La devozione alla Madonna del Fuoco cominciò molti anni fa, nel 1428, quando accadde il miracolo del quale furono testimoni tanti forlivesi. Nella notte tra il 4 e il 5 febbraio scoppiò un incendio che distrusse una scuola, che si trovava nell’attuale via Cobelli, dove si trova oggi la chiesina del Miracolo. In quella scuola insegnava da poche settimane mastro Lombardino da Riopetroso. Non si sa molto di questo maestro: era arrivato a Forlì all’inizio di quell’anno dal suo paese di Valbona, tra Bagno di Romagna e Santa Sofia ed aveva insegnato ai suoi alunni non solo a leggere e a scrivere ma anche a pregare davanti all'immagine della Madonna che si trovava nella scuola. Era un disegno, più precisamente una xilografia, cioè un disegno stampato che raffigurava la Madonna circondata da tanti Santi.
Quegli studenti sono ricordati anche nel famoso inno alla Madonna del Fuoco composto nel 1928 da due importanti preti forlivesi, mons. Adamo Pasini e mons. Giuseppe Prati, più familiarmente conosciuto con il nome di don Pippo. Quell’inno che si intitola “La vivida fiamma” viene cantato anche oggi in occasione della festa e dice ad un certo punto: “Di vispi fanciulli, nei tempi remoti, lo stuolo raccolto in umile scuola, con inni devoti, con dolce parola col nome di Madre pregarti s'udì”.
Quando la scuola bruciò i forlivesi si accorsero con stupore che l’immagine della Madonna era rimasta intatta, non si era bruciata e non era neanche annerita dal fumo. Pochi giorni dopo, l’8 febbraio, l’immagine venne portata in processione fino alla vicina Cattedrale e sistemata prima accanto all’altare maggiore poi nella cappella che le venne dedicata e dopo si trova ancora oggi. Nel corso dei secoli i forlivesi sono accorsi attorno alla Madonna non solo in occasione della festa, il 4 febbraio, ma tutte le volte che hanno affrontato difficoltà e pericoli, come durante le guerre e i terremoti affidandosi a lei come Madre e Patrona.
Sono nate anche delle tradizioni particolari legate alla festa come quella della Fiorita alla colonna della Madonna del Fuoco in piazza del Duomo dove si fermò a pregare con i bambini anche il papa Giovanni Paolo II quando venne in visita a Forlì l’8maggio 1986. Altre tradizioni sono quelle di accendere i lumini alle finestre la sera della vigilia e quella di mangiare la “piadina della Madonna” il 4 febbraio.
Giovanni di Mastro Pedrino, cronista dipintore, fu testimone del miracolo della Madonna del Fuoco e così lo racconta: “Como arse una caxa e romaxe per miracolo una carta depinta la qual fo veduta tutta la notte in mezzo al fuogo. Nel mese di febbraio 1428 di sovra una casa che fo del Tempesta apresso Luffo di Taldo abitada per sola da uno mastro Lombardino bruxò a dì 4 del ditto mexe la notte venendo la festa di sant’Agata e non ne rimase altro che le mura e una carta con alcuna figura e nostra Donna in mezzo e perché parve grande miracolo fo tolta dai Calonixe de Santa Croce e posta in Santa Croce con reverenzia e questa fa assai miracoli”.
Alla base della lunetta che lo stesso autore dipinse nel 1438 per illustrare il miracolo si legge: “E fò nel 1428 a dì 4 febraro. Qui se demostra como per vertù de Nostra Donna broxando questa casa non ghe remase altro che la sua figura in una carta imbrocada in un’asse e la quale è in questa cappella e fa molti mirachuli” Un altro testimone del fatto, Giovanni Pansecco analogamente racconta: “Nella notte del 4 febbraio si sviluppò un incendio in questa vicinanza.
Era pretore il bolognese Floriano Grifoni che arrivò per primo e fu spettatore del fatto. Era in preda alle fiamme una scuola ove era maestro un uomo insigne per pietà di nome Lombardino da Ripetrosa, paese distate 24 miglia da Forlì. Alle pareti della scuola era appesa una carta su cui era disegnata l’immagine della Vergine con altre figure più piccole. Davanti ad essa gli alunni ogni sabato cantavano le lodi. Arse la casa e rimase illesa la Vergine. Per alcuni giorni la tavoletta rimase appesa al muro e dai dintorni si accorreva a vederla. Domenico Capranica, eletto fermano, era legato di Martino V per questa città e per Imola. Egli ordinò che l’immagine fosse portata nella chiesa di Santa Croce. E l’arcidiacono e i canonici con intervento dei fedeli fecero la traslazione”.
La Madonna del Fuoco è arrivata al Polo Nord
La devozione alla Madonna del Fuoco ha superato da tempo i confini della diocesi arrivando non solo in città vicine, come Cervia, Cesena e Rimini, ma anche più lontane, come Ancona e Roma e arrivando fino all’Africa e al Polo Nord.
Cervia
La Madonna del Fuoco entra a Cervia nel XVII secolo, con la nomina a vescovo del forlivese Francesco Maria Merlini, che resse la diocesi dal 1635 al 1644. Ne avevano un culto particolare i salinari che chiedevano il calore estivo del sole, ardente come il fuoco, indispensabile per un abbondante raccolto di sale. Raggruppati nella confraternita della Beata Vergine del Fuoco, il 4 febbraio, come accade ancora oggi, inviavano una loro rappresentanza a Forlì. Recavano in dono, assieme al sale, lampade d'argento, calici e apparati vari, tutt'ora conservati in un armadio del Duomo di Forlì che reca lo stemma della comunità di Cervia ed eressero nella loro Cattedrale una sua immagine.
