogli di vita. Spesso ignorati perché il male fa più impressione e notizia. Ed è proprio questo che oggi siamo chiamati a fare: raccontare con gioia la presenza di Cristo vivo.
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Auguro a tutti voi, oggi, a voi cristiani di continuare a vedere i germogli e a porre e a incrementarli. Vi auguro di accendere luci di costruire ponti di pace.
Non solo a vedere il bene, ma a fare il bene.
C’è tanto bisogno oggi di cristiani di cristiani, di uomini di buona volontà che sull’esempio di Cristo, accendano e portino luce!

Auguro ai cristiani delle nostre comunità, a tutti i battezzati, anche quelli che si sono allontanati, raffreddati, spenti, di riaccendere la luce della fede.

Di aprire gli occhi sulla presenza di Dio che è in loro e attorno a loro.
Di accorgersi di chi ha bisogno di un aiuto, di un sorriso, di un’attenzione. Anche piccola. Fare Natale è fare qualcosa per gli altri. Per tutta la vita.
Oggi Dio ci chiede quello che ha chiesto a Maria: di offrire il nostro corpo per dare un corpo al Figlio di Dio.
A quanti lo hanno accolto, a quelli che credono nel suo nome, ha dato potere di diventare figli di Dio. Se figli siamo fratelli, fratelli tutti.

Continuerà la battaglia fra la luce e le tenebre. Una battaglia che non finirà mai. Ma, il nostro compito è di non arrenderci, di continuare ad accendere luci, a spegnere i fuochi dell’odio e a costruire ponti, in mezzo alle tenebre, in mezzo alle macerie, quando scoppiano le liti e le guerre. Alla fine la parola tocca al dialogo.
Abbiamo bisogno di cristiani veri, di discepoli del bambino di Betlemme, perché abbiamo bisogno di luce in mezzo a queste tenebre. Il Figlio di Dio, che è nato nel disagio a Betlemme ha bisogno della tua luce, fratello. Sarà un Buon Natale, se spunterà un germoglio e si accenderà una luce. La tua e la nostra luce. Solo allora le tenebre saranno sconfitte. E sarà Natale

Auguro a tutti voi, alle vostre famiglie, agli ammalati, a coloro che sono tristi e preoccupati, la gioia di avvertire la presenza amica del Figlio di Dio che si fa concretamente vicino attraverso l’amore degli amici di Dio.

Prego con voi con le parole di questa notte di papa Francesco.
Gesù, guardiamo a Te, adagiato nella mangiatoia. Ti vediamo così vicino, vicino a noi per sempre: grazie, Signore.

Ti vediamo povero, a insegnarci che la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nelle persone, soprattutto nei poveri: scusaci, se non ti abbiamo riconosciuto e servito in loro.
Ti vediamo concreto, perché concreto è il tuo amore per noi: Gesù, aiutaci a dare carne e vita alla nostra fede. Amen.
Buon Natale a tutti.