Settimana Santa e Pasqua: le omelie del Vescovo

02/04/2023

OMELIA DEL VESCOVO NELLA VEGLIA PASQUALE

8 aprile 2023


Cari fratelli e sorelle,

le note che accompagnano questa veglia sono chiare: deve svolgersi dall’inizio alla fine di notte! Perché? Perché la notte sia vinta dalla luce!

Perché in questa santissima notte Cristo è passato dalla morte alla vita!

Abbiamo acceso un fuoco, e dal fuoco abbiamo acceso una candela. Come la fiamma del fuoco Cristo è vivo. Poi abbiamo cantato l’esultanza di gioia della terra per il trionfo del Signore risorto!

Dopo il canto abbiamo riascoltato e meditato le meraviglie che il Signore Dio ha compiuto, fin dall'inizio per il suo popolo.

Subito dopo queste mie parole, vi chiederò di rinnovare le promesse battesimali, benedirò l’acqua per il battesimo, per la rinascita dei nuovi cristiani.

Infine, parteciperemo alla mensa che il Signore ha preparato per il suo popolo, memoriale della sua morte e risurrezione, finché egli venga. Notte dalla luce piena, oserei dire, perché finalmente, ci saranno alcuni battesimi di adulti: Yaroslav di San Mercuriale, Emmanuel di Santa Rita, Josef di Malmissole, Adjaratou di Santa Maria del Fiore.

Sentiremo dopo i loro nomi. Ognuno ha un suo percorso, di incontro con Cristo. Li ringraziamo per il cammino che hanno fatto in questi anni, per il desiderio di vivere in comunione con Cristo e con noi. 

Entrano a far parte della nostra comunità. Sono dono che ci fa gioire e sono un appello alla nostra responsabilità di vivere la nostra fede in Cristo risorto con sempre maggiore convinzione e determinazione.


Cosa mi stupisce della risurrezione di Gesù?

Mi stupisce che sia risorto nel buio e n nella più assoluta solitudine. L’evento più decisivo di sempre, è avvenuto senza un testimone. Maria Maddalena e l’altra Maria, secondo il vangelo di Matteo, sono arrivate dopo, quando Lui era già risorto. Dopo l’angelo hanno incontrato Gesù che ha dato loro una rassicurazione, un annuncio e un compito.

Una rassicurazione: 

«Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso.

Non si incontra Cristo nella paura!

Un annuncio: Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 

È il cuore del messaggio: non è qui, non è tra i morti.

A conferma di quello che aveva detto (e che abbiamo ascoltato anche questa sera) e di quello che vedevano: guardate dove lo avevano deposto.

Un compito:

Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».

Andate a dire! Chi incontra Cristo, corre a dirlo agli altri. 

Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli.

E loro corrono e sulla strada incontrano Gesù.

Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

Maria di Magdala e l’altra Maria corrono. Sono le prime rappresentanti dell’umanità ad incontrare il vivente. 

Cosa mi stupisce della risurrezione di Cristo? 

Che la risurrezione di Cristo è diversa da quella di Lazzaro.

Quando Gesù risuscitò Lazzaro, c’era una folla intorno, che aspettava, incuriosita. Ma molte di quelle persone non credettero, tanto da decidere, proprio davanti al fatto della risurrezione di Lazzaro, di togliere di mezzo Gesù. Il risorto appare solo a coloro che credono in Lui.

Non basta il miracolo; ci vuole, in ogni caso, un incontro personale di amore e di fiducia. Ci vuole qualcuno che annunci e testimoni la sua risurrezione. Lo ha voluto Lui!

Una volta risorto Gesù ha inviato prima le donne dai discepoli e poi i discepoli in tutto il mondo. 

Cosa mi stupisce, ancora, della risurrezione di Gesù? 

Quando risorge, nulla sembra cambiare e, nel mondo tutto continua come prima. Apparentemente.

Cari fratelli e sorelle, quando venerdì sembrava tutto finito, quando quella pietra sembrava rimanere lì per sempre, a bloccare nella morte colui che si era dichiarato Messia, avviene l’impossibile. 