Ancona e Roma
Ad un sacerdote, don Pietro Giacomo della Valle, si deve l’inizio della devozione mariana ad Ancona e a Roma. Portò una immagine della Patrona di Forlì nella città marchigiana dove fu presa a protettrice dei fornai e venerata nella collegiata di Santa Maria della Piazza. Lo stesso don Giacomo nel 1706 fece dipingere un quadro della Madonna del Fuoco e la pose nella chiesa di San Marcello al Corso dove ancora oggi, il 4 febbraio, si raduna la Famiglia Romagnola per celebrarne la festa.
Uganda
Nel 1926, in preparazione alle celebrazioni del V centenario del miracolo, fu deciso di erigere in Uganda una missione dedicata alla Madonna del Fuoco. Il progetto vide dapprima la realizzazione di un catecumenato per preparare gli indigeni a ricevere il battesimo. “Assai commovente - racconta ancora mons. Adamo Pasini ne La storia della Madonna del Fuoco - è stata la consegna dell’immagine della Madonna del Fuoco che andò in Africa, sorge intanto il laboratorio femminile, si spediscono medaglie e vestiti ai nostri fratelli neri, i catecumeni della nostra missione porteranno nomi di forlivesi e con voto unanime hanno chiesto che il primo neofita abbia il nome del vescovo mons. Jaffei, Raimondo”.
Fra i ghiacci del Polo Nord
Il 29 marzo 1928 Luciano de Nardis scrive da Forlì al comandante Umberto Nobile in procinto di partire con il dirigibile Italia verso il Polo Nord: “A compendio delle nostre feste vorremmo che una targa dell’immagine (della Madonna del Fuoco) vi accompagnasse nel nuovo viaggio di vostra gloria sul mistero dei ghiacci eterni e una medaglia fosse deposta al vertice della terra. E’ dolce al nostro cuore di credenti pensare la Vergine dominatrice del fuoco dominare sui ghiacci del confine del mondo e al nostro cuore di romagnoli e di italiani è dolce pensare il più caro simbolo del nostro altare esaltato con l’ala del tricolore”. Nobile rispose con una lettera datata 3 aprile promettendo di applicare sulla cabina di comando del dirigibile la targhetta e di lanciare la medaglia sui ghiacci “com’è vostro desiderio e se Dio vorrà che noi giungiamo alla meta che ci siamo proposta”. E così fu.
Fino a Dallas
Lunedì 6 agosto 2015 nel Salone d'Incontro di Palazzo Romagnoli, il servizio cultura e musei del Comune di Forlì organizza la presentazione del libro “Una immagine stampata nell’Italia premoderna. La Madonna del Fuoco di Forlì” pubblicato dalla Cambridge University Press nel marzo 2015 e scritto da Luisa Pon, professore associato in Art History presso la Meadows School of the Arts della Southern Methodist University di Dallas. Oltre all’autrice intervengono alla presentazione Cristina Ambrosini, dirigente del Servizio Cultura e Musei del Comune di Forlì, Roberto Balzani, docente di Storia contemporanea all'Università di Bologna e Amy Worthen, conservatrice dei disegni e stampe al Des Moines Art Center. La prof. Pon che si occupa di arte e cultura rinascimentale ha dedicato ricerche allo studio della devozione e della immagine della Madonna del Fuoco e nel suo libro ripercorre la storia del miracolo, le caratteristiche della immagine, una xilografia, la più antica conservata in Italia, i rapporti tra la devozione mariana e la società civile forlivese.
Anche Giovanni Paolo II pregò all'altare e alla colonna della Patrona
Anche il Beato Giovanni Paolo II pregò la Madonna del Fuoco l’8 maggio 1986, durante la sua storica visita a Forlì e in Romagna. “Voi portate alla Vergine Santa l’entusiasmo dei vostri giovani cuori e il profumo delle vostre buone azioni - affermò
il Papa durante la Fiorita organizzata eccezzionalmente in quella occasione - ben simboleggiate dai fiori che tenete in mano. Resti questo gesto come un impegno anche per il vostro domani. Amate la Madonna sempre più e continuate a recare fiori spirituali alla sua sacra effigie che da quando rimase miracolosamente illesa nel furioso incendio, è diventata per ogni forlivese patrona e custode delle sorti della Città e dei suoi abitanti”.
La Fiorita dei bambini
Con una celebrazione che si rinnova da molti anni in una delle domeniche che precedono il 4 febbraio, festa della Patrona di Forlì, i bambini vanno in pellegrinaggio portando in omaggio alla Madonna del Fuoco fiori e disegni che sono lasciati alla colonna in piazza del Duomo. L'iniziativa coinvolge centinaia di persone, bambini con le loro famiglie, associazioni, parrocchie e scuole. Dopo l’introduzione nella chiesa di San Filippo, i partecipanti, seguendo lo striscione con il tema della Fiorita hanno percorrono corso Garibaldi fino a piazza del Duomo. Un gruppo di bambini porta un omaggio floreale alla chiesa del Miracolo, in via Cobelli e nella piazza antistante il Duomo intitolata a Papa Giovanni Paolo II. I bambini poi lasciano i fiori e i disegni alla colonna della Madonna del Fuoco dove si fermò in preghiera anche il Papa Beato l’8 maggio 1986, durante la Fiorita organizzata nel giorno della sua storica visita a Forlì. Dopo la sosta alla colonna, la Fiorita si conclude in Cattedrale nella cappella della Patrona con la preghiera assieme al vescovo, mons. Lino Pizzi. Al termine i bambini ricevono un lumino da accendere alla finestre delle proprie case la sera della vigilia della festa e sono invitati a lasciare un’offerta per progetti di solidarietà a favore di bambini bisognosi.
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