Omelia nella Messa Crismale 2025

17/04/2025

OMELIA DEL VESCOVO S.E. MONS. LIVIO CORAZZA
NELLA MESSA DEL CRISMA
(giovedì santo 17 aprile 2025)


Innanzitutto un pensiero di saluto e di gratitudine verso i vescovi emeriti che sentiamo spiritualmente presenti: mons. Vincenzo Zarri, mons. Lino Pizzi. Un saluto tutto particolare e affettuoso al nostro concittadino vescovo don Erio. Quest’anno non è con noi mons. Giorgio Biguzzi, che ha concluso il suo cammino terreno nel luglio dell’anno scorso. Lo ricordiamo sempre con grande affetto e riconoscenza. Saluto i sacerdoti che sono venuti a dare una mano alle nostre comunità in questi giorni. 

Un saluto particolare a tutti i sacerdoti anziani e infermi della casa del clero del nostro Seminario, presenti e assenti. La nostra riconoscenza trova ulteriore conferma nelle preghiere che innalzano ogni giorno per tutti.  Con loro sentiamo presenti i preti e i diaconi che non sono con noi questa mattina, impossibilitati per diversi motivi.

Un saluto ai sacerdoti fidei donum e ai sacerdoti appartenenti agli Istituti di vita consacrata impegnati durante tutto l’anno nel cammino pastorale delle nostre comunità: grazie per il vostro servizio. Fra essi saluto e ringrazio per la sua attività pastorale l’Assistente spirituale degli ucraini greco cattolici, don Vasyl Romaniuk e con lui tutti i suoi connazionali. La loro presenza rende ancora più forte e instancabile la preghiera per la pace e l’accoglienza verso i profughi. 

Ricordiamo i defunti: il diacono permanente Bartolo Capasso e i familiari di alcuni preti e diaconi, li sentiamo uniti nella nostra preghiera e contiamo molto sulle loro preghiere. 
Tutta la comunità si unisce oggi alla nostra festa con riconoscenza e incoraggiamento. 

Ringrazio in particolare per la loro presenza le sorelle claustrali: facciamo molto affidamento sulla vostra preghiera. Ci ricordate che la dimensione contemplativa deve sempre accompagnare l’attività pastorale. 

Cari presbiteri, è la nostra festa! Durante la messa rinnoveremo le nostre promesse sacerdotali. Un saluto di benvenuto a don Francesco che partecipa per la prima volta a questa messa crismale. La gioia della sua presenza ci sproni a una preghiera e a una proposta vocazionale più convinta e costante da parte di tutta la comunità cristiana e di noi preti in particolare. La persona di noi preti è la prima pastorale vocazionale della diocesi. Grazie per il vostro stare con la gente, con amore, dedizione e passione per Cristo. Molti di voi vengono da un periodo di benedizioni alle famiglie e agli ambienti di lavoro. In un mondo tentato dalla sfiducia nel futuro, con la vostra visita avete confermato la vicinanza di Dio che chiama tutti a costruire la nuova civiltà dell’amore. 

La messa degli oli santi. 
“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri”. 
Non è un tempo di liete notizie, il tempo che stiamo vivendo. Non lo è nemmeno per la nostra Chiesa. Ma, come ci ricordava ieri il profeta Isaia, Il Signore Dio ci ha dato una lingua da discepoli, perché sappiamo indirizzare una parola agli sfiduciati.

Anche se non useremo l’olio nuovo per nuove ordinazioni o per battesimi di adulti, riceviamo oggi il compito di non sprecare e rendere inutile l’olio santo che abbiamo ricevuto il giorno del nostro battesimo e cresima e della nostra ordinazione. Ricordo che nell’olio del Crisma c’è anche il «bergamotto» dono del confratello vescovo della Diocesi di Locri-Gerace. Esso è frutto di una piantagione confiscata alla ‘Ndrangheta. Un segno della vittoria del bene sul male. Un modo per marcare l’impegno dei battezzati a «portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi …». Il Giubileo che stiamo vivendo ci mette davanti delle occasioni di grazia inedite che non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sciupare.