È un messaggio per tutti e di sempre.

Quando sembra che il buio, il male, la depressione, lo scoraggiamento sembrano prevalere; quando la violenza e le guerre sembrano ancora spadroneggiare; quando sembra che anche Dio non si faccia sentire e vedere, (ricordate il grido di Gesù Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato) quando sembra che il mondo sia ancora buio, non temete: CRISTO È GIÀ RISORTO. 

E allora, non sei più solo, Lui è vivo! è il vivente, e ci vuole vivi e ci vuole uomini e donne cercatori e portatori di luce e di gioia. I segni della sua risurrezione già anticipano la nostra nuova vita.

Certo, ci sono i segni che ricorderanno il battesimo: la data, la candela, la veste bianca…  

Sono segni di un amore che non ci abbandona. Sono segni di un legame d’amore. D’ora in poi, potete contare su di Lui! Sull’amore di Cristo il vivente.

Ma se siamo qui, possiamo contare anche sugli uni sugli altri. E lo dico a voi che fra poco riceverete il battesimo, potete contare su di noi, sugli amici di Gesù, per tenere accesa la luce di Cristo, bene prezioso e inestimabile!

Siamo diventati un cuor solo ed un’anima sola!

Lo dico balbettando perché temo che qualche volta potremo deludervi. 

La nostra testimonianza non è sempre viva e coerente. Ma questa sera, rinnovando le nostre promesse, rinnoviamo anche i già battezzati, la nostra adesione a Cristo, al suo amore e alla sua promessa di una vita che si fa dono.

E noi potremo contare su di voi. 

Prepariamoci tutti ad aiutare e a lasciarci aiutare nel riaccendere la fede in Cristo.

Tutti attraversiamo dei momenti nei quali abbiamo bisogno degli altri. A tutti capita che gli altri chiedano il nostro aiuto. 

Due donne hanno riacceso la luce fede della prima comunità. Il vostro battesimo ravviva la fede di tutti noi.

Imitiamo Maria Maddalena, corriamo tutti a dire al mondo il nostro incontro con Cristo il vivente.

Rinnoviamo ora con consapevole entusiasmo la nostra fede in Cristo risorto. Lui solo è riuscito a vincere il buio della morte. Lui solo riuscirà a vincere le nostre tenebre, già su questa terra. Il lavoro è tanto, ma Lui ci dice: “Non abbiate paura, io ho vinto il mondo”.

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OMELIA DEL VESCOVO NELLA MESSA IN COENA DOMINI

6 aprile 2023


Quando inizio le celebrazioni pasquali sono preso da diversi sentimenti.

Innanzitutto provo una grande emozione. Non sono riti esteriori, non sono abitati da leggerezza o faciloneria, perché esprimono la ragione della mia vita. Della nostra vita. Passione, morte, risurrezione di Cristo, non sono scene di una rappresentazione teatrale, ma immersione nella vita. Nella mia vita. Non sarei qui se non fosse vero.

Accanto all’emozione resta sempre in agguato il timore. Ho paura di non vivere questo mistero con la profondità che merita.

C’è sempre il rischio che diventi un’abitudine. Pensate, anche l’evento più straordinario come la risurrezione di un uomo come Gesù, può diventare abitudine. Credere che la Pasqua sia un rito che si ripete sempre uguale. Timore di non trasmettere a voi che partecipate a queste celebrazioni la novità perenne e decisiva per la nostra vita della Pasqua di Cristo.

Anche la celebrazione di questa sera ha dell’eccezionale.  È accaduto così pure a Gerusalemme. 

Ricordiamo una cena, l’ultima cena di Gesù. Che Gesù ha voluto fosse preparata con massima cura, desiderando fortemente che fossero tutti presenti. Tutti, anche Giuda. Una cena che rimarrà nella memoria e che verrà ripetuta ogni giorno milioni di volte.

