CONVEGNO DIOCESANO DEGLI ORATORI 2023
Ma come parlano e che si dicono i giovani?
I nuovi linguaggi della generazione social sono stati il tema del convegno diocesano degli oratori che si è svolto nell’Aula Magna del seminario di via Lunga sabato 18 febbraio, rivolto ad operatori pastorali, educatori, insegnanti, sacerdoti, religiosi, formatori e studenti.
Ad aprire i lavori don Andrea Carubia, responsabile della pastorale giovanile della Diocesi: “Il nostro convegno si qualifica di anno in anno come un punto di riferimento che esprime la realtà educativa della nostra Chiesa che vede l’opera di 32 oratori, centri educativi anche in convenzione col Comune e coinvolge più di 6000 ragazzi”.
“Voi siete importanti – ha aggiunto il vescovo, mons. Livio Corazza – un tesoro prezioso. E ogni tanto bisogna fermarsi per chiedersi dove stiamo andando, cosa sta succedendo attorno a noi, come stiamo rispondendo alla nostra missione. Per questo è necessario conoscere non solo la proposta, ma anche i destinatari”.
“In questi anni c’è stato un lavoro unitario tra la Diocesi e l’amministrazione – gli ha fatto eco Paola Casara, assessore comunale di Forlì – che ci ha permesso di fotografare la situazione del territorio, come intercettare i ragazzi ed entrare in connessione con loro”.
Al prof. Gilberto Borghi, docente dell'Istituto di Scienze religiose Sant’ Apollinare la relazione sul tema mettendo prima di tutto in evidenza la funzione espressiva e costruttiva del linguaggio che permette non solo di comunicare, ma anche di costruire la realtà: “E’ importante rendersi conto del cambiamento del linguaggio per capire le modifiche del pensiero e della filosofia di vita”.
Che cosa esprime dunque il linguaggio della Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2011)?
“Nel passaggio dalla modernità alla post-modernità, avvenuto attraverso la globalizzazione e la rete - ha continuato Borghi - è cambiato l’equilibrio antropologico, con la frammentazione tra ragione, sentimento e istinto che oggi è data per scontata con la conseguenza di uno stato di agitazione continua”.
Altro cambiamento al percezione del rapporto spazio-tempo con la conseguenza di mancanza di radici e di futuro, tendenza all’attesa attiva, alla fuga come possibilità: “Esperienza, evento e incontro sono più importanti che riflessione, cammino e scelta”.
Altri due ambiti in cui è evidente il cambiamento è la crescita del rancore verso le generazioni precedenti e la fluidità delle relazioni personali: “Conseguenza del primo aspetto è che non si vuole cambiare il mondo e forse non interessa neanche, conseguenza del secondo è la reticenza sentimentale, anzi l’incapacità di trasformare l’emozione in sentimento”.
“In questa involuzione antropologica, c’è ancora speranza – ha concluso Borghi – finché nei ragazzi ci saranno domande profonde sul senso e sul destino della vita, sul perché delle cose, sul valore dei rapporti”.