Gli stessi Giubilei degli adolescenti e dei giovani sono doni di grazia che evidenziano come lo Spirito santo continua a seminare instancabilmente anche nelle nostre famiglie.
I tanti frutti raccolti in questi mesi nel vostro passaggio di benedizione per le case di Forlì sono il segno che lo Spirito non ci abbandona, e che ci chiede di non piangere sulle difficoltà ma di mettersi in cammino come pellegrini e cantori della speranza. Lo raccontavo anche in un mio intervento sul settimanale diocesano. Il nostro Dio, non è solo il Dio dei nostri padri, la Bibbia non è un romanzo del passato, ma ci aiuta a sfogliare le pagine inedite di oggi, dove Dio continua a scrivere grandi cose nel cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo. Egli è vivo e ci vuole vivi. Dio continua ancora a parlare anche ai nostri figli e nipoti. Il nostro Dio non è solo il Dio dei nostri Padri ma è il Dio dei nostri giovani, dei nostri figli e nipoti.
Ci sono tre doni di Grazia e di speranza di Dio: il cammino sinodale, il Giubileo dell’Incarnazione, la visita pastorale.

Il Cammino sinodale. Durante il cammino di questi quattro anni abbiamo avuto modo di toccare con mano la vivacità delle nostre comunità cristiane. Con gioia riconosciamo la bella partecipazione e collaborazione dei fedeli, che hanno dimostrato di credere alla presenza e all’azione di Dio nella nostra storia. Il Signore sta modellando una nuova comunità dove non conteranno più i numeri, ma l’intensità e la profondità delle relazioni. Non basteranno i riti, ma saranno sempre più importanti la comunione e la qualità delle relazioni. Chi entra in Chiesa deve cogliere la bellezza dell’accoglienza e della fraternità. Nessuno che entra deve incontrare indifferenza o freddezza di giudizio.
Non è facile; anche nelle prime comunità, san Paolo si lamentava che alcuni disertavano le assemblee e che i poveri venivano trascurati e non erano accolti con generosità. La miseria umana non ha epoca, ma non deve avere giustificazioni. Le sante messe senza calore umano non sono vere: “Questa non è la cena del Signore” direbbe san Paolo.
Il cammino sinodale ci sta dando una mano. Ho potuto sperimentare l’azione dello Spirito durante l’ultima assemblea quando, umanamente, i risultati sembravano deludenti e non restava che prenderne atto e dichiarare il fallimento. Ma lo Spirito ci ha guidato con saggezza e pazienza, con coraggio e insieme abbiamo deciso di darci altro tempo per continuare, con rinvigorita decisione sulla via del rinnovamento.

Quante volte abbiamo detto che ogni riforma cristiana è contemporaneamente personale, comunitaria e strutturale, altrimenti non è vera conversione e vera riforma. Il cammino sinodale non è un peso aggiuntivo o un optional che ci intralcia nel nostro cammino pastorale, ma è una grazia di Dio. Non sciupiamo la grazia di Dio. 

Una seconda Grazia di Dio, dal tempo più limitato perché termina il 6 gennaio 2026, è l’Anno santo. 
Il Giubileo 2025 è per tutti! E tutti sono chiamati ad accogliere questo dono. Tutti siamo chiamati a metterci in cammino per diventare pellegrini di speranza. Che felice intuizione ha avuto papa Francesco! E come ci aiuta, se lo vogliamo, a non lasciarci travolgere dalle insidie della depressione e dello scoraggiamento. È nei momenti difficili che si vede il valore della fede, della speranza e della carità. Esse sono virtù teologali, cioè doni che Dio mette a disposizione di tutti per tutti. Sono indivisibili. Non possono stare una senza le altre due. Non sciupiamo il dono del Giubileo, ma accogliamolo con profondità e serietà. È per tutti e a tutti diamo questa possibilità di rinnovamento nella misericordia e nella speranza. E infine, la visita pastorale. È un dono di grazia per tutte le nostre comunità. Può essere solo una parentesi, o per dare da intendere al vescovo una realtà che non esiste, oppure può essere l’occasione per rispondere con più decisione alla chiamata di Dio che ci ha affidato il Vangelo da annunciare e testimoniare nelle nostre città e vallate. Il Signore non ci ha dato il compito di salvare il mondo coloro che vivono accanto a me. I miei familiari, i miei amici, i miei colleghi di lavoro e di scuola, di gioco e di volontariato, le persone che incontro quotidianamente.
Non sciupiamo il dono di Grazia della visita pastorale e della crescita delle nostre comunità nella fraternità e nella fede, nella formazione e nella corresponsabilità della guida sinodale delle comunità.

