Mons. Livio Corazza ricorda il quinto anniversario del suo ingresso nella diocesi di Forlì-Bertinoro
Cinque anni fa, il 22 aprile 2018, faceva il suo ingresso in Diocesi mons. Livio Corazza. Al mattino, il nuovo vescovo visitò in forma privata la casa di riposo Zangheri e la Casa circondariale, poi pranzò al Buon Pastore con gli ospiti delle mense Caritas. Nel pomeriggio, in piazza Saffi, l’incontro con i giovani e con le autorità, in San Mercuriale l’omaggio al primo vescovo e, infine, la messa di insediamento in Cattedrale. Mons. Corazza trascorrerà il giorno del suo anniversario con gli impegni in agenda: alle 9.30 parteciperà in seminario al convegno su Annalena Tonelli, alle 17 amministrerà il sacramento della cresima nella parrocchia di Bussecchio e alle 19.30, nella parrocchia di S. Paolo presiederà l’incontro di ringraziamento e di verifica con i volontari che hanno collaborato alla festa della Madonna del Fuoco.
Questi cinque anni cosa hanno significato per la sua esperienza di cristiano, di prete e di vescovo?
Prima ancora è stata una esperienza che ha toccato il mio essere uomo, che ha comportato uno sradicamento, con il trasferimento e un cambiamento totale. Ho lasciato improvvisamente tutti gli affetti e le amicizie che avevo, la famiglia. Ho lasciato la Chiesa per la quale avevo scelto di donare la mia vita. E mi sono inserito in un’altra realtà, non diversa, ma certamente del tutto nuova. Con un incarico da inventare. Ma avevo una serenità dentro che mi ha stupito e mi stupisce ancora. In questo senso, allora, il mio essere cristiano mi ha davvero aiutato. Sapevo di non essere solo e di non aver altri scopi se non quello di mettere in gioco me stesso, così come sono. Il Signore mi ha scelto anche con i miei limiti. Mi ricordavo, e ricordo spesso, la dedica che mi scrisse Carlo Carretto in un suo libro, “Il deserto nella città”: “Livio, Dio è più forte delle tue debolezze”. Dio ha dovuto essere fortissimo! E papa Francesco con Lui.
Cosa ha scoperto di interessante a Forlì?
Una Chiesa viva, vivace e intraprendente. Che non si arrende di fronte ai cambiamenti e che, anzi, cerca di rispondere con fede e passione. Mi colpisce l’essere protagonista della Chiesa nei percorsi di cambiamento e di solidarietà della società civile. Ricordo alcuni protagonisti che sono ancora molto vivi nella memoria e nelle ispirazioni delle scelte dei forlivesi: Annalena, beata Benedetta, beata Clelia, don Pippo. E poi alcuni parroci come don Dario Ciani, don Arturo Femicelli, don Luigi Pazzi e alcune donne come Tebe Fabbri, Maria Teresa Battistini, Paola Pessina. Nonostante non sia più una realtà maggioritaria, la Chiesa di Forlì è già una minoranza creativa.
Quali sono i fatti più belli e quelli più faticosi che ricorda?
Certamente l’accoglienza è stata molto bella, significativi gli incontri con i ragazzi e i giovani, in diverse occasioni, alcune celebrazioni liturgiche molto vive, gioiose e fruttuose. Le assemblee che si tengono all’inizio dell’anno pastorale a Coriano, una bellissima esperienza che ho trovato e che si è confermata come centrale per la vita della Chiesa forlivese. E poi le tante bellissime opere d’arte!
Il tempo del covid è stato il momento più difficile, ma anche il momento dove con più forza ho sentito la mia responsabilità. Lo abbiamo affrontato insieme e insieme, con il sostegno della fede, lo abbiamo superato. Forte l’esperienza della processione per le vie di Forlì, con l’immagine della Madonna del Fuoco durante il lockdown: è stato un momento drammatico, ma spiritualmente intenso, con il Sindaco e il parroco che rappresentavano tutti.
C'è qualcosa che ancora non è riuscito a realizzare e ha ancora come progetto?
Nel gennaio del 2020 avevamo pronta la bozza del documento di sintesi delle assemblee che si erano tenute in tutte comunità in vista di una riorganizzazione pastorale. Tutto è stato doverosamente bloccato. Ora dobbiamo ripartire, anche se nel frattempo molte cose sono cambiate. Il cammino sinodale voluto da papa Francesco ci ha aiutato a riprendere il progetto. Vedo ancora tanta voglia di cambiamento.
Il giorno del suo ingresso chiese ai forlivesi di aiutarla ad ascoltare e a camminare insieme.
Oggi cosa chiederebbe?Ho fatto il mio ingresso nella domenica del Buon Pastore e chiedevo di essere aiutato a vivere, io per primo, lo stile dell’ascolto e di rimanere sempre connesso. Connesso a Dio e al suo popolo. Nella prima giornata di apertura dell’anno pastorale proponevo le tre effe: fede, formazione e fraternità. Una fede da trasmettere a partire dalle famiglie; una fede da formare con l’ascolto della Parola di Dio, bussola della nostra vita; una fraternità che diventi attraente per gli uomini e le donne di oggi, spesso immerse nella solitudine delle relazioni. Il giorno dell’ingresso era la Giornata mondiale delle vocazioni. Oggi chiederei ancora di più nuove vocazioni.
a cura di Giovanni Amati