Intervento del Vescovo per l'Apertura dell'anno pastorale 2022-2023

03/10/2022

INTERVENTO DI S.E. MONS. LIVIO CORAZZA
ALL’APERTURA DELL’ANNO PASTORALE 2022/2023
sabato 1° ottobre 2022

Maria di Betania ascolta Gesù, Marta di Betania si agita, Lazzaro è assente



Care sorelle e cari fratelli, la Cattedrale oggi è in festa, celebrando il giorno della sua Consacrazione, avvenuta nel 1890. La Cattedrale è la casa di Dio e la casa del Vescovo e la casa di tutti. Le croci delle nostre Chiese in questa Chiesa Madre rendono visibile l’appello di san Paolo: vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto,avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.

L’anno scorso, all’apertura,eravamo tutti un po' preoccupati e incerti a proposito dell’inizio del cammino sinodale.
Eppure, le cose sono andate abbastanza bene.432 i contributi pervenuti da gruppi sinodali, 247 gli animatori coinvolti, 3.800 i partecipanti (non unici), con una media di circa 9 partecipanti per gruppo, ed età media 47 anni.
Tutto è stato raccolto, letto, sintetizzato inviato a Roma, e messo a tema per i lavori del consiglio pastorale diocesano. Non solo, caso unico, l’ISSR leggendo le sintesi delle sette diocesi della Romagna ne trarrà ispirazione, per consolidare un cammino comune.
Vi ringrazio per aver compreso e aderito alla proposta del cammino sinodale. Un grazie ai sacerdoti e ai laici. E a tutti coloro che hanno partecipato attivamente.

Carissimi, vi ricordate le attese e le speranze che ci animavano?
Se da un lato eravamo esitanti nell’intraprendere il cammino sinodale, dall’altro eravamo anche speranzosi per il calo della diffusione del Covid 19. L’economia andava meglio, l’Europa ci aiutava. Tutto faceva ben sperare, per il benessere delle famiglie e delle aziende.
Ci eravamo illusi? No, custodivamo la speranza. Ma il male è invidioso del bene, e ci ha messo i bastoni fra le ruote e ora cerca di annientarci. La guerra, come e più del virus, vuole distruggerci. Non ha altri obiettivi. Crea solo odio, divisione, macerie, lutti, sofferenze…
Distruggerci anche come credenti. Il male si è infilato nel campo del cammino ecumenico e lo ha buttato per aria. Anche durante il covid si erano verificate divisioni fra di noi. Quanto sarà più difficile, ora, continuare il cammino ecumenico dopo le affermazioni di un rappresentante così importante come quelle del Patriarca di Mosca?
Dico questo perché delle circostanze sociali, economiche e politiche dobbiamo tener conto, mentre riflettiamo e decidiamo sul cammino pastorale delle nostre comunità.
Le ricadute del momento presente influiscono sulle nostre valutazioni pastorali, a partire da scelte ancora più oculate ed attente dei consumi energetici, all’organizzazione delle nostre celebrazioni e riunioni.

Se è vero questo, care sorelle e cari fratelli, prepariamoci a vivere le giornate di Coriano, con tre obiettivi.

1.Continuare ad ascoltare. Il Vangelo del dialogo fra Gesù e Marta ce lo ricorderà per tutto l’anno. L’ascolto è uno stile ed una necessità, non è una parentesi estemporanea. Non possiamo fare a meno dell’ascolto dello Spirito che parla alla sua chiesa. Siamo cristiani quando ci mettiamo in ascolto. La fede nasce dall’ascolto. Ci ricordava ieri san Girolamo: l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo. Ma non basta leggerle e conoscerle, bisogna ascoltare lo Spirito che parla oggi attraverso quelle parole antiche. Ascolto di Dio e ascolto fraterno.“Chi non sa ascoltare Dio, non sa ascoltare gli altri” (D. Bonhoeffer)
L’ascolto come stile nelle nostre comunità. Crediamo nel stile dell’ascolto.
Le famiglie non resistono, non durano se l’ascolto non è pratica quotidiana.
Le comunità non sono comunità se non ascoltano la Parola e non scatta l’ascolto reciproco.
Anche l’omelia del sacerdote, alla quale metteremo maggiore attenzione, ha due capisaldi: l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio e l’ascolto dei fratelli, dei loro bisogni e delle loro domande e attese. Delle loro paure e dei loro sogni.
Abbiamo celebrato sant’Antonio, esaltando la sua prima predica che ha avuto successo. Non dimentichiamo gli ingredienti del successo. Non c’è niente di miracoloso. Era tutto preparato. Sant’Antonio aveva alle spalle la sua preparazione di quando era stato Agostiniano, quando aveva studiato bibbia e teologia. Sant’Antonio aveva alle spalle l’incontro con san Francesco. Aveva vissuto, brevemente ma intensamente,a Montepaolo. Non comprenderemo la prima predica senza Montepaolo. Il silenzio, la meditazione, lo studio, la preghiera, la fraternità vissute sono alla base di ogni comunicazione della fede. Lo sanno tutti coloro che parlano di Dio, in famiglia e nella catechesi parrocchiale.
Se non c’è ascolto, rimane l’agitazione di Marta e la passività di Lazzaro.

2. Dall’ascolto nasce la comunione e dalla comunione la missionarietà.
Solo dall’ascolto e dalla fraternità nasce la predicazione, la comunicazione, la missione…
Cosa intendo per missionarietà? Con missionarietà intendo quello che Gesù ha chiesto ai cristiani in ogni epoca: siamo invitati dal Signore ad andare in tutto il mondo ed annunciare il suo vangelo. Qui e ora. Viviamo tempi difficili, la tentazione è quella di chiuderci, come gli Apostoli nel cenacolo. Ma lo Spirito invia i primi discepoli nel mondo.
La comunione diventa uno stagno marcio se non ha un corso d’acqua che porta l’acqua fuori da sé. Siamo fermi, chiusi, se non parliamo di Gesù e non abbiamo il coraggio di parlare di Lui.

3.Così la missione è sterile se non parte dalla comunione fraterna dei cristiani.
Da qui cambiano e dovranno cambiare le nostre riunioni. Spesso le nostre riunioni, le nostre messe, non sono la cena del Signore. Se le messe non sono fraterne, non sono quello che voleva il Signore Gesù. A Gesù non interessava proprio se gli Apostoli prendevano o meno la comunione sulle mani… Ma, come denuncia san Paolo, se i più poveri che partecipavano alla cena del Signore, venivano trascurati al momento del pasto fraterno. Questo sì, divideva la comunione al Corpo di Cristo.
Inizia il mese di ottobre, riprendono le attività pastorali. È il mese del rosario, il mese missionario e di Annalena, il mese di san Mercuriale. Abbiamo tenuto pochi giorni fa il convegno dei catechisti, a loro è affidato un compito delicato e importante. L’educazione cristiana è compito delle famiglie e della comunità tutta, attraverso i catechisti. Qualche volta la collaborazione avviene solo attraverso la consegna dei figli. È già un buon punto di partenza. Ma responsabile dell’educazione alla fede è tutta la comunità cristiana!
Formazione, testimonianza, preghiera e fraternità sono la base per un buon servizio catechistico.

Rendo lode a Dio per le comunità cristiane che si riuniscono nella fraternità e nel servizio reciproco e verso i più poveri. Queste assemblee sono la nostra carta d’identità del cristiano cattolico, queste sono attrattive. Diversamente allontaniamo coloro che sono interessati a conoscere ed incontrare Gesù.
Le comunità si dimostrano cristiane anche quando devono affrontare scelte concrete come per esempio, in questo tempo, sui luoghi di incontro e sulle strutture di partecipazione.
Dovremo prendere delle decisioni concrete, come già abbiamo fatto anche negli anni della pandemia.

Care sorelle e cari fratelli, vi do appuntamento a Coriano, in occasione del 60° dell’apertura del Concilio Vaticano II°, saremo chiamati, in continuità con il cammino della Chiesa, a ripensare alla nostra presenza ecclesiale sul territorio forlivese da qui ai prossimi anni, consolidando la nostra capacità di ascolto dentro e fuori il contesto ecclesiale, in vista di scelte che riguardano il nostro futuro. Raggiungeremo questo obiettivo tenendo conto dei punti di forza e di debolezza delle nostre comunità. La piantina che ci verrà consegnata ci ricordi che la nostra fede è piccola quanto un granello di senape e va custodita.
Infine, un grande grazie a suor Francesca delle suore del Corpus Domini (le chiameremo sempre così…) per la bella icona che accompagnerà il nostro anno pastorale. L’icona di Betania guidi la nostra preghiera e animi le nostre comunità all’ascolto e alla fraternità.

Buon anno pastorale a tutti voi!