80mo anniversario del bombardamento di Forlì, l’omelia del Vescovo

26/08/2024
Domenica 25 agosto il vescovo mons. Livio Corazza ha presieduto in San Mercuriale la messa in occasione dell’80mo anniversario del bombardamento di Forlì. Pubblichiamo il testo della sua omelia


Cari fratelli e sorelle, le letture di oggi ci aiutano a riflettere sulla tragedia avvenuta qui 80 anni fa, che ha distrutto vite umane, edifici, danneggiata anche questa chiesa. Tragedia che, per tante popolazioni nel mondo, è di drammatica attualità.

Le bombe di oggi ci raccontano dell’incapacità dell’uomo di far tesoro della storia, e della difficoltà incredibile di imparare a vivere la pace.


La prima lettura ci ha fatto riascoltare il discorso di Giosuè al popolo di Israele. È un popolo reduce da una lunga marcia di liberazione e di fuga dalla schiavitù d’Egitto. Quelli che erano usciti dall’Egitto erano tutti morti (tranne Giosuè e pochi altri). Anche Mosè non riuscirà ad entrare e si fermerà sul monte Nebo. Tutti coloro che inizieranno ad abitare la terra promessa non avevano provato la mancanza di libertà. E non faranno tesoro di quello che i loro connazionali avevano subito.

Nella Bibbia, il libro della storia dell’umanità, prima di noi, altri hanno vissuto il dramma della tragedia e della perdita della memoria. La Scrittura servirà a non dimenticare i pericoli del vivere e gli orientamenti di Dio e la storia del suo amore provvidente.

Anche noi oggi riviviamo, dopo 80 anni, questa circostanza. Molti di coloro che hanno vissuto la guerra non ci sono più. Oppure erano troppo piccoli per ricordare e, in ogni caso, non sono più tra la classe dirigente. Le nuove generazioni non hanno vissuto sulla loro pelle la guerra. Diventa allora di estrema attualità il discorso di Giosuè: volete servire il Signore (che vi ha liberati dalla schiavitù) volete continuare a fidarvi di Lui, sì o no? Io, dice Giosuè, lo farò, e voi? Anche noi seguiremo il Signore, risponde il popolo. Ma in realtà, anche coloro che si impegneranno a seguire il Signore, non saranno campioni di fedeltà e andranno incontro a dure esperienze di esilio e a numerose guerre.

È una pagina amara. L’uomo, nel benessere, non capisce. Dimentica facilmente. Dalla storia non impara. Si distrae. Anche coloro che dovrebbero insegnare, guidare con saggezza, non hanno coraggio e tradiscono il popolo per beni più facili ed immediati.

Il grido della pace è inascoltato.

Ci si accorge quando ormai è tardi! La lezione della guerra non viene letta e capita.

A scuola si insegna poco e sbrigativamente la Seconda guerra mondiale; quattro date, un po’ di cifre, qualche nome, non si insegnano gli accordi che seguirono alla pace, la nascita dell’ONU, dell’Europa.

Le manifestazioni organizzate oggi sono quanto mai necessarie. Non sono solo una commemorazione, ma un ravvivare la memoria per imparare, per rinnovare il nostro impegno civile e religioso di costruire la pace giorno per giorno.

La memoria può alimentare l’odio, il risentimento, invece di confermare la necessità di costruire una cultura di pace. Argomentare la negatività totale della guerra.

Come alimentare una cultura della pace?

La storia della salvezza è la storia di un Dio che vuole la pace e per la pace si è fatto uomo e ha donato la vita.

Dio segna un percorso nuovo. Dio ha mandato Gesù suo Figlio, che non agita armi, ma indica la via difficile della misericordia, della verità nella giustizia e della pace.

Una strada lastricata di incomprensione.

Anche il Vangelo oggi trasuda delusione.

Gli uomini non capiscono. Non ascoltano. Pensano al pane da scroccare a Gesù, e non lo vedono come cibo che sazia il desiderio di pienezza.

Ma Dio, e il volto di Dio che è Gesù, non si arrende.

Nelle domeniche scorse, Gesù si era presentato come il pane vivo disceso dal cielo: “chi mangia questo pane vivrà in eterno”.

La gente non capisce, non vuole capire, si aspetta solo la ripetizione del miracolo del pane e lascia Gesù.

La via della pace ha bisogno di persone che desiderano veramente la pace, che crescono personalmente come costruttori di pace, che creano alleanze di pace, che non si arrendono neanche quando sembra che l’unica via sia la risposta violenta.

La via della pace ha bisogno di gente che desidera la pace. Ecco il senso della preghiera per la pace. Il primo terreno da bonificare e disarmare è di colui che prega per la pace. Che fa scendere nel profondo del suo cuore veri desideri di pace.

Ogni domenica, ogni santa messa, si invoca esplicitamente la pace. In realtà, già l’Eucaristia è un sacramento di pace. Trasforma i presenti in un cuor solo e in un’anima sola. È l’esatto contrario del divisore.

Ma anche prega perché la pace sia di tutti: liberaci Signore da ogni male, donaci la pace.

E non solo invochiamo la pace nel mondo, la chiediamo per la Chiesa: “Signore Gesù Cristo, che hai detto vi lascio la pace, vi do la mia pace, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa e donale unità e pace”.

Prima di chiederla agli altri, la chiede per se stessa, ogni volta. Solo se è luogo di esperienza di vera pace, la preghiera della Chiesa può essere vera ed efficace.

Pregando per la pace, crea già un primo luogo di pace. Non chiede al Signore che faccia Lui la pace, ma si offre per essere riempita dalla pace del Signore.

La pace del Signore è la pace di chi ama fino alla morte anche il cosiddetto nemico.

Ma chi è capace di essere un uomo di pace fino a questo punto? Per questo c’è bisogno di un cibo spirituale che alimenti questo desiderio di pace.

Purtroppo, alleati Gesù ne trova pochi. Sì, anche allora molti lo lasciarono. Lasciano Gesù. E Gesù non fa sconti. Volete andarvene anche voi, domanda ai 12 apostoli, dopo che molti discepoli lo hanno abbandonato. E la risposta di Pietro sta alla base della scelta di tutti i discepoli e amici di Gesù: dove vuoi che andiamo Signore, Tu solo hai parole di vita eterna.

Signore, noi oggi vogliamo dirti che non vogliamo andarcene. Anche se molti non credono più nella pace che sei venuto a portare. Non credono che solo Tu hai parole di vita, di amore e di vera pace. Da secoli pensiamo di sapere come fare la pace e continuiamo invece a fare guerre, con o senza armi.

Più la ignoriamo, la guerra, e più essa fa sentire la sua voce orrenda e disumana.

Ci impegniamo oggi, Signore, nel ricordo dei nostri concittadini morti 80 anni fa in questa piazza e durante tutto il conflitto, a convertire i nostri cuori e le nostre scelte di vita in scelte che facciano tesoro del loro sacrificio, perché non si ripeta l’errore di preferire la guerra alla pace.

Insegnaci, Signore, ad essere ciascuno di noi, come san Francesco, veri strumenti della tua pace. A non essere superficiali e indifferenti alle minacce della pace. Insegnaci a renderci conto che tutti, nessuno escluso, abbiamo ancora tanto da imparare. Ci impegniamo affinché ogni luogo di vita diventi palestra dove si insegna la strada non facile della pace. Lo siano le famiglie, le scuole, gli oratori e le chiese, i gruppi e le fabbriche, i negozi e i pubblici uffici, le associazioni e le strade, le università e i centri culturali, tutti diventino luoghi dove la memoria della guerra diventi la base per costruire ogni giorno la pace. Te lo chiediamo per intercessione di Maria, Madonna del Fuoco, Regina della pace, Madre del Figlio di Dio che non si arrende a far vincere la pace, nei secoli dei secoli. Amen.