Così tutti i vangeli riportano il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia e la descrivono con precisione. Questa mattina abbiamo ricordato che con quella istituzione è nato il servizio dei presbiteri che presiedono l’Eucaristia. È nato il sacerdozio cristiano. E tutti i preti oggi hanno rinnovato le loro promesse.

Ma questo racconto così importante non c’è nel vangelo di Giovanni. Il vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato non racconta di quando Gesù spezza il pane e benedice il calice del vino e lo distribuisce.

Come è possibile questo silenzio?

Giovanni scrive il vangelo sessant’anni dopo questi fatti, negli anni novanta: nella chiesa ci si ritrova per l'eucaristia ma rischia di diventare un rito: si spezza il pane e si prende il vino dal calice, ma non c'è più un servirsi l'un l'altro nella comunità. 

E allora Giovanni sostituisce il racconto dell'istituzione del banchetto eucaristico con il racconto della lavanda dei piedi. 

Facendoci cogliere la fortissima affinità nelle stesse parole con le quali Gesù commenta quello che ha fatto. 

Possiamo dire che è la sua omelia sulla lavanda dei piedi: Avete capito quello che vi ho fatto? Se io, il Signore e il maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi l'un l'altro. 

Le parole sono uguali a quando Gesù, negli altri vangeli, commenta la condivisione del pane e del vino: in quella occasione dice e ripetiamo ogni volta: Fate questo in memoria di me. E la stessa cosa dice dopo la lavanda dei piedi: Fate anche voi così, lavatevi i piedi gli uni gli altri.

Non è possibile rimanere indifferenti! Infatti san Pietro, in un primo momento, rifiuta. E la lavanda dei piedi, diversamente dall’Eucaristia che celebriamo ogni giorno, la facciamo una volta all’anno, non tutti i giorni!

Ci chiediamo: perché Gesù ha compiuto questo gesto, e perché san Giovanni l’ha messo al posto dell’istituzione dell’Eucarestia? 

Per insegnarci a metterci a servizio gli uni gli altri.

Se fate il banchetto, fate anche la lavanda dei piedi. 

E se l’ha fatto Lui, facciamolo anche noi. 

Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Gesù lo conosciamo come Signore, Cristo, Redentore, Salvatore, Figlio di Dio, Figlio dell'uomo, guaritore, liberatore, profeta, Dio in persona, rivelatore e via dicendo, ma non lo conosciamo come "diacono", cioè come "colui che serve". 

Nella preghiera e nella predicazione non diamo a Gesù l'unico titolo che egli si è certamente dato, l'unica funzione che si è sicuramente attribuita, quella di "servo". Io sono in mezzo a voi come uno che serve (Lc 22, 27). 

Ecco allora l’importanza del giovedì santo. 

C’è prima il pane, poi il vino, alimenti che ci mettono in comunione con il Signore ma poi c’è il grembiule, il servizio reciproco che ci mette in comunione con i fratelli. 

Gesù si inginocchia davanti ai fratelli. 

Anche davanti a Giuda!

E se lo fa Gesù, chi sei tu per non farlo? 

Fra qualche istante, come fece Gesù e a nome suo, mi toglierò le vesti, mi cingerò di un grembiule, penderò un catino e celebrerò il rito del servizio. 

Rivivremo le parole di Gesù: Vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. 

Laverò i piedi di chi se li è già lavati. Ma i piedi degli apostoli erano piedi di chi aveva camminato tutto il giorno. Piedi sporchi veramente. Dobbiamo chinarci sulle miserie degli altri.

Di fronte ai bisogni di chi, oggi, siamo chiamati a chinarci?

Oggi ci sono alcuni fratelli e sorelle profughi, vittime di guerre e povertà. Ci sono coloro che servono la chiesa e i poveri.

Ma a chi il Signore ci chiede di lavare i piedi?

E non solo il giovedì santo!

L’eucaristia, la comunione con il corpo e il sangue di Cristo, apra i nostri occhi per vedere le necessità dei fratelli, apra il nostro cuore a fare nostri i bisogni dei fratelli, a muovere le nostre mani e i nostri piedi per andare loro incontro.

Siamo grati a Gesù che continua ad essere nostro servo, chiediamogli la forza e il coraggio di imitarlo davvero, non solo celebrando l’eucaristia, ma mettendoci a servizio gli uni gli altri, senza pretese. 

Come Gesù. Con amore e concretezza.


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OMELIA DEL VESCOVO NELLA MESSA DELLA DOMENICA DELLE PALME

2 aprile 2023


Cari fratelli e sorelle,
con questa liturgia così intensa e ricca abbiamo aperto la settimana santa.
Sottolineo quattro segni di questa domenica speciale: le palme, la processione, la passione e, infine, la riapertura della Basilica di san Mercuriale.

Gesù fu accolto dall’agitare festoso delle palme, noi oggi abbiamo in mano un rametto d’ulivo; con questo gesto, gli abitanti di Gerusalemme manifestavano la loro gioia per l’ingresso di Gesù in città.
È tradizione collocare il ramo d’ulivo nelle nostre case e anche regalarlo a chi non è potuto venire in chiesa in questo giorno. È un piccolo e semplice segno di gioia che desideriamo ci accompagni per tutto l’anno.
Ma, insieme all’ulivo, non dimentichiamo l’altro segno dell’ingresso di Gesù: Gesù non è entrato in città cavalcando un cavallo, ma un pacifico asino. È entrato disarmato, pronto a dare la vita, senza toglierla. Ci ha rivelato il volto di un Dio che non sta mai dalla parte dei prepotenti, ma dei poveri e dei costruttori e portatori di pace.

Il secondo segno è la processione. Abbiamo camminato insieme fratelli e sorelle, come popolo di Dio. Vi ricordate? Abbiamo iniziato la Quaresima ascoltando il profeta Gioele che sollecitava: radunate il popolo, indite un’assemblea! Insieme abbiamo iniziato e insieme continuiamo a camminare. Siamo sulla stessa barca, ci ricordava papa Francesco tre anni fa e ce lo ricordano tuttora anche i ragazzi, che hanno allestito una bella e significativa mostra in Episcopio con lo stesso titolo.  Camminare insieme è la sfida di sempre e anche di oggi.

Terzo segno, in un batter d’occhio si passa dalla gioia travolgente all’angosciante sofferenza della crocifissione. Due circostanze contrastanti.
Il Figlio di Dio apparentemente è sconfitto e umiliato. Mi chiedo: perché, anche dopo la risurrezione, gli evangelisti hanno dato tanto così tanto spazio alla passione e non altrettanto alla risurrezione?

E, infine, non posso trascurare il punto di partenza e di arrivo della nostra processione: le chiese aperte del Carmine e la Basilica di san Mercuriale. Stiamo riparando e ristrutturando tante chiese, in questi anni. È un atto dovuto alla bellezza e alla memoria di chi ce le ha donate. Sono costate tanti sacrifici per il popolo di Dio.  Ma a che ci servono tante chiese, cari fratelli e sorelle, se poi restano deserte? La chiese non sono un museo, non sono aule per concerti, anche se la bellezza di un concerto riempie la chiesa. Le chiese sono fatte per essere riempite di fedeli che pregano insieme Dio, come facciamo quest’oggi, cari fratelli e sorelle. Chiese aperte e chiese vive! Questo è il nostro desiderio.
In chiesa siamo battezzati e in chiesa celebriamo il rito delle esequie, porta d’ingresso nella vita eterna.
Ogni nostra vita è come la settimana santa: inizia con la gioia degli ulivi, prosegue con la complessità della vita, attraversa il momento drammatico della morte, ma si conclude con la gioia pasquale per una vita eterna in Dio.
Noi siamo ancora più importanti delle chiese di pietre, noi siamo la Chiesa, fatta di pietre vive!

Buona settimana santa, carissimi fratelli e sorelle. Viviamo tutti lo stesso destino di morte e risurrezione, immersi nell’amore di Dio.