L’icona proposta quest’anno è la Pentecoste. Lo Spirito santo fortifica la comunione dei fratelli e delle sorelle in Cristo. Dal cenacolo partivano e al cenacolo, con lo spezzare il pane, approfondivano e rendevano sempre più bella e forte la loro fraternità. La Fraternità, vera e autentica, non era solo un vago sentimento di bontà, ma si strutturava in una vita comunitaria dove tutti partecipavano a seconda della loro responsabilità e carisma, dove tutti erano responsabili e rispettavano la responsabilità e il carisma degli altri.
Ma tutto questo sarebbe sterile se non si organizza la missione di annunciare al mondo il Vangelo di Gesù Cristo. In ogni comunità si dia spazio all’ascolto della Parola e alla catechesi per gli adulti.

Il Signore ci vuole uniti nella comunione, nella missione e nella partecipazione. Cristo stesso ha desiderato unire i suoi discepoli nell’ultima cena. I risultati non sono stati incoraggianti. L’esito, non voluto, di quell’ultima cena è stata la fuga, il tradimento, il rinnegamento. Ma il Signore non si è perso d’animo! Dopo la risurrezione è andato a cercare uno ad uno i suoi amici, per rimetterli insieme. Non c’è missione senza comunione. Una comunione vissuta nel dialogo, nella diversità e nell’amore. Il prete è un artigiano della comunione ecclesiale. Non da solo, ma insieme con il vescovo e con gli altri presbiteri. Solo quando si realizza la comunione il Signore potrà ripetere per noi: “Oggi si è realizzata la parola che vi ho annunciato”. 

Il Signore, in questi tempi di incertezze e di cambiamenti, chiede a noi di camminare e di camminare insieme. Ogni giorno, nell’eucaristia invochiamo: Donaci Signore, alla tua Chiesa, unità e pace. Raccomando a tutti voi cari presbiteri e diaconi, di mantenere e intensificare l’abitudine di ritrovarvi periodicamente negli incontri di Vicariato, nella preghiera e nella condivisione fraterna, confrontandosi sulla comune missione pastorale. 

Ad ogni messa crismale la Parola di Dio ci ricorda, attraverso il profeta Isaia: "il Signore mi ha mandato" (Is 61,1) e con le parole del Vangelo ripetiamo con il Signore: "Egli mi ha mandato" (Lc 4,18). Ma lo stesso Signore, prima di inviarci, ci invita a stare con Lui e poi a stare con Lui insieme ai fratelli nel presbiterato. Un prete, per costruire comunità deve, prima di tutto, viverla con i confratelli, ancora di più oggi che siamo in pochi. Faccio mio l’appello del Card. Martini che durante una omelia ai preti di Milano, diceva: “Interroghiamoci sui fondamenti della nostra comunione, si potrebbero evidenziare le molte ragioni attuali che rendono profondamente necessaria la fraternità tra noi. Urge una testimonianza unanime e coraggiosa di fronte alla dispersione e alla confusione delle opinioni nel nostro tempo.” 

La Madonna del Fuoco, nostra patrona, doni alla nostra famiglia diocesana, ai preti, ai religiosi e ai laici unità e pace la Chiesa e per il mondo. Amen.