Omelie nella Veglia del lavoro e per la Festa di San Pellegrino 2024

02/05/2024
L’OMELIA DEL VESCOVO ALLA VEGLIA DEL LAVORO (30 aprile 2024)

È già significativo ritrovarci qui, oggi. Le parole servono a commentare la scelta della comunità cristiana di darci appuntamento non in Chiesa, ma sul posto di lavoro.
Non siamo in Chiesa, ma in azienda, per ricordare che Dio è in ogni luogo. Ed è nei luoghi della vita quotidiana che il vangelo va seminato. Altrimenti è come lasciare il seme nel sacco delle sementi.

Ci siamo ritrovati a pregare non in un luogo qualsiasi, ma presso la ditta Bagioni, in una delle aziende travolte dal fango un anno fa.
Un’azienda che si è resa disponibile e che ha avuto bisogno dell’aiuto di tanti che sono venuti a spalare fango per aiutarla a ripartire. Insieme alle altre.
Sì, perché se non riparte il lavoro delle altre, diremmo di tutte, non parte neanche il lavoro di questa. C’è sana concorrenza, ma c’è anche solidarietà.

Siamo anche consapevoli che il fango è una metafora. Non è l’unico fango quello delle acque che ha travolto e travolge drammaticamente il nostro cammino. Siamo travolti dal fango della mancanza di lavoro, dalla mancanza di sicurezza e dignità e anche dal fango della mancanza di pace.
Partiamo dalla mancanza di sicurezza. Il dramma dei morti sul lavoro, degli infortuni, della insicurezza in generale è drammatico, ma lo stiamo quasi accettando e non dovremmo per niente farlo.

Sul tema del lavoro, Dio cosa c’entra? Lo abbiamo ascoltato nel vangelo: Dio è un Padre che si prenda a cuore dei suoi figli. Suo Figlio, quando si è fatto uomo, ha lavorato fino ai 30 anni, non dimentichiamo questo fatto. Prima ancora di San Giuseppe lavoratore, festeggiamo Gesù lavoratore.
Anzi, per essere precisi, Gesù operaio nella bottega del padre Giuseppe, artigiano. Ci sono tre chiese dedicate a san Giuseppe in diocesi. San Giuseppe dei falegnami ora affidata alla comunità ortodosso rumena. E poi, San Giuseppe artigiano di via Cerchia e san Giuseppe operaio a Forlimpopoli. Anch’io ero parroco di una parrocchia dedicata a Giuseppe operaio. Il paese si chiama Sindacale, il comune Concordia. Allora san Giuseppe artigiano o san Giuseppe operaio? Hanno ragione tutti e due.

Chiedevo, Dio cosa c’entra con il lavoro dell’uomo? C’entra eccome, non solo perché Dio è un Padre che si preoccupa dei figli; non solo perché il Figlio, fatto uomo, ha lavorato quasi tutta la sua vita terrena.
Ma perché nella Bibbia il lavoro è legato innanzitutto all’azione di Dio.  Dio è al lavoro. E’ costitutivo dell’uomo, creato a immagine di Dio, lavorare. Il lavoro di Dio rappresenta il modello del lavoro umano: l’uomo, con il suo lavoro, esprime non solo le proprie capacità e potenzialità, ma mette se stesso al servizio di Dio, diventa operaio di Dio, collabora con Dio affinché si realizzi la salvezza della creazione, vista come un giardino da custodire e coltivare (Gn. 2,15). Lo abbiamo sentito prima nella meditazione di papa Francesco.

Anche la mancanza di pace è fango che travolge la vita degli uomini. Il lavoro ha come fine ultimo la pace e, nello stesso tempo, se non c’è pace non c’è lavoro. Quando scoppiano i conflitti, i soldati lasciano il lavoro per andare in guerra.
L’obiettivo del percorso biblico proposto dalla veglia è, dunque, quello di pregare affinché l’umanità metta la propria intelligenza al servizio della pace e della creazione. (A.C.I)
Accogliendo e meditando l’insegnamento dei testi biblici e l’appello del Magistero e di Papa Francesco, preghiamo perché l’umanità possa mettere le proprie capacità al servizio della pace e nella cura del creato.

Lo scopo del lavoro non è solo di portare a casa i soldi per la famiglia. Quasi che, se uno vive di rendita, non serva lavorare. Ma il lavoro è costitutivo dell’essere umano.
Per questo motivo credo sia stato importante far partire il più presto possibile, dopo l’alluvione, il lavoro delle aziende.
L’obiettivo di una società è la piena occupazione, la salvaguardia della dignità e della sicurezza del lavoro. Il lavoro ci avvicina a Dio.

Ringrazio la ditta Bagioni, ringrazio tutti voi che siete venuti qui a celebrare insieme in modo speciale la quotidianità dell’attività lavorativa. Un valore costitutivo per tutti. Il sottotitolo ci ricorda quanto sia importante il lavoro per la partecipazione e per la democrazia e sia la prima parola della Costituzione italiana che è stata frutto della condivisione di tutte le culture politiche che hanno dato vita alla Nazione italiana. Ma è un bene universale al quale, come cristiani, contribuiamo a valorizzare imitando Gesù lavoratore che a sua volta ha imitato San Giuseppe, vedendolo lavorare nel laboratorio di falegname e il Padre nostro che è nei cieli che ha creato il mondo e continua a custodirlo anche con il nostro contributo.


OMELIA DEL VESCOVO NELLA FESTA DI SAN PELLEGRINO (1 maggio 2024)

“Tutto quello volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”
Di San Pellegrino non abbiamo parole. Non ci sono scritti che ci riferiscono di discorsi o meditazioni.
Non ci sono prediche, non era un prete. Non ci sono libri, non era uno studioso. Non è un dottore della Chiesa.
Sono mie interpretazioni. Penso però che almeno tre parole le abbia dette nel corso della sua seconda vita.

La prima parola è: perdono.
È la parola della svolta. C’è un prima di quella parola e c’è un dopo; la richiesta di perdono è seguita, a sua volta, dal pentimento.
Narra la leggenda che, allo schiaffo dato al Superiore generale dell'Ordine dei Servi di Maria, Filippo Benizi, segue, da parte di Pellegrino, la richiesta di perdono.
C’è un particolare da sottolineare sempre: allo schiaffo ricevuto, padre Filippo non reagisce.
Da questa mancata reazione, san Pellegrino rimane scosso. Il frate riprende il cammino verso Bertinoro, Pellegrino lo insegue e al Ronco lo ferma, si inginocchia davanti a lui e gli chiede perdono.
Trascorrono poi dieci anni dei quali non si sa niente. Dopo dieci anni, ritroviamo san Pellegrino mentre chiede di entrare in convento.

La seconda parola la pronuncia quando chiede di entrare nella comunità dei Servi di Maria. Non conosciamo il suo travaglio interiore. Non sappiamo niente. Non ci sono memorie. Possiamo solo immaginare. Sappiamo che ha compiuto un lungo percorso. È passato dall’ira e dalla violenza, alla vita in comunità, dove bisogna essere molto pazienti, non troppo permalosi, capaci di perdonare e chiedere perdono, ogni giorno, e custodire la fede.
Ha compiuto un cammino spirituale e umano non da poco. Il San Pellegrino che entra in convento non è lo stesso che si era lasciato prendere dall’ira a diciotto anni.

La terza parola degna di nota è: guariscimi.
Dopo anni di vita da semplice frate, a causa di una sua scelta che non è da proporre, di non sedersi mai, si ammala ad una gamba; il medico decide di amputarla e fissa la data dell’intervento al giorno dopo la visita. San Pellegrino, come leggiamo nella sua biografia, durante la notte si trascina davanti al crocifisso e chiede la guarigione. Che miracolosamente avviene.
Anche di questa guarigione non sono riportate sue parole.

È un santo muto che parla più che con le parole, con le ginocchia. Si inginocchia per chiedere perdono, si inginocchia per chiedere di entrare in convento, si inginocchia o si prostra per chiedere la guarigione. La sua vita è una preghiera.

Una preghiera non fatta di parole, ma di gesti del corpo.
Prima di inginocchiarsi corre per chiedere il perdono.
Cammina a lungo per chiedere di entrare in convento.
Si trascina per invocare la guarigione. Prega con il corpo, oltre che con le labbra e con la mente.
La sua vita si esprime con gesti e scelte concrete.

Il vangelo ci ricordava la Regola d’Oro. “Fate agli altri tutto ciò che vorreste fosse fatto a voi. In questo consistono la Legge e i Profeti”: questo è il riassunto di tutto l’Antico Testamento, della Legge e dei Profeti. È il riassunto di tutto ciò che Dio vuole dirci, il riassunto di tutto l’insegnamento di Gesù. Questa Regola d’Oro non si trova solo nell’insegnamento di Gesù, ma anche, in un modo o nell’altro, in tutte le religioni. Risponde al sentimento profondo e universale dell’essere umano.

La preghiera è una risposta alle vicende della vita ed è un continuo atto di fiducia nella misericordia e nella vicinanza del Signore.
Il Signore è un Padre buono e ci guarisce. Guarisce le malattie dell’anima. Sostiene e guarisce le malattie del corpo. Ci aiuta a vivere in comunità.

“Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!”.
Come San Pellegrino, anche noi abbiamo bisogno di guarire le nostre relazioni malate.

Come lui, anche noi abbiamo bisogno di imparare a vivere in comunità. Nella Chiesa e nel mondo.
Affidiamo a san Pellegrino, vissuto in comunità, il cammino sinodale della nostra Chiesa.  Abbiamo tante scelte da compiere in questi anni.  Tutte scelte che non possiamo fare da soli. Dobbiamo imparare a camminare insieme.

L’altro ambito nel quale agire sono i malati. Di certo la figura di San Pellegrino ci aiuta a mettere al centro delle nostre scelte la condizione dei malati. Le azioni di cura e di custodia del sistema sanitario sono una delle più grandi conquiste dei nostri tempi, insieme con la scuola per tutti, che tuttavia rischia di tornare selettiva, nel senso che se la può permettere solo chi può.
E, nella cura e assistenza dei malati, non possiamo non ricordare l’importanza dell’accompagnamento spirituale.
Nel ventesimo anniversario della costruzione della nuova sede dell’ospedale, non dimentichiamo l’opera dei cappellani e dei volontari ospedalieri.
La vicenda di San Pellegrino ispiri anche il servizio prezioso di coloro che si prendono cura spiritualmente degli ammalati e il loro servizio sia valorizzato come un servizio alla persona.

Come San Pellegrino, tutti i malati hanno bisogno di non sentirsi soli, ma di avere qualcuno accanto che renda visibile la vicinanza di Dio, conforto dei malati e dei loro familiari.

San Pellegrino, sull’esempio di Maria che è rimasta sotto la croce del Figlio, insegnaci a stare con gli altri, con coloro che oggi sono sotto la croce, in particolare con gli ammalati, affinché si sentano come Maria, accolti dalla Chiesa come loro Madre.

E tu, Maria, aiutaci ad essere servi come ci hai insegnato tu che hai accolto con gioia e per tutta la vita la Parola del Signore. Aiutaci a vivere in comunione nella Chiesa per portare pace vera nel mondo, rispondendo al male con il bene.