Omelia nella Messa in Coena Domini 2025

17/04/2025

OMELIA DEL VESCOVO S.E. MONS. LIVIO CORAZZA
NELLA MESSA IN COENA DOMINI
(giovedì santo 17 aprile 2025)


L’altro giorno ho letto sul giornale che un comandante ha guidato i suoi uomini in un’azione suicida contro i nemici. Non faccio neanche i nomi dei rispettivi fronti. In ogni caso quel comandante e quei soldati hanno dato la vita, per amore della Patria e degli amici e in odio dei nemici. 
Anche Gesù ha donato la sua vita liberamente e per amore. Per amore del Padre, per amore degli amici e per amore anche di coloro che si dichiaravano suoi nemici. 
Gesù anticipa questa sua scelta con un segno si quello che sta per accadergli. 
A tavola con i suoi discepoli, Gesù compie sul pane e sul vino delle azioni accompagnate dalle sue parole: il suo corpo è spezzato e dato per gli uomini, il suo sangue è versato e dato per tutti: alla fine di quell’azione Gesù esclama “Fate questo in memoria di me!”. Un episodio narrato da tutti i vangeli, tranne il vangelo di Giovanni.
Anche il quarto Vangelo, infatti, ricorda “l’ultima cena di Gesù con i suoi”, però, anziché narrare il segno del pane e del vino, Giovanni narra il segno della lavanda dei piedi! 
Perché un altro segno? Eppure anche il quarto evangelista conosce il racconto dell’eucaristia, la chiesa ormai da decenni celebra questo sacramento. 

Perché allora la memoria di quest’altro segno? 
Possiamo ritenere molto probabile che questa scelta del quarto Vangelo sia motivata da un’urgenza avvertita nella chiesa alla fine del I secolo: la celebrazione eucaristica non può essere un rito disgiunto da una prassi di amore e di servizio ai fratelli, poiché proprio questo è il suo significato: dare la vita per i fratelli inginocchiandosi nel servizio concreto ai fratelli. 

L’evangelista vuole così riattualizzare il messaggio dell’eucaristia ricordando che la vita del cristiano è servizio reciproco, dono della vita per l’altro, amore fino all’estremo, oppure è solo un rito che appartiene alla “scena” di questo mondo.

Potremmo dire che l’intenzione di Giovanni è che il sacramento dell’altare sia letto e vissuto sempre come sacramento del fratello: celebrazione eucaristica con il pane spezzato e il vino offerto insieme al servizio concreto e quotidiano al fratello si richiamano reciprocamente come due facce della partecipazione al mistero pasquale di Cristo. 
Ecco allora il gesto di Gesù narrato lentamente, quasi al rallentatore, affinché resti ben impresso nella mente del discepolo di ogni tempo: Gesù depone la veste, prende un asciugamano, se lo cinge ai fianchi, verso l’acqua nel catino, lava i piedi, li asciuga, riprende la veste… 

Sono 7 verbi di azione che rendono plasticamente l’evento della lavanda. E’ un gesto che Gesù compie in piena consapevolezza: Gesù, il Signore, lava i piedi ai discepoli. Eppure, proprio così Gesù racconta, “evangelizza” Dio, nel senso che rende Dio “buona notizia” per noi. 
Due azioni diverse, due segni che narrano la stessa realtà: Gesù offre la sua vita e, liberamente e per amore, va verso la propria morte facendosi servo. Per questo, come al gesto eucaristico, così anche al gesto della lavanda fa seguito il comando: “Come io ho lavato i piedi a voi, così fate anche voi”. E la chiesa, se vuole essere chiesa del Signore, così deve fare in obbedienza al suo mandato: spezzare il pane, offrire il vino, lavare i piedi nell’assemblea dei credenti e nella storia degli uomini.

I pellegrini al Santuario di Loreto lasciano in Santa casa delle preghiere scritte su foglietti (cf. Regno-att. 20,2024,656). Tra questi, ci sono dei non credenti. Sono pochi ma ci tengono a segnalare la propria singolare condizione. Io non credo: il fatto è che non so che cosa credere. Quindi rispetto tutte le religioni, tutti i credi. Un giorno saprò, sapremo. Questa mi è sembrata una vera preghiera: una preghiera nell’attesa che si diradi il mistero che ci circonda. Caro Gesù, o Dio, o Maria, dipende da chi mi ascolta: vorrei che tu venissi qui e ti mostrassi; Aiutatemi a reincontrarvi perché ora vi ho persi; Spero di trovare la strada della vita e anche del mio credo.

Azzardo un altro motivo della scelta di questo altro segno oltre al pane spezzato e al vino versato. Che non sono di per sé segni religiosi. Sono segni presi dalla vita di ogni giorno, durante il pasto si spezza il pane e si versa il vino.
A tavola non solo si mangia ma anche si serve. I servi lavano i piedi, Gesù utilizza questo segno svestendo le vesti del Maestro, indossando, volontariamente, quello del servo. E’ un segno universale. Per inginocchiarsi davanti a Dio ci vuole fede.  Per inginocchiarsi davanti al prossimo ci vuole amore. La lavanda dei piedi è un gesto alla portata di tutti. Non solo lo si compie verso i propri fratelli ma a si compie a tutti coloro che hanno bisogno. Pur che si crede che l’altro è un fratello da amare e da servire.
Farebbe bene anche a noi, non solo il prete una volta l’anno, lavarci i piedi gli uni gli altri. Non lo abbiamo mai fatto. 
Tutti facciamo la comunione ma non ci laviamo mai i piedi gli uni gli altri. Eppure Gesù lo ha comandato: lavatevi i piedi gli uni gli altri. 

Quella che conta, in ogni caso è servire! 
Servire come Gesù lo ha fatto. Nessuno lo aveva obbligato, ha preso Lui l’iniziativa di servire. Non si è fatto pregare. Anzi, pregando noi di farlo.
Ma se proprio non vogliamo lavare i piedi, perché lo troviamo, come Pietro, imbarazzante, troviamo pure un altro modo, ma mettiamoci a servizio, con umiltà, con semplicità. 
Solo servendo come Gesù, viviamo in verità lo spezzare il pane delle nostre Eucarestie.