Omelia del Vescovo nell'88° anniversario della nascita di Beata Benedetta Bianchi Porro

05/08/2024

OMELIA DEL VESCOVO

Benedetta ha trovato risposte vere al senso della sua vita,

e noi vogliamo seguirla su questa strada


Grandi malintesi di fronte alle parole e alle azioni di Gesù nel Vangelo di oggi. Letture superficiali e conclusioni sbrigative provocano delusioni nei suoi confronti.
Tutto nasce dalla moltiplicazione di pani. A loro basta il pane, Gesù si offre come pane di vita: io sono il pane del cielo.

Malintesi capitati anche alla liberazione dalla schiavitù egiziana. Si stava meglio prima.
In Georgia, per fare un altro esempio, una signora ci diceva che stavano meglio sotto il regime sovietico: non c’era la libertà, ma c’era da mangiare. Non è l’unico caso che cerchiamo anche oggi più il cibo che perisce che il cibo che dona la vita eterna.
Così le folle che rincorrevano Gesù. Erano rimasti tutti colpiti dalle sue parole e dal prodigio della moltiplicazione di pani.
Le folle che lo seguivano era composte da credenti. Frequentavano il tempio, la sinagoga, non erano dei convertiti. Erano dei fedeli della religione ebraica. Ascoltavano volentieri Gesù perché parlava loro di Dio. E faceva dei prodigi. Solo che lui i prodigi, i miracoli, li chiamava segni. Non erano lo scopo, ma con prodigi Egli indicava altro.
Le folle, invece, dopo aver goduto del miracolo della moltiplicazione, non hanno capito più niente e hanno rincorso Gesù perché ripetesse il prodigio. Gesù è dispiaciuto della incomprensione e cerca di chiarire, con scarso successo.

Gesù era fuggito perché volevano farlo re. E, dopo averlo ritrovato, cercano di capirsi. Si apre un dibattito con botta e risposta.

Lui è venuto per offrire un altro tipo di cibo, un cibo che non perisce.
Diverso anche rispetto a quello di Mosè, che aveva offerto la manna, ma la manna dopo qualche giorno marciva, faceva i vermi.
C’è un’unica opera chiesta da Dio: credere in me.
Cosa significa?
Credere vuol dire fidarsi della proposta di vita che offre Gesù. Cioè dona la vita per amore. Credere vuol dire: mi gioco la vita su quello che mi dici di fare. E se sbaglio?
Dacci un segno che hai ragione, che vale la pena seguirti. Mosè, dicono, aveva dato un segno. La manna. La proposta di Gesù non la puoi comprovare.
Come un innamorato, non puoi provare che con lui sarai felice. Devi fidarti? Vuoi stare con me, per tutta la vita?

Chi è innamorato vuole che sia felice la persona che sta con lui. Gesù è l’innamorato che vuole convincerci che solo lui può riempirci la vita con il suo cibo. Anche la manna era materia.
Anche noi corriamo il rischio dei credenti contemporanei di Gesù, lo rincorriamo per chiedere delle cose materiali, che periscono.

Vogliamo poco, ma subito e concreto.
Non crediamo molto ai beni che non periscono. E chi mi dice che valga la pena?
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”.
Lo cercano perché garantisce il pane. Il cibo. Ma lui offriva un altro tipo di cibo.
Cosa cerchiamo veramente di Gesù, i suoi miracoli o lui stesso?
Anche Beata Benedetta ha pregato per la propria guarigione. Era comprensibile. Ma ad un certo punto ha capito che il cibo che dava Gesù le donava la vita eterna, era l’unico che rispondeva alle domande vere e profonde della vita. Anche se fosse stata guarita, in ogni caso, a quelle domande bisogna rispondere.
Quante risposte sbagliate l’uomo cerca di fronte a domande autentiche che sorgono nel nostro cuore!
Che cercate? È la domanda che Gesù rivolge ai due discepoli di Giovanni.
È la domanda che rivolge a Maria di Magdala nell’orto del Getsemani. Che cerchi, chi cerchi?

C’è un grande tentativo della nostra società a distrarci tutti, nell’indicare risposte che non saziano. Il Pane che sazia viene trascurato, il Pane che è Gesù.
Beata Benedetta è stata accompagnata dalla sua malattia a trovare risposte vere al senso della sua vita.
E noi vogliamo seguirla su questa strada. Lei non ha chiesto miracoli, ma ha chiesto gioia e senso alla sua vita. Ha trovato la luce nel buio della sua cecità.
Lei non ha brontolato, come invece hanno fatto gli ebrei in Egitto. Non ha brontolato, come noi invece brontoliamo e ci lamentiamo con Dio.
Benedetta non ha brontolato o mormorato o dubitato.
Facendo conoscere Benedetta, noi facciamo conoscere una ragazza che apparentemente è una sfortunata, in realtà lei ha trovato senso della vita e la gioia di essere amica di Dio, ha trovata la strada anche se umanamente sembra diversa.
La comunità dovadolese è tutta una ebollizione di attività per accogliere i pellegrini che vengono a trovare Benedetta e il suo messaggio.
L’arrivo delle suore, l’organo e la chiesa, i lavori in villa, sono l’espressione di una consapevolezza. Vogliamo offrire a chi cerca il vero cibo di cui si è saziata Benedetta! E che le ha fatto cantare il Magnificat fino alla